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 2013  marzo 10 Domenica calendario

APPUNTI PER GAZZETTA


REPUBBLICA.IT
ROMA - Un nuovo appello dall’eloquente titolo "Facciamolo!" per realizzare "un governo di alto profilo" che realizzi il cambiamento - dopo quello lanciato da sei intellettuali su Repubblica - è stato promosso da Michele Serra insieme a Roberto Benigni, don Luigi Ciotti, Oscar Farinetti, don Andrea Gallo, Lorenzo Jovanotti, Carlo Petrini, Roberto Saviano, Salvatore Settis e Barbara Spinelli. All’appello ha subito aderito il regista Ferzan Ozpetek.
"Mai, dal dopoguerra a oggi - si legge nell’appello - il Parlamento italiano è stato così profondamente rinnovato dal voto popolare. Per la prima volta i giovani e le donne sono parte cospicua delle due Camere. Per la prima volta ci sono i numeri per dare corpo a un cambiamento sempre invocato, mai realizzato. Sarebbe grave e triste che questa occasione venisse tradita, soprattutto in presenza di una crisi economica e sociale gravissima".
I firmatari chiedono che "nel nome della volontà popolare sortita dal voto del 24-25 febbraio, che questa speranza di cambiamento non venga travolta da interessi di partito, calcoli di vertice, chiusure settarie, diffidenze, personalismi". "Lo chiediamo gentilmente - sostengono - ma ad alta voce, senza avere alcun titolo istituzionale o politico per farlo, ma nella coscienza di interpretare il pensiero e le aspettative di una maggioranza vera, reale di italiani. Questa maggioranza, fatta di cittadine e cittadini elettori che vogliono voltare pagina dopo vent’anni di scandali, di malapolitica, di sperperi, di prepotenze, di illegalità, di discredito dell’Italia nel mondo, chiede ai suoi rappresentanti eletti in Parlamento, ai loro leader e ai loro portavoce, di impegnarsi fino allo stremo - conclude l’appello - per riuscire a dare una fisionomia politica, dunque un governo di alto profilo, alle speranze di cambiamento".
(10 marzo 2013)

ALTRO APPELLO
Caro Beppe Grillo, cari amici del Movimento 5 Stelle,
Una grande occasione si apre, con la vostra vittoria alle elezioni, di cambiare dalle fondamenta il sistema politico in Italia e anche in Europa. Ma si apre ora, qui e subito. E si apre in questa democrazia, dove è sperabile che nessuna formazione raggiunga, da sola, il 100 per cento dei voti. Nessuno di noi può avere la certezza che l’occasione si ripresenti nel futuro. Non potete aspettare di divenire ancora più forti (magari un partito-movimento unico) di quel che già siete, perché gli italiani che vi hanno votato vi hanno anche chiamato: esigono alcuni risultati molto concreti, nell’immediato, che concernano lo Stato di diritto e l’economia e l’Europa. Sappiamo che è difficile dare la fiducia a candidati premier e a governi che includono partiti che da quasi vent’anni hanno detto parole che non hanno mantenuto, consentito a politiche che non hanno restaurato ma disfatto la democrazia, accettato un’Europa interamente concentrata su un’austerità che – lo ricorda il Nobel Joseph Stiglitz – di fatto «è stata una strategia anti-crescita», distruttiva dell’Unione e dell’ideale che la fonda.
