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 2013  marzo 06 Mercoledì calendario

BORSI BECKER E IL SUO NON GIOCO PIÙ

[Boris Becker]

Arriva un po’ affannato per l’ora di ritardo, di cui è incolpevole, e il suo massiccio metro e novanta riempie la stanza. Non perde tempo in scuse o formalità. Si gira verso un addetto dell’albergo e chiede: «Potrei avere un minestrone?». Dice proprio «minestrone», in italiano. Scusi, sussurro, ma sono le 4 del pomeriggio. Il grande Boris Becker si gira, mi guarda senza battere una sola delle sue ciglia quasi bianche e risponde: «Non ho mangiato nulla, al Salone mi hanno rincorso fino a mezz’ora fa».
Il Salone è quello dell’alta orologeria di Ginevra dove Boris Becker è ospite in veste di amico e ambasciatore di Iwc, marchio di orologi di lusso.
È stato campione del tennis mondiale, il più giovane vincitore di Wimbledon che conquistò nel 1985 a soli 17 anni, e poi altre due volte, 49 titoli, soprannominato Bum Bum per il suo servizio implacabile.
Due figli, Noah ed Eliah, con la prima moglie Barbara Feltus; una terza figlia, Anna, nata dall’unico e fulminante incontro con la russa Angela Ermakova, ora Becker sembra avere trovato la serenità con Sharlely Kerssenberg, 34 anni, modella olandese sposata nel 2009 e dalla quale ha avuto il quarto figlio, Amadeus, 2 anni.
C’è una data fatale nella vita di Becker: 30 giugno 1999. Quel giorno a Wimbledon non solo giocò, e perse, l’ultima partita della sua carriera, ma si infilò in uno sgabuzzino di troppo. A Londra con lui c’era la moglie, incinta del secondo figlio. Come ha raccontato Becker nell’autobiografia The Player, mai uscita in Italia: «Il mio matrimonio non andava più molto bene da quando avevo perso, nel ’97, la finale di Wimbledon contro Peter Sampras».
Finito il match dell’addio, Becker beve qualche birra di saluto con i giornalisti, e torna in albergo. «L’alcol mi entrò in fretta nel sangue. Ebbi una discussione con Barbara. Io volevo andare a cena con il mio team. L’ultima sera con i miei compagni, poi addio. Lei voleva che restassi. Litigammo per due ore. Fu una di quelle discussioni che avevano avvelenato negli ultimi due mesi il nostro matrimonio».
Mentre lui medita da solo. Barbara non si sente bene. Ha delle contrazioni, chiama un amico che la accompagni in ospedale e Becker non va con lei, le dice solo di avvisarlo se ci fossero state complicazioni. Poi esce.
«Verso le 23 ero seduto al bar del Nobu. La cucina era già chiusa, bevvi pochi bicchieri di vino bianco e un sorbetto con vodka. Avevo già notalo Angela due settimane prima, quando ero andato al Nobu all’inizio del torneo. Mi aveva guardato per quei due secondi di troppo che fanno capire a un cacciatore esperto che lei è disponibile. E adesso era ancora lì. Attraversò il bar due volte, poi si alzò e si diresse verso il bagno degli uomini. La seguii. Cinque minuti di chiacchiere, poi finimmo dentro l’angolo più vicino per concludere il nostro incontro».
Quell’angolo era uno sgabuzzino per le scope. «Non pensai più molto al sorprendente incontro della notte prima».
Ma poi Boris Becker è stato costretto a ricordare.
«La mia segretaria a Monaco mi sventolò sotto il naso un fax che diceva: "Caro signor Becker, ci siamo incontrati non molto tempo fa al Nobu di Londra. Il risultato del nostro meeting è ora al suo ottavo mese". Sotto c’era un numero di telefono. Chiamai. Una voce femminile mi disse in inglese: "Fra un mese nascerà tuo figlio". Ricordai tutto, ma ciò che mi diceva quella donna mi sembrava impossibile. Non dissi nulla a nessuno, ma io e lei ci telefonammo ogni settimana finché andai a Londra per incontrarla in un hotel. Il tono della conversazione fu di tipo professionale: se ero pronto a prendermi le mie responsabilità, la stampa doveva essere informata eccetera. Il 22 marzo 2000 nacque Anna e accettai il test di paternità.
Non avevo commesso un crimine e non avrei mai accettato di essere ricattato, anche se ciò significava finire sulle prime pagine dei giornali. Lo so, sono stato avventato, stupido e irresponsabile quella notte, ma mi sono preso le mie responsabilità e ho smesso di sentirmi in colpa».
Sei mesi dopo racconta tutto a Barbara: «Era sorpresa, ma non fece scene isteriche».
Si sa come è andata a finire: divorzio. Tuttavia, Becker ci tiene ancora a sottolineare che la nascita di Anna ha avuto un ruolo quasi ininfluente sulla separazione. Oggi, a 45 anni, Becker ha chiuso da tempo anche il contenzioso con il fisco tedesco che nel 2002 lo processò per evasione fiscale, lo incarcerò per due giorni e lo condannò a pagare 300 mila euro di multa. «Pago tutte le tasse e ogni cosa è a posto», precisa.
Oggi è migliorato anche il suo rapporto con la notorietà.
«La fama non è mai stata importante, giocavo per vincere, volevo solo vincere. Ma quando vinci diventi un personaggio e non hai più la disponibilità del tuo tempo, di quello che fai, di dove vai. Perdi la privacy, tranne che nella camera da letto e a casa tua. Vivo meglio adesso di allora».
D’accordo, ma allora perché postare sul suo sito foto di voi due in vacanza, su un’auto sportiva, o dentro casa?
«Ero semplicemente stufo di essere fotografato male e di nascosto da chiunque, cosi abbiamo deciso di mettere online le foto e i video fatti da noi e che ci piacciono. Certi giornali cercano solo lo scandalo, scrivono spesso cose non vere, come che sono vegetariano. Io mangio di tutto. Mi annoierei a nutrirmi solo di verdure».
Lei che ama vincere, ha imparato anche a perdere?
«Certo. Nella vita sono stato molto fortunato: ho quattro fantastici bambini, una grande famiglia, mia madre sta bene, mia sorella anche, non posso chiedere di più. Professionalmente ho un solo rammarico, non aver mai vinto il Roland Garros, ma pazienza».
Continua anche a giocare a poker?
«Lo adoro, come gli scacchi».
E le donne?
«Beh, le donne mi sono sempre piaciute. Ma ora sono felicemente sposato».