Stefano Vergine, IL 8/3/2013, 8 marzo 2013
VIVA LA MINIERA!
Un anno fa James faceva il barista a Glasgow. Oggi lo incontriamo a Kalgoorlie, 30mila abitanti raccolti in mezzo al bush del Western Australia. «Sono andato via dall’Europa perché non c’era più lavoro. Sapevo che qui si potevano fare un sacco di soldi», racconta. Lavorando come aiutante alle perforazioni, questo scozzese di 28 anni guadagna oggi 2.500 dollari americani a settimana. «Trovare il posto non è stato difficile: ci sono voluti sei mesi per ottenere le certificazioni necessarie, poi ho iniziato a bussare alla porta delle compagnie». Alla fine ha trovato impiego al Super Pit, una voragine profonda 500 metri e lunga 3,6 chilometri. È la più grande miniera d’oro d’Australia, tornata a lavorare a pieno ritmo grazie alla crisi finanziaria mondiale. Spaventati dalla volatilità dei mercati, molti investitori hanno infatti puntato sull’oro. Così un’oncia, 10 anni fa acquistabile per 300 dollari, oggi supera quota 1.600. Kalgoorlie si gode il momento e attira qui gente da tutto il mondo. Europei, asiatici, arabi, neozelandesi: migliala di fifo, acronimo di “fly-in fly-out”, gente che resta il tempo di accumulare i soldi necessari a realizzare il proprio progetto e torna da dove è venuta. «Guido i camion in miniera e prendo circa 3.500 dollari a settimana», si vanta Greko, 29 anni e passaporto francese. Certo la vita qui è dura. Si lavora 12-13 ore al giorno, con turni diurni e notturni, temperature che arrivano fino a 50 gradi, mosche da ogni parte e la consapevolezza che a questi ritmi gli incidenti possono capitare. «Io mi concentro sui soldi che sto guadagnando e penso a quando potrò aprire il mio pub in Scozia», sorride James. Le cose non sono cambiate poi tanto rispetto a un secolo fa. Come durante la corsa all’oro di fine ’800, Kalgoorlie continua ad attirare gente disposta a rischiare la vita per realizzare i propri sogni. E nonostante un McDonald’s appena aperto, la cittadina mantiene il fascino del Far West, con le cameriere che servono ai tavoli in topless, i fine settimana all’insegna dell’alcol, le scazzottate fuori dai pub, i bordelli ad allietare la dura vita del minatore. «Non c’è molto altro da fare, anche perché le ragazze scarseggiano», si giustifica Hayden, 25enne arrivato dalla Nuova Zelanda per lavorare al Super Pit come manovale. In effetti girando per Kalgoorlie i volti femminili sono pochi. Per questo la polizia ha sempre chiuso un occhio sulla prostituzione. Fino a 10 anni fa le case d’appuntamento erano concentrate su Hay Street, una via poco distante dal centro. «Poi il governo locale ha cancellato la legge sul contenimento della prostituzione e in poco tempo sono sorte decine di case private piene di straniere», ricostruisce Carmen, la maitresse del più antico bordello di Kalgoorlie. Come per le miniere, anche per la prostituzione vale la regola del “fly in fly out”. Ragazze che arrivano da tutto il mondo, restano il tempo di guadagnare i soldi necessari a realizzare il proprio sogno e tornano a casa. A meno di restare intrappolate nella dipendenza dai soldi facili.