Ma dire no a un governo che facesse propri alcuni punti fondamentali della vostra battaglia sarebbe a nostro avviso una forma di suicidio: gli orizzonti che avete aperto si chiuderebbero, non sappiamo per quanto tempo. Le speranze pure. Non otterremmo quelle misure di estrema urgenza che solo con una maggioranza che vi includa diventano possibili. Tra queste: una legge sul conflitto di interesse che impedisca a presenti e futuri padroni della televisione, della stampa o delle banche di entrare in politica; una legge elettorale maggioritaria con doppio turno alla francese; il dimezzamento dei parlamentari il più presto possibile e dei loro compensi subito; una Camera delle autonomie al posto del Senato, composta di rappresentanti delle regioni e dei comuni; la riduzione al minimo dei rimborsi statali ai partiti; una legge anti-corruzione e anti-evasione che riformi in senso restrittivo, anche aumentando le pene, la disciplina delle prescrizioni, bloccandole ad esempio al rinvio a giudizio; nuovi reati come autoriciclaggio, collusione mafiosa, e ripristino del falso in bilancio; ineleggibilità per condannati fin dal primo grado, che colpisca corruttori e corrotti e vieti loro l’ingresso in politica; un’operazione pulizia nelle regioni dove impera la mafia (Lombardia compresa); una confisca dei beni di provenienza non chiara; una tutela rigorosa del paesaggio e limiti netti alla cementificazione; un’abolizione delle province non parziale ma totale; diritti civili non negoziati con la Chiesa; riconsiderazione radicale dei costi e benefici delle opere pubbliche più contestate come la Tav. E vista l’emergenza povertà e la fuga dei cervelli: più fondi a scuola pubblica e a ricerca, reddito di cittadinanza, Non per ultimo: un bilancio europeo per la crescita e per gli investimenti su territorio, energia, ricerca, gestito da un governo europeo sotto il controllo del Parlamento europeo (non il bilancio ignominiosamente decurtato dagli avvocati dell’austerità nel vertice europeo del 7-8 febbraio).
Non sappiamo quale possa essere la via che vi permetta di dire sì a questi punti di programma consentendo la formazione del nuovo governo che decida di attuarli, e al tempo stesso di non contraddire la vostra vocazione. Nella giunta parlamentare si può fin da subito dar seguito alla richiesta di ineleggibilità di Berlusconi, firmata da ormai 150.000 persone : la fiducia può essere condizionata alla volontà effettiva di darvi seguito. Quel che sappiamo, è che per la prima volta nei paesi industrializzati e in Europa, un movimento di indignati entra in Parlamento, che un’Azione Popolare diventa possibile. Oggi ha inizio una vostra marcia attraverso le istituzioni, che cambieranno solo se voi non fuggirete in attesa di giorni migliori, o peggiori. Se ci aiuterete a liberarci ora, subito, dell’era Berlusconi: un imprenditore che secondo la legge non avrebbe nemmeno dovuto metter piedi in Parlamento e tanto meno a Palazzo Chigi.
Avete detto: «Lo Stato siamo noi». Avete svegliato in Italia una cittadinanza che vuole essere attiva e contare, non più delegando ai partiti tradizionali le proprie aspirazioni. Vale per voi, per noi tutti, la parola con cui questa cittadinanza attiva si è alzata e ha cominciato a camminare, nell’era Berlusconi: «Se non ora, quando?»
Remo Bodei
Roberta De Monticelli
Tomaso Montanari
Antonio Padoa-Schioppa
Salvatore Settis
Barbara Spinelli

REPUBBLICA.IT - ASSEMBLEA DEI GRILLINI
ROMA - Un referendum online per consultare la base del Movimento 5 Stelle sulla possibilità di un’alleanza con il Pd. La proposta sarebbe stata avanzata da una minoranza durante il nuovo meeting dei neoparlamentari grillini in un albergo di Roma, proposta che però non è stata né discussa né votata. L’ipotesi, che già questa mattina ha acceso il dibattito dopo le parole di Ivan Catalano sul Movimento "in fermento" sul referendum, ha animato la discussione, a margine della riunione, tra molti parlamentari a 5 Stelle che - così si apprende - si interrogano sull’opportunità di votare o non votare la fiducia a un eventuale governo Bersani.
Bocciata la "marcia" verso il Parlamento. L’assemblea dei neoeletti del Movimento 5 stelle ha inoltre bocciato a maggioranza, per alzata di mano, l’ipotesi di una ’marcia’ dei parlamentari a Roma per venerdì prossimo, in occasione della prima seduta del nuovo Parlamento. Secondo quanto viene riferito, la proposta avanzata dal deputato Alessandro Di Battista prevedeva una "passeggiata di accompagnamento, con famiglie e bambini, da piazza del Popolo fino a Palazzo Madama".
