Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  marzo 10 Domenica calendario

A cent’anni dalla morte sul suo impero finanziario non è di certo tramontato il sole, visto che la JPMorgan è oggi uno dei maggiori istituti finanziari del mondo

A cent’anni dalla morte sul suo impero finanziario non è di certo tramontato il sole, visto che la JPMorgan è oggi uno dei maggiori istituti finanziari del mondo. Di quelli che condizionano i destini delle nazioni. In questo si riflette lo straordinario potere del fondatore, il carismatico John Pierpont Morgan, banchiere, imprenditore, mecenate, collezionista del quale il poligrafo Hans Tuzzi (pseudonimo preso in prestito da Musil di Adriano Bon) narra a più voci la storia. La ricostruzione a più voci di Tuzzi parte dalla fine: la morte di JPM avvenuta in una stanza della suite reale del Grande Albergo di Roma il 31 marzo 1913, con al capezzale «una figlia, un genero, numerosi dottori e, in subordine, cameriere e camerieri, il personale dell’albergo e i regi carabinieri che si davano il turno per tenere a bada membri del corpo diplomatico, giornalisti, antiquari e curiosi». Una morte da principe della finanza, ma anche da filantropo e bon vivant. Alla notizia, la borsa di New York chiuse per due ore in segno di rispetto e la famiglia ricevette 4.000 lettere di condoglianze. Primo guru di Wall Street, artefice di grandi fusioni tra banche, JPM era nato ad Hartford, il 17 aprile 1837 figlio di un finanziere che lavorava a Londra. Nel 1871 tornò negli Stati Uniti dove, attraverso fusioni bancarie, operazioni finanziarie e la creazione della General Electric diventò uno degli uomini più ricchi di tutti i tempi. Fu straordinario collezionista d’arte e di pietre preziose, bibliofilo e le sue collezioni arricchirono d’inestimabili capolavori i musei di New York. La sua casa divenne la più celebre casa-museo americana, ed è ora la Pierpont Morgan Library di New York, recentemente ampliata da Renzo Piano. Qui sono custoditi libri rari, opere d’arte, manoscritti antichi e disegni comprati in asta, come quelli di Giovan Battista Piranesi. Filantropo e finanziere, alla sua morte gli Stati Uniti si dotarono per la prima volta di una banca centrale, il Federal Reserve Bureau, perché nessun privato sarebbe stato più in grado di salvare l’economia del Paese come lui aveva fatto nel 1907. Morgan aveva creato la maggiore lobby bancaria mai esistita, inventato una compagnia di navigazione mondiale, la White Star, e acquistato l’impero dell’acciaio di Andrew Carnegie, contribuendo allo sviluppo delle ferrovie. Un uomo dall’immenso potere, ma anche fragile, che si interrogava sul senso delle cose e sui sentimenti. «L’amore cos’è?», si chiedeva. È questo: «Di una persona che sino a ieri guardavi come guardavi le altre, ora gli aromi ti restano attaccati alla pelle, le labbra modulano una lingua che ti fa levare la testa, invaghito d’una voce che sussurra parole già sentite eppure mai così nuove. Ecco: questo è amore». RIPRODUZIONE RISERVATA Il libro di Hans Tuzzi, «Morte di un magnate americano», Skira, pp. 176, € 15, sarà presentato domani al Teatro Franco Parenti di Milano alle 18.30. Interverranno con l’autore: Chiara Beria d’Argentine, Flaminio Gualdoni, Francesco Micheli e Marco Carminati.