Tonia Mastrobuoni, La Stampa 8/3/2013, 8 marzo 2013
DRAGHI: IL VOTO ITALIANO NON SPAVENTA I MERCATI
Il mercato ha segnalato con una breve fiammata la sua inquietudine per il risultato delle elezioni in Italia, ma poi è tornato su livelli normali, «pre elezioni». Durante la prima conferenza stampa dopo il voto di febbraio, Mario Draghi tenta di rassicurare gli scettici, rispondendo dettagliatamente a tutte le domande sull’Italia. «Il mercato capisce che siamo in una democrazia», ha scandito nel corso dell’incontro con i giornalisti, «ed è meno impressionato dei politici e di voi (giornalisti, ndr)» dell’esito delle urne.
Ma il passaggio più importante della sua risposta è quando il presidente Bce sottolinea che il nostro paese ha conseguito un «grande aggiustamento fiscale» negli ultimi tempi e che il prossimo governo, di qualsiasi colore esso sia, «dovrà continuare il sentiero delle riforme», che secondo Draghi è «l’unico modo perché l’Italia possa tornare alla crescita». Questo consente per ora al nostro paese di «andare avanti con il pilota automatico». Quanto allo scudo anti-spread Omt, che era stato ideato proprio per Spagna e Italia ma che per noi è impraticabile finché non ci sono un governo e una maggioranza che sottoscrivono un programma di risanamento e di riforme, il numero uno dell’Eurotower non ha potuto che ribadire che «c’è», che «la palla sta ai governi».
Il messaggio è chiaro: non siamo più nell’emergenza del drammatico autunno del 2011, quando lo spread aveva raggiunto livelli stellari, l’Italia era sull’orlo del baratro e il governo Berlusconi si dimise. Draghi sostiene che il mercato è perfettamente consapevole di questo miglioramento, che regala qualche margine temporale in più per formare un governo. Il presidente della Bce parteciperà la settimana prossima al Consiglio europeo e aggiornerà i capi di Stato e di governo sulla situazione attuale. Un intervento irrituale ma non eccezionale: anche Trichet venne invitato a fare delle relazioni, ad esempio al fatidico vertice di maggio del 2010 che salvò la Grecia.
Per il resto, nonostante una costellazione estremamente favorevole a un taglio dei tassi - inflazione sotto il 2% sia nel 2013 sia l’anno prossimo, una revisione in peggio delle stime di crescita e l’euro sotto pressione per le politiche aggressive delle banche centrali di Usa e Giappone - la Bce ha deciso di lasciare il costo del denaro fermo allo 0,75%. La decisione, però, non è stata presa all’unanimità, ma a maggioranza: qualcuno nel consiglio direttivo era orientato ad abbassarli.
Per il presidente Bce «la debolezza economica si è protratta a inizio 2013, mentre si confermano segnali di stabilizzazione a livelli bassi». Confermato lo scenario di una graduale ripresa nella seconda metà dell’anno, favorita da un recupero delle esportazioni, unita alle politiche accomodanti della Bce. L’Eurotower ha tuttavia rivisto in peggio le principali stime per l’anno in corso e per il 2014. Sono previste in una forbice fra -0,9% e -0,1% per l’anno in corso e fra 0 e 2% per il 2014.
Draghi è tornato a definire «una tragedia» l’alta disoccupazione giovanile», che in alcuni paesi, ha scandito, «è dovuta a leggi che hanno scaricato sulle nuove generazioni tutto il peso della flessibilità. Infine, dopo le indiscrezioni dei giorni scorse filtrate sui giornali tedeschi sulla possibilità che la Bce lasci la trojka, Draghi è stato tranchant: «È la “Angst”, la paura della settimana». Un cenno alle paranoie tipiche della Bundesbank e di una parte di opinione pubblica tedesca.