Contrario in primis il capogruppo in pectore al Senato, Vito Crimi: "Non deve passare il concetto - ha spiegato - che ci accompagnano come i bambini al primo giorno di scuola. Noi abbiamo una nostra dignità, siamo persone serie e non dobbiamo dare l’immagine che è una marcia di vittoria perchè noi andiamo in Parlamento a lavorare". "Ci hanno già accomunato al fascismo e a Casapound - ha spiegato un neoparlamentare -, un’iniziativa del genere verrebbe vista come una marcia su Roma".
Ulteriori tagli a indennità parlamentari. Gli eletti del M5S riflettono anche su possibili altre ’sforbiciate’, oltre a quelle agli stipendi, che tocchino le ulteriori indennità spettanti ai parlamentari, diaria compresa. A quanto riferiscono fonti interne, l’assemblea sta valutando di modificare il codice di comportamento degli eletti M5S, che attualmente prevede riduzioni solo per gli stipendi. Per questo Vito Crimi ha raccomandato agli altri eletti di non firmare i documenti che verranno sottoposti ai ’grillini’ quando domani andranno a registrarsi in Parlamento. "Come avviene in un qualunque primo giorno di lavoro - ha spiegato - dovrete prendere le carte per accettazione e firmarle solo in seguito". Crimi ha anche consigliato ai parlamentari di non fornire il codice Iban del loro conto bancario proprio per evitare accrediti non richiesti.
Catalano: "M5S in fermento su alleanza con Pd". I neoeletti del Movimento hanno deciso di cambiare albergo. Stavolta la riunione organizzativa, iniziata poco dopo le 14 e ancora in corso, avviene in un hotel dell’Eur. Un appuntamento fondamentale, sembra, anche per capire le future strategie politiche e le alleanze. Sull’ipotesi di un referendum tra gli attivisti a 5 Stelle per un’alleanza con il Pd, "il Movimento è in fermento da giorni", ha detto Catalano prima della riunione: "Si può fare tutto non ci sono vincoli". E poi: "Un governo va fatto sennò non va avanti il Paese. Qualcuno prenderà la decisione di farlo e lo si farà".
I parlamentari del M5S, secondo quanto si apprende, torneranno a riunirsi da mercoledì per decidere come comportarsi nella votazione dei due presidenti delle Camere venerdì prossimo. Una nuova riunione che, viene riferito, si negli uffici di Camera e Senato. La riunione di oggi, viene spiegato ancora da un deputato, è "tecnico-organizzativa, su chi fa cosa nelle commissioni parlamentari". Viene negato invece che si stia discutendo del fermento nel Movimento sulla possibilità di un’alleanza con il Pd di Bersani. La riunione di oggi finirà verso le 19 e potrebbe esserci una conferenza stampa. Da domani i grillini andranno a ’registrarsi’ alla Camera e al Senato, per gli adempimenti formali prima della proclamazione di venerdì.
Crimi: "Contattato da Pd". Era stato Vito Crimi, futuro capogruppo al Senato, a fare riferimento su Facebook a contatti con il partito di Bersani: "Operazione trasparenza 1: mi ha contattato ieri un esponente di rilievo del Pd per anticiparmi che lunedì terranno riunione congiunta dei gruppi da cui proporranno i loro nomi per le Presidenze e nei successivi giorni incontreranno i gruppi per comunicarlo e confrontarsi".
Intanto favorevole a un governo con il M5S si è detta Susanna Camusso: "C’è bisogno di risposte. Penso che il voto abbia detto che c’è un partito che ha preso il maggior numero di voti e un secondo partito che è M5S e quella è la volontà degli elettori", ha detto intervenendo a ’In mezz’ora’ di Lucia Annunziata, aggiungendo "che gli italiani hanno detto di no" ad un governissimo, e se fallisse il tentativo di Bersani "bisognerebbe continuare a moltiplicare le ipotesi per una soluzione che sia la piùrispettosa del risultato del voto".
