Rentao Mannheimer, Corriere della Sera 10/03/2013, 10 marzo 2013
IL REFERENDUM SULL’EURO NON ENTUSIASMA. CONTRO LA LIRA ANCHE IL 67% DEI 5 STELLE
Beppe Grillo ha proposto, come una delle prime iniziative che un governo dovrebbe prendere, l’indizione di un referendum (che, secondo il leader genovese, dovrebbe svolgersi online) sull’opportunità o meno che l’Italia resti nell’euro o che si ritorni alle vecchie lire. Quest’ultima ipotesi darebbe, a suo avviso, più libertà di movimento alla politica finanziaria e, specialmente, la possibilità di stampare moneta e di svalutare, come si faceva periodicamente prima dell’avvento della moneta unica.
Ma la maggioranza della popolazione (70%) non ritiene opportuna questa iniziativa (il 36% la reputa «per nulla opportuna» e il 34% «poco opportuna»). Appaiono in particolare più avversi gli elettori più giovani e quelli con titoli di studio più elevati. Ma, ciò che appare più importante, risulta sfavorevole all’idea di indizione di un referendum siffatto anche la netta maggioranza (65%) degli elettori del Movimento 5 Stelle, così come di tutti gli altri partiti, in particolare del Pd.
C’è però una quota importante di elettori (30%) che vede con favore una consultazione popolare sulla permanenza nell’euro. Come era facile immaginarsi, costoro si trovano in particolare, seppure in minoranza (34%), nel Movimento 5 Stelle, ma in misura analoga anche tra i votanti del Pdl. In più, una quota elevata (35%) di fautori del referendum non ha partecipato alle ultime elezioni. Ma la percentuale massima di chi auspica un voto sull’euro si trova tra gli elettori della Lega Nord (44%). Insomma, il sostegno al referendum è minoritario in tutti i partiti e si distribuisce in quasi egual misura tra gli elettori del M5S e quelli del centrodestra, oltre agli astenuti.
In ogni caso, se fosse indetto il referendum, quasi tre italiani su quattro (74%) voterebbero per il mantenimento dell’euro. Solo il 16% dichiara che opterebbe per il ritorno alle vecchie lire. Ancora una volta, appaiono più favorevoli all’euro i più giovani e i possessori di titoli di studio più elevati che, come è noto, sono più diffusi tra le nuove generazioni. Il favore all’euro è maggiore nel Nord, ma anche nel Meridione la netta maggioranza opta per il suo mantenimento. E, anche in questo caso, la netta maggioranza dei votanti per il M5S (67%) dichiara di volere conservare l’appartenenza all’euro. Il favore più diffuso per il ritorno alla lira si trova invece nell’elettorato della Lega Nord (25%) e, in misura ancora maggiore (26%), tra quanti alle ultime elezioni si sono astenuti.
Questi dati mostrano come il sostegno all’euro venga tutt’ora espresso dalla gran parte della popolazione, anche se vi è una consistente minoranza che esprime una contrarietà. Il fatto è che un ritorno alla lira verrebbe visto come un avvenimento negativo dalla maggioranza (82%, tra i quali il 53% lo reputa «un vero disastro per l’economia») degli italiani. È un’opinione che si è andata accrescendo nel tempo: a giugno la sosteneva il 70% e a settembre il 74%. Nuovamente, è il caso di notare che, malgrado tutto, la maggioranza (77%) degli elettori per il M5S ritiene un’uscita dall’euro come un dato negativo.
Al di là del risultato in sé, che conferma un atteggiamento della popolazione già rilevato più volte (e che mostra come le più importanti aggregazioni antieuro siano la Lega Nord e i cittadini più lontani dalla politica come gli astenuti), anche questi dati indicano come gli atteggiamenti e gli orientamenti degli elettori del M5S non seguano sempre e necessariamente le opinioni dei vertici del Movimento. Lo si è visto anche riguardo alla possibilità di partecipare a un governo assieme al Pd: la base elettorale di Grillo risulta tendenzialmente più aperta della leadership cui fa riferimento. Insomma, il voto per il M5S sembra essere stato in molti casi più l’espressione di una protesta (spesso giustificata) verso i partiti tradizionali che l’adesione in toto alle idee e ai programmi del Movimento. Ciò significa che i partiti tradizionali possono sperare di «recuperare» i voti del M5S? Sì, ma dipende dalle proposte che i partiti sapranno fare e dal loro grado di persuasività.
Renato Mannheimer