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 2013  marzo 08 Venerdì calendario

GOVERNO DIMISSIONARIO E AFFARI CORRENTI. COSA SONO?

È vaga la formula “affari correnti” per limitare l’azione di un Governo dimissionario. In pratica, che cosa può fare e cosa no l’esecutivo guidato da Monti in attesa del nuovo Governo? Solo la prassi costituzionale aiuta a definire meglio questo perimetro. Sette punti da chiarire nella complessa fase tra dimissioni del Governo Monti e possibile formazione di un nuovo Governo.

LA CONTINUITÀ
Fino a che non verrà nominato il nuovo Governo, rimarrà in carica il Governo Monti. L’eventuale incarico (esplorativo o meno) che darà il Presidente della Repubblica non farà cessare il Governo Monti. Solo quando (e se) l’incaricato scioglierà positivamente la riserva, il Presidente della Repubblica firmerà i decreti di nomina del nuovo Governo e, contestualmente, il decreto di accettazione delle dimissioni del Governo Monti. Vi è, pertanto, continuità: il paese non resta mai senza un esecutivo in carica.

DIMISSIONI E “AFFARI CORRENTI”
Ciò chiarito, è necessario domandarsi se un Governo dimissionario (come, oggi, il Governo Monti) abbia tutti i poteri di un Governo nel pieno del suo mandato, oppure se questi siano limitati.
Quando il presidente Monti è salito al Quirinale per rassegnare le dimissioni, il Presidente della Repubblica “ha preso atto delle dimissioni e ha invitato il Governo a rimanere in carica per il disbrigo degli affari correnti”. Così si legge nel comunicato del Quirinale del 21 dicembre 2012.
Cosa sono, dunque, gli “affari correnti”? Non ne esiste una definizione normativa, né alcuna norma prevede espressamente che il Governo dimissionario debba limitarsi agli “affari correnti”. L’espressione, dunque, è il frutto di una prassi costituzionale, che si è ripetuta senza significative eccezioni in tutti i comunicati quirinalizi post-dimissioni.

LA DOTTRINA
La dottrina costituzionalistica non offre una ricostruzione univoca dei poteri del Governo dimissionario. Alcuni autori offrono una lettura fortemente restrittiva, parlando di “organo straordinario” o di organo “meramente amministrativo”, e non più politico. L’opinione prevalente, tuttavia, è che la natura del Governo non muti e che la restrizione dei poteri derivi dalla prassi e dalla correttezza costituzionale. Come notano alcuni, poi, l’intensità della limitazione varia caso per caso, a seconda che il Governo sia stato espressamente sfiduciato in Parlamento (e che, dunque, sia stato accertato il venir meno di una maggioranza parlamentare), oppure che si sia spontaneamente dimesso (come è avvenuto per il Governo Monti).

UN UNICO LIMITE ESPRESSO
Secondo alcuni, il Governo dimissionario non potrebbe chiedere la registrazione con riserva degli atti che la Corte dei conti, in sede di controllo, abbia ritenuto illegittimi. Tale previsione, peraltro dalla portata limitata, è contenuta nel Regio Decreto n. 2441 del 1923, che, essendo anteriore alla Costituzione, è di dubbia legittimità.

GLI AUTOLIMITI DEL GOVERNO
Nella vaghezza dei confini sopra descritta, molti Presidenti del consiglio, a partire dagli anni ’80 (cfr., ad esempio, la nota di Fanfani del 5 maggio 1983), hanno ritenuto di perimetrare il significato di “affari correnti”, adottando apposite direttive in occasione delle dimissioni. Ultimo della serie il presidente Prodi, con la direttiva del 25 gennaio 2008. Nel preambolo si legge che “il Governo rimane impegnato nel disbrigo degli affari correnti, nell’attuazione delle determinazioni già assunte dal Parlamento e nell’adozione degli atti urgenti. Dovrà, in particolare, essere assicurata la continuità dell’azione amministrativa, con particolare riguardo ai problemi dell’occupazione, degli investimenti pubblici ed ai processi di liberalizzazione e di contenimento della spesa pubblica». Limiti, certo, ma tutt’altro che a maglie strette. Ciò è confermato da corpo della direttiva, che consente al Governo l’adozione di atti imposti dal rispetto di vincoli europei, l’effettuazione di nomine “strettamente necessarie”, l’approvazione di decreti legislativi in scadenza e di decreti-legge in casi di urgenza.
In effetti il Governo Prodi, pur essendo dimissionario a causa di un voto di sfiducia del Parlamento, dovette occuparsi di questioni politicamente assai delicate: su tutte, la gestione della crisi in Kosovo (con concessione delle basi alla Nato) e l’emergenza rifiuti in Campania.

LE DIRETTIVE SONO VINCOLANTI?
Una curiosità: la magistratura amministrativa si è pronunciata sulla portata vincolante delle direttive in tema di “affari correnti”. Davanti al Tar della Puglia, infatti, è stata contestata la validità di un provvedimento di revoca, adottato dall’allora ministro Pecoraro Scanio, non conforme con le previsioni contenute nella direttiva Prodi. I magistrati amministrativi hanno annullato l’atto di revoca, fondando l’illegittimità proprio sulla violazione della direttiva del Presidente del consiglio e della prassi costituzionale (cfr. TAR Puglia, Bari, sentenza n. 996 del 22 aprile 2008).

QUALI LIMITI PER IL GOVERNO MONTI?
Come si è detto, non vi sono limiti precostituiti. È importante sottolineare che qualunque Governo dimissionario può, e anzi deve, utilizzare tutti i propri poteri per fare fronte alle situazioni di urgenza. Se, ad esempio, si verificassero particolari tensioni sui mercati e condizioni particolarmente avverse per il paese (ad esempio con una forte risalita dello spread), è da ritenersi che il Governo Monti, pur dimissionario, dovrebbe adottare tutti gli atti necessari a tutelare gli interessi nazionali. Ovviamente, in simili ipotesi, è da ritenersi che ogni atto sarebbe il frutto di un confronto con la presidenza della Repubblica e con le forze politiche rappresentate in Parlamento, come vuole la correttezza costituzionale.