La neo senatrice del Pd, Laura Puppato, propone poi un blog comune a cui affidare il dialogo tra Partito democratico e Movimento 5 stelle per trovare l’intesa e "una fiducia a tempo, per un anno", non necessariamente sugli otto punti proposti da Bersani, per costruire un governo programmatico, afferma la senatrice indicata da alcuni come una delle mediatrici tra Pd e M5s in vista delle prossime scadenze istituzionali. "Apriamo un blog. Costruiamo una piattaforma virtuale su cui Pd e Movimento 5 stelle - propone Puppato - possano dialogare mettendo in comune le loro esperienze e le loro competenze. Con tre livelli: obiettivi, tempi per realizzarlo, finanziamenti".
Beppe Grillo nel frattempo rilancia con un messaggio su Twitter la ricerca di personale in grado di collaborare con i gruppi parlamentari del movimento. "Cerchiamo persone che vogliano aiutarci a far uscire dal buio questo paese da affiancare ai gruppi parlamentari", scrive il leader. "Persone - aggiunge - pulite, trasparenti e oneste, competenti e volenterose. Un Parlamento Pulito prima di tutto dall’assunzione degli assistenti e di coloro che lavoreranno con i gruppi. Sceglieremo i migliori tra i curricula che riceveremo, perché vogliamo svolgere un lavoro eccellente".
(10 marzo 2013)

RISPOSTA DI BERSANI A RENZI
ROMA - Dopo la sfida lanciata ieri da Matteo Renzi sul finanziamento pubblico ai partiti, dal Pd si precisa oggi che "chi ha seguito i lavori della Direzione nazionale sa bene che il tema è ben compreso negli otto punti approvati all’unanimità".
"Siamo intenzionati e pronti a rivedere - ribadisce il Pd - il finanziamento ai partiti, dentro a norme che riguardino anche essenziali garanzie di trasparenza e di democrazia nella loro vita interna. In una democrazia costituzionale una formazione politica che si presenta alle elezioni per governare dovrà pur dare qualche garanzia democratica. O forse è questo un tema meno rilevante rispetto a quello dei finanziamenti?".
"Se Bersani aggiunge l’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti, non fa un atto di demagogia ma di serietà, si ristabilirebbe una sintonia con il Paese", aveva detto ieri Renzi, intervistato da Fabio Fazio.
(10 marzo 2013)

RENZI DA FAZIO SABATO SERA (PEZZO DI R.R. SUL CORRIERE DELLA SERA)
ROMA — «Tutto il Pd gli ha detto "vai avanti". Speriamo che ce la faccia… Io non sono molto ottimista, ma spero di avere torto». Ieri sera Matteo Renzi, dalla trasmissione tv Che tempo che fa, ha commentato così la possibilità che Pier Luigi Bersani riesca a formare un governo, giudicandola un tentativo «molto complesso».
Renzi ribadisce la sua «lealtà» al segretario del suo partito. Però, da quando ha perso le ultime primarie del Pd, con quasi il 39 per cento dei consensi contro il 61 di Bersani, sta organizzando una sorta di partita per la rivincita. Lo fa cercando di non esporsi eccessivamente ad attacchi interni, all’accusa di remare contro; del resto ha esperienza, ha sempre lavorato in politica: nel 1999, all’età di 24 anni, è segretario provinciale del Ppi fiorentino, poi coordinatore della Margherita, poi presidente della Provincia, infine sindaco di Firenze.
Dunque, se Bersani dovesse fallire, sarebbe «naturale, gioco forza, tornare a votare». E, se davvero si tornasse alle urne in tempi ravvicinati, le primarie sarebbero «un passaggio obbligato. Il bello del Movimento 5 Stelle è che stanno facendo passare il messaggio che il cittadino è importante. Il Pd questa cosa l’ha fatta e poi si è fermato».
Le critiche al suo partito, che a questo punto sembra quindi prepararsi al voto, continuano. Riferendosi indirettamente alla direzione nazionale della settimana scorsa, Renzi dice che avrebbe preferito «ascoltare i parlamentari neoeletti invece che la riunione dello stesso organismo di quattro anni fa. Io sono abbastanza allergico alle formazioni politiche tradizionali. Sono per un partito bello, una comunità di persone, non un partito che fa riunioni come fossero sedute di terapia di gruppo».
