Marco Imarisio, Corriere della Sera 10/03/2013, 10 marzo 2013
LE LACRIME E I VELENI SUI COLORI DELLA LUPA —
Questo silenzio non significa solo dolore. Gli sguardi all’entrata della piccola chiesa sono ostili, rivolti a eventuali nemici che un novizio non può vedere, non può capire. «Quante facce di culo che ci sono in giro... l’hanno fatto ammazzare e poi vengono qui». Il signore che mormora queste parole si stacca dal suo capannello e saluta con una stretta di mano, all’apparenza cordiale, il destinatario della frase.
I giornalisti per una volta non c’entrano, sono esclusi da questa fase di studio e catalogazione, chi c’era e chi non c’era, e dopo l’ultimo saluto a David Rossi tutto questo diventerà cibo per il cannibalismo tra cittadini. Proprio quando stanno per cominciare le esequie, Pierluigi Piccini, ex sindaco, ex presidente di Monte dei Paschi International, al quale i fratelli di David avevano consigliato di non farsi vedere, sente il bisogno di chiamare alcuni giornalisti per comunicare che «anche quello là» aveva un blog anonimo, come gli altri che gli hanno dato addosso in quest’ultimo anno.
«Quello là» è chiuso in una bara di mogano, avvolta dalla bandiera della Lupa, la sua contrada, e il dettaglio non dovrebbe essere di poco conto. Ma qui siamo a Siena, dove ci si odia in modo esagerato, dove la morte non comporta sconti. Nessuno pensi a duelli rusticani, qui il rituale prevede sorrisi cortesi, strette di mano concesse e poi rinnegate passandosi la mano sulla giacca.
La freddezza esibita dai fratelli di Rossi nei confronti di alcuni passati amministratori di Mps rientrava nel novero delle cose possibili. Ma ieri abbiamo visto un dirigente della banca che sibilava «pezzo di m...» alle spalle dell’ex sindaco Franco Ceccuzzi, visibilmente distrutto e sconfitto, e abbiamo sentito alcuni «mussariani», siamo a Siena, ognuno deve avere un’etichetta, rimasti a casa «perché altrimenti avremmo fatto una strage».
In un contesto del genere, i funerali di un uomo travolto da una vicenda molto più grande di lui, esattamente come la città che amava, hanno rappresentato un breve momento di tregua. Per fortuna c’era tanta gente, almeno 300 persone fuori dalla chiesa, semplici cittadini spesso estranei a queste logiche da massacro. C’era David Taddei, amico vero e fuori dai giochi dello scomparso, che sta cercando di tutelarne il ricordo e per questo viene additato come colluso di chissà quale Spectre. Gli «stranieri» Alessandro Profumo e Fabrizio Viola, rispettivamente presidente e amministratore delegato del Monte, hanno pianto lacrime vere, anche loro hanno il privilegio di non poter capire la logica hobbesiana di questa città, e questo li rende diversi, più neutri o rassicuranti.
David Rossi era convinto che dopo la morte non ci fosse nulla, così aveva scritto un anno fa su Twitter. Su richiesta della famiglia è stata celebrata solo la liturgia della parola. Don Sergio Volpi ha benedetto la bara. «Il legame di fondo — dice — era con la contrada, non con la fede». Lo conosceva fin da quando era bambino, abitava ancora nella via adiacente l’oratorio. «È sempre stato troppo scrupoloso e preciso. Forse le ragioni del suo gesto vanno cercate in queste caratteristiche».
Il feretro aveva appena lasciato la contrada, diretto al cimitero del Laterino, che su blog e social network riprendeva la liturgia di commenti crudeli. «La mia è incredulità — ha scritto un costernato Taddei su Facebook — davanti alla follia del parlare di persone come fossero cose, del liquidare una vita spezzata con pochi sommari giudizi basati sul niente. Un abisso di bestialità senza fine che travolge ogni riflessione».
Marco Imarisio