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 2013  marzo 08 Venerdì calendario

BERLINO, L’ EX LEADER DEI PIRATI "SONO UNA BIMBA DI CERNOBIL"

Era l’astro nascente dei Pirati tedeschi, il volto di un partito che non aveva leader riconosciuti e riconoscibili, un’esponente amata dalla base, ma ancora di più dai media. Poi all’improvviso, nell’aprile del 2012, Marina Weisband, 24 anni allora, carismatica ed eloquente segretaria generale del Piratenpartei, l’equivalente per i Pirati di «quello che Joschka Fischer è stato per i Verdi» (definizione di «Focus»), la «politica più sexy della Germania» (definizione di Playboy), decise di lasciare i vertici del partito. Per concentrarsi sugli studi di psicologia, scrisse allora, perché «il mio sogno è sempre stato quello di diventare psicologa e adesso non voglio abbandonarlo» e finire sul «pericoloso binario del politico di professione«, gente «che fa di tutto per restare in politica ed è proprio per questo che abbiamo la corruzione». E per motivi di salute, continuò, senza aggiungere altro.

Ora, a quasi un anno di distanza, Marina Weisband, 25 anni, semplice militante dei Pirati, fornisce per la prima volta una spiegazione più dettagliata: i suoi problemi hanno a che fare con un’immunodeficienza dovuta alla catastrofe di Cernobil. Sono una «bambina di Cernobil», spiega al magazine del settimanale «Die Zeit». «È quello che i medici dicevano allora ai miei genitori, quando andavano disperati da loro: “Cosa volete, è una bambina di Cernobil”».

Marina Weisband nasce il 4 ottobre 1987 a Kiev, a cento chilometri dalla centrale in cui un anno prima era esploso il reattore numero 4. «Da bambina ero molto malata, il tutto è iniziato come una immunodeficienza all’età di due anni ed è andato avanti con una serie di malattie successive». Quali la accompagnano fino ad oggi preferisce non dirlo. Dopo la caduta dell’Unione Sovietica i Weisband, una famiglia di origini ebraiche, decidono di trasferirsi in Germania. Il primo a partire è suo padre. Sua madre, un’impiegata di banca, preferisce restare in Ucraina con sua figlia e suo figlio, finché lo stato di salute di Marina Weisband non peggiora e i medici non le consigliano di andar via. «Alla fine hanno detto a mia madre: se sua figlia resta qui morirà». È così che Marina Weisband arriva in Germania, si sottopone a soggiorni di cura, si afferma a scuola, si iscrive nel 2009 ai Pirati. La scelta di lasciare l’Ucraina le ha salvato la vita: molti dei bambini che erano suoi vicini di casa sono nel frattempo morti.

Ora sta per dare alle stampe un libro, «Noi la chiamiamo politica». Uscirà il 14 marzo, ma una copia non definitiva è già apparsa gratis su internet. La casa editrice ha protestato, ma ha evitato passi giuridici: in fondo Marina Weisband ha rinunciato a una parte del suo compenso pur di poter pubblicare la versione elettronica del libro senza sistemi anti-copia. Una scelta programmatica. Che cosa pensa dei Pirati, oggi che sono crollati al 3% e sono paralizzati da liti interne (il suo successore a segretario generale, il controverso Johannes Ponader, ha appena annunciato le dimissioni), lo dice a «Spiegel» online: «Siamo fottuti». Ma, lascia intendere, possiamo risalire.