Anche il programma di Bersani finisce nel mirino: «Se agli otto punti aggiungesse l’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti non farebbe alcun atto di demagogia ma di serietà. Si ristabilirebbe una sintonia con il Paese». Bersani ha dichiarato di voler in qualche modo ridiscutere quella legge, senza però rinunciare alla convinzione che «la politica deve avere una qualche forma di sostegno pubblico, altrimenti la fanno solo gli ottimati e i miliardari». Il tema però è centrale nel confronto con i grillini, che vorrebbero interrompere questo flusso di denaro.
E le alleanze restano al centro degli argomenti di Renzi. «Non credo alla possibilità di un governo Pd-Pdl, almeno politico», afferma. Esattamente come «non esiste» l’idea, circolata ieri sui mezzi di informazione, che lui voglia creare una nuova formazione insieme con Mario Monti e gli ex Ppi (un’eventualità che ieri è stata liquidata anche dal vice segretario pd Enrico Letta come «gossip giornalistici di puro politichese»). Ma che fare allora con il M5S? Il sindaco di Firenze ritiene «un errore considerare Grillo come tutti gli altri partiti, e sarebbe un errore tentare di acquisire il consenso con uno scambio di poltrone alla vecchia maniera, l’inciucione»; ancora: «Spero che lo scilipotismo non diventi una caccia al grillino». Tuttavia, «se Grillo si leva la maschera e decide di fare un governo con Bersani... per carità. Magari chiariamoci cosa vuol dire uscire dall’euro, perché la mia opinione è che ci sia poca Europa».
Quando infine arriva l’inevitabile domanda se, con Renzi al posto di Bersani, il risultato del voto sarebbe stato migliore, il sindaco di Firenze risponde: «Questa ormai è una barzelletta. È insopportabile vivere di rimpianti e nostalgie. Chi lo sa, da noi si dice "se mia nonna avesse le ruote sarebbe un carretto"». Però anche qui, commentando la campagna elettorale, non manca una stoccata: «Avremmo potuto dire con forza alcuni temi che avrebbero sgonfiato sia il Pdl che il M5S».
Tutte carte che Renzi prepara sul tavolo sperando di poter giocare una rivincita. E c’è anche altro. I suoi due assessori comunali eletti con il Pd si sono dimessi per entrare alla Camera. Rosa Maria Di Giorgi lo ha salutato scrivendogli «sono certa che presto ti ritroverò con responsabilità ancora maggiori»; mentre Dario Nardella gli ha garantito che da parlamentare sarà «una sorta di ambasciatore al suo servizio».
R. R.

PEZZO DI MARIA TERESA MELI STAMATTINA SUL CORRIERE
ROMA — Il treno del Pd continua a correre su un doppio binario. Impresa improba, perché il rischio di deragliare è reale.
Le rotaie lungo le quali Bersani sta inseguendo la sua premiership fanno tappa dai grillini. Convincerli, blandirli, agganciarli... tutti obiettivi difficili, ma il segretario non demorde. E gioca su più piani questa partita. Da un lato c’è Vasco Errani che continua a tessere la rete del rapporto con gli eletti del «Movimento 5 Stelle». A lui e ad altri parlamentari emiliani il compito di capire quale sia la disponibilità degli eletti di Grillo. Poi c’è il canale di comunicazione aperto con Sandra Bonsanti, figura di spicco del movimento Libertà e giustizia: in lei il Pd individua la possibile intermediaria con i parlamentari 5 Stelle. Quindi ci sono le amicizie personali. Il leader toscano del movimento che fa capo al comico genovese si chiama Massimo Artini: frequentava la stessa scuola di Matteo Renzi, ma, soprattutto, è grande amico di Lapo Pistelli. Gli cura il sito Internet e lo conosce da anni. Infine c’è la rete. Che serve per mobilitare un’ondata grillina a favore dell’accordo con il Pd. Ieri c’è stato l’appello via Internet di un gruppo di intellettuali che chiedono ai 5 Stelle di non voltare le spalle al Partito democratico. Ma questo è solo un assaggio perché i maggiorenti del Pd sanno bene che gli intellettuali più che attrarre possono respingere questi ambienti: perciò si punta alla mobilitazione «dal basso» del popolo della rete.
Domani verranno anche scelti i due parlamentari che tratteranno «alla luce del sole» con i grillini. Del tandem dovrebbe fare parte Laura Puppato, ma è chiaro che non è quella ufficiale la diplomazia che riuscirà a sbloccare la situazione. Nessuno in casa democratica crede che alla fine i 5 Stelle accetteranno l’offerta della presidenza della Camera, il che complica ulteriormente i giochi di Bersani. Già, perché se Grillo dicesse di sì il Pd potrebbe offrire la guida dell’assemblea di palazzo Madama al Pdl senza incorrere nell’accusa di voler «inciuciare». In questo schema il nome che era stato scelto era quello di Gaetano Quagliariello. Ma se i grillini insistono nel rifiutare questa offerta allora il Pd terrà per un suo uomo (Dario Franceschini) la poltronissima di Montecitorio e cederà la presidenza del Senato a un esponente della lista Monti (il nome più gettonato fino a ieri era quello dell’ex europarlamentare del Pdl Mario Mauro).
Del resto, lo stesso Bersani non sembra di certo sprizzare ottimismo da tutti i pori e ieri ad alcuni parlamentari che gli chiedevano lumi sulle trattative con i grillini per il governo rispondeva con queste parole: «Non credo che siano possibili cambi di casacca nell’immediato… magari più in là. E questo non risolve il problema, tanto più che in questa situazione così complicata c’è la variabile impazzita di Berlusconi. Se il Cavaliere vuole davvero le elezioni le otterrà, è inutile prenderci in giro. Il quadro è così instabile che basta una qualsiasi forzatura per non farlo reggere».
Ma, come si diceva, il treno del Partito democratico sferraglia anche su altre rotaie. Dietro il Bersani che cerca di dare al suo partito ciò che secondo lui merita, e cioè la guida del Paese, c’è uno stato di agitazione permanente da parte del Pd. Non si sta parlando dei dirigenti che hanno già fatto mostra di essere pronti a ripiegare su Renzi, nel caso in cui il tentativo del segretario non vada in porto. Ora sono i «giovani turchi» a muoversi. E non lo fanno più come una falange compatta sotto l’insegna di «Bersani o morte». Adesso la nuova sinistra del Pd annusa Renzi. Sì, proprio lui, quello che fino a poco tempo fa era lo «spauracchio» dei giovani turchi, l’«uomo nero» contro cui combattere nelle primarie prossime venture. Corre voce che anche Bersani, il quale ha sempre detto di aborrire i «personalismi», abbia aperto uno spiraglio alla via d’uscita che vede nel sindaco di Firenze candidato premier di un centrosinistra alleato con Monti e con Vendola (se ci sta).
L’altro giorno Matteo Ricci, presidente della provincia di Pesaro, bersaniano, vicino ai giovani turchi, ha voluto parlare a tu per tu con Renzi per capirne le mosse e per ribadirgli le sue idee. Ricci aveva già anticipato al Foglio questa inversione di rotta: «Matteo può essere il leader di una nuova generazione». Non si tratta di un caso isolato. Già il sindaco di Bologna Virginio Merola aveva dichiarato che Renzi rappresentava «l’unica speranza di rinnovamento». E persino Orfini, che del sindaco rottamatore è stato acerrimo nemico fino a pochissimi giorni fa, l’altro ieri ragionava così con un compagno di partito: «Non è detto che occorra andare a una sfida all’Ok Corral con Renzi: in realtà le nostre posizioni dopo le elezioni sono più vicine di prima».
D’altra parte è sempre stato Bersani il primo a dire che «la ruota deve girare». E ora potrebbe girare in favore del vento renziano.
Maria Teresa Meli

CORRIERE.IT
Un’altra riunione, questa volta all’Eur. Cento tra senatori e deputati del M5S si sono dati nuovamente appuntamento a Roma per un meeting interno. Ma c’è chi fa pressione per un referendum interno sull’alleanza con Bersani. «Un governo va fatto se no non va avanti il Paese. Qualcuno prenderà la decisione di farlo e lo si farà. Ma c’è tempo per discutere, è inutile fare pressioni, non serve a nulla». Lo dice Ivan Catalano, deputato del Movimento 5 Stelle, arrivando all’Eur. Ivan Catalano ha 26 anni, è disegnatore e progettista meccanico, ed è stato eletto al Parlamento per la Circoscrizione Lombardia 2. Ha aperto un blog per raccontare agli elettori la sua attività parlamentare. A chi gli chiede della possibilità di fare un referendum sull’alleanza con Bersani spiega: «Su questa cosa il movimento è in fermento da giorni. Si può fare tutto, non ci sono vincoli».
NO ACCORDI CON IL PD - I colleghi di Catalano però ribadiscono: «Nessuna ipotesi di una alleanza con il Pd è sul tavolo». Mercoledì ci saranno altre riunioni alla Camera e al Senato per decidere su come e chi votare per le presidenze delle due assemblee. I deputati e i senatori del M5S si recheranno domani e martedì a Montecitorio e Palazzo Madama per le registrazioni. «Quella di oggi, assicurano, è semplicemente una riunione tecnica-organizzativa per decidere ruoli e compiti eventuali all’interno delle commissioni parlamentari».
I Cinque Stelle arrivano all’Euro ma nessuno parla
LA MARCIA - A Roma, inoltre non è passata la proposta della marcia di accompagnamento dei neoeletti da piazza del Popolo alle Camere venerdì 15, giorno dell’insediamento. Due terzi dei neoeletti hanno votato contro dopo che molti hanno sottolineato il rischio di alimentare gli accostamenti del Movimento al fascismo. «Sono uscite informazioni sbagliate» ha sottolineato Maurizio Di Battista nel corso della riunione, che si era già informato per realizzare il corteo e che era promotore dell’iniziativa. Vito Crimi si è detto contrario: «Non deve passare il concetto - ha spiegato - che ci accompagnano come i bambini al primo giorno di scuola. Noi abbiamo una nostra dignità, siamo persone serie e non dobbiamo dare l’immagine che è una marcia di vittoria perchè noi andiamo in Parlamento a lavorare». Altri neoeletti hanno espresso la loro contrarietà e c’è chi, viene riferito, ha ammonito a stare «attenti a chi ci accomuna a fascisti e Casa Pound. Questa marcia è sbagliata in termini di comunicazione» è stato detto. Nella votazione ad alzata di mano, quindi, proposta respinta con un terzo a favore e due terzi contrari. In discussione durante il meeting anche la selezione dei portaborse che verrà fatta online e via curricula, come annunciato - sempre su Facebook - dalla portavoce alla Camera Roberta Lombardi.
OPERAZIONE TRASPARENZA - E se alla fine dell’incontro la conferenza stampa dei capigruppo verrà trasmessa in streaming, nel frattempo Vito Crimi, capogruppo del M5S per il Senato, su Facebook ha annunciato di essere stato contattato dal Pd per un confronto sulla nomina della presidenza di Camera e Senato e lo fa su Facebook, spiegando di voler dare il via all’operazione trasparenza, tenendo informati i cittadini attraverso i social network dei contatti con gli esponenti di altri partiti politici. «Operazione trasparenza 1: mi ha contattato ieri un esponente di rilievo del Pd per anticiparmi che lunedì terranno riunione congiunta dei gruppi da cui proporranno i loro nomi per le Presidenze e nei successivi giorni incontreranno i gruppi per comunicarlo e confrontarsi», ha scritto Crimi sulla sua pagina.
Vito Crimi (Fotogramma)Vito Crimi (Fotogramma)
CONSULTAZIONI - Insomma, in queste ore i deputati e i senatori Cinque Stelle continuano a consultarsi sul futuro del Movimento in Parlamento. E lo fanno senza Grillo e Casaleggio che non sono a Roma. Resta da capire però se queste decisioni passeranno al vaglio del leader e del responsabile della comunicazione del M5S. Da vedere inoltre se rimarrà ferma la linea di non fare alleanze con il Pd e se sarà immutata anche la decisione di inviare Beppe Grillo, non eletto, alle consultazioni con il Presidente della Repubblica.
Marta Serafini

EMANUELE BUZZI SUL CORRIERE
MILANO — Occhi puntati su Roma. Mentre sul web ancora imperversano polemiche e discussioni su diktat, inchieste, appoggi e appelli, i neoparlamentari Cinque Stelle si ritrovano per un vertice — si protrarrà per qualche giorno, forse fino all’apertura delle Camere — che servirà a tracciare le linee del movimento. Un summit interno a cui Beppe Grillo non dovrebbe prendere parte. «Si parlerà di incarichi — come ufficio di presidenza, commissioni e questori — e anche di collaboratori», fanno sapere fonti vicine al movimento, che ammettono un contatto con esponenti pd, «ma solo da un punto di vista istituzionale: hanno capito le nostre posizioni». Posizioni che somigliano sempre più alla prorogatio del governo invocata già nei giorni scorsi da Paolo Becchi, professore di Filosofia del diritto a Genova, spesso ospite del blog di Grillo. Ieri il leader Cinque Stelle ha ritwittato un eloquente: «Il #M5S non può stringere alleanze. È per tentare di snaturarlo che i giornali hanno cominciato a ipotizzare tattiche elettorali». A scrivere il messaggio Adagio eBook, il cui marchio è registrato dalla Casaleggio associati. Proprio il guru dei grillini è al centro di un caso. «Gianroberto Casaleggio ha detto che se decidessimo di dare l’appoggio a qualche partito, lui lascerebbe il Movimento 5 Stelle», sostiene, secondo quanto riporta l’Huffington Post, il neosenatore sardo Roberto Cotti.
L’obiettivo comunque è essere pronti per l’avvio del Parlamento. La macchina dei Cinque Stelle si è mossa. «Noi non siamo come un partito, non abbiamo una segreteria, dovete avere pazienza: ci metteremo un po’ più tempo degli altri per organizzarci», ripetono alcuni deputati. Intanto venerdì la capogruppo alla Camera Roberta Lombardi ha postato un appello per promuovere la ricerca di tutte le figure professionali che saranno utili ai gruppi parlamentari. «Dalla prossima settimana inizieremo a incontrarvi — scrive la deputata —. Il tempo stringe, se vuoi candidarti per lavorare in Parlamento puoi mandare il tuo curriculum vitae a curricula@movimento5stelle.it». Per il giorno dell’apertura delle Camere (il 15 marzo, ndr), intanto, si ipotizzano iniziative dei Cinque Stelle. «Ancora non abbiamo deciso, ma probabilmente qualcosa faremo per festeggiare l’arrivo dei cittadini in Parlamento». Più esplicito il neoparlamentare Simone Vignaroli: «Il 15 marzo per la prima seduta del Parlamento vorremmo arrivare tutti a piedi, partendo dal Colosseo. Venite con noi ad accompagnarci fino alla porta». Un’altra iniziativa in programma è il 23 marzo, quando i neoparlamentari faranno visita al cantiere Tav. Venerdì tre di loro (Marco Scibona, Laura Castelli e Alberto Airola) hanno assistito tra il pubblico al processo a 53 no Tav per gli scontri in Val di Susa dell’estate 2011.
Intanto, prosegue il battibecco a distanza con i media. Ieri una troupe di Ballarò è stata allontanata da una riunione dei grillini a Napoli. Dopo circa un’ora di riprese, è stato chiesto ai giornalisti di andare via. «Niente contro di voi personalmente — è stato detto loro — ma non ci piace il vostro format, siete un talk show». Sul blog, invece, Grillo risponde — citando Giorgio Gaber — all’appello, promosso da un gruppo di intellettuali, affinché il Movimento 5 Stelle possa sostenere la nascita di un eventuale governo. «Quando il pdmenoelle chiama, l’intellettuale risponde — ironizza il leader —. Sempre! In fila per sei con il resto di due. La funzione principale degli intellettuali è quella di lanciare appelli. L’appello e l’intellettuale sono imprescindibili». E ancora: «L’intellettuale italiano è in prevalenza di sinistra, dotato di buoni sentimenti e con una lungimiranza politica postdatata».
Emanuele Buzzi