Federica Bianchi, l’Espresso 8/3/2013, 8 marzo 2013
IL RE CARLOS È NUDO
In Spagna la coincidenza di date non è passata inosservata. Il 23 febbraio scorso il marito della principessa Cristina, Inaki Urdangarin, è stato ascoltato in tribunale all’inizio di un processo che lo vede imputato per frode fiscale e appropriazione indebita di fondi pubblici. Il 23 febbraio di 32 anni fa un golpe organizzato dai fedelissimi di Franco stava per stroncare la nascente democrazia. Ieri come oggi in pericolo sono le istituzioni spagnole: una volta minate dalle armi, ora dalla corruzione che, come rivela una serie infinita di scandali, sta corrodendo ogni livello di governo. Ma se la monarchia uscì dalla crisi del "23F" enormemente rafforzata, oggi rischia di rimanerne irremediabilmente ferita. Al centro di ogni evento sempre lui: re Juan Carlos di Borbone, 75 anni.
La spina che rischia di far scoppiare la mongolfiera reale è il genero del re, il duca di Palma, un ex atleta olimpionico di pallanuoto, aitante quarantacinquenne, sposato a Cristina, 47 anni, la figlia più giovane della coppia reale. Primo membro della casa reale a comparire in tribunale nella storia di Spagna, è accusato di aver intascato svariati milioni di euro sfruttando i suoi legami di sangue blu per ottenere contratti gonfiati con politici regionali a favore dell’Istituto Noos, una fondazione (teoricamente) senza scopo di lucro da lui fondata insieme al socio Diego Torres. Sotto la lente di ingrandimento dei giudici sono i circa sei milioni di euro ricevuti dai governi regionali delle isole Baleari nel 2004 in teoria affinché Noos organizzasse eventi sportivi ma in pratica reindirizzati in conti offshore o in aziende private facenti capo a Inaki Urdangarin.
Dalle carte si capisce anche come il re avesse lanciato una ricerca di impiego alternativo per il genero e come, a questo proposito, avesse interpellato Corinna Sayn-Wittgenstein, una tedesca divenuta principessa attraverso un precedente matrimonio, e chiacchierata come l’amante di Juan Carlos. L’obiettivo era un lavoro ben remunerato in una multinazionale o in una fondazione. La proposta di Corinne fu la presidenza della filiale spagnola per la fondazione sportiva inglese Laureus, un lavoro part time di fund-raising che avrebbe garantito al duca 250 mila euro l’anno ma che alla fine venne declinato per l’eccessiva esposizione pubblica.
La famiglia reale ha preso le distanze dall’indagine giudiziaria sostenendo che il re non sapeva nulla delle attività del genero e che già nel 2006, prima delle pratiche potenzialmente illecite, lo aveva invitato ad abbandonare l’istituto. Ma i giudici hanno reputato veritiere e attendibili le e-mail fornite dall’ex socio e apparse sulla stampa spagnola: dimostrano che il duca non compieva mossa senza l’approvazione del Palazzo. E sebbene non rivelino, queste centinaia di e-mail, una responsabilità diretta da parte del re (che, a differenza degli altri componenti della famiglia reale, gode di totale immunità penale) potrebbero coinvolgere la principessa Cristina, anche lei membro della fondazione, seppur non esecutivo.
Gli spagnoli, depressi da infiniti casi di corruzione regionale e nazionale (vedi box), già delusi da un re-padre-della-Patria sospettato da decenni di ricevere regali e mazzette da imprenditori nazionali e stranieri desiderosi di combinare ricchi affari, e, soprattutto, provati da una crisi che ha prodotto cinque milioni di disoccupati ufficiali su 16 milioni di occupati, sono sempre più risentiti contro le élite dei privilegi. Se qualche mese fa era stata giudicata anacronistica e insopportabile la partita di caccia in Botswana da 30 mila euro di Juan Carlos, adesso, a maggior ragione, pare completamente irragionevole che la figlia del re non possa fare a meno di abitare in una villa da nove milioni di euro e che il duca si «senta frustrato» dal suo vecchio lavoro (antecedente alla fondazione di Noos) perché non pagato abbastanza (lo stipendio era di 200 mila euro). A differenza del re e del principe Felipe che percepiscono uno stipendio, la regina, la principessa Letizia e le infante Elena e Cristina non godono di un vitalizio ma hanno assegnate solo spese di rappresentanza di circa 260 mila euro annui, nella proporzione decisa dal monarca per ogni esercizio. Secondo la stampa spagnola, Urdangarin, proveniente da un’agiata famiglia basca, si sentiva pressato dalla moglie, cresciuta in una reggia, perché le garantisse uno stile di vita elevato, inclusa la villa di Barcellona che in molti sospettano essere stata ristrutturata con fondi pubblici incanalati attraverso Noos.
Ma al di là dei possibili reati del genero del re, lo scandalo del suo processo ha messo a fuoco il modo in cui la casa reale usa le sue influenze per ottenere incarichi ben remunerati e come si sia trasformata in una vera e propria mediatrice d’affari per poter condurre una vita da nababbi, al di sopra dell’appannaggio pubblico che, manutenzione delle regge inclusa, costa ai contribuenti 8,26 milioni di euro. Alla faccia dei cittadini. Che non è detto siano disposti a subirla ancora a lungo. Per la prima volta nella moderna storia spagnola, Pere Navarro, il leader dei socialisti catalani, tradizionalmente antagonisti del re per le tendenze secessioniste della Catalogna, il mese scorso ha ufficialmente chiesto al monarca di farsi da parte e abdicare in favore del figlio Felipe al fine di garantire la modernizzazione della monarchia. «La Spagna sta vivendo il momento politicamente più difficile dai tempi della Transizione», ha detto. «Ha bisogno di un nuovo capo di Stato per portare avanti il passaggio al secolo XXI».
Che l’attuale corona spagnola sia in crisi è ormai un dato statistico. I recenti sondaggi pongono il grado di approvazione dei cittadini poco al di sopra del 50 per cento da oltre il 70 per cento di solo qualche anno fa. Navarro non è da solo nell’intravedere nel quarantenne Felipe, di idee più progressiste rispetto al padre, dalla vita apparentemente più morigerata e dalla moglie borghese, il traghettatore ideale verso una nuova Spagna. Così sperano nello stesso gesto offerto a fine gennaio dopo 33 anni di regno dalla regina d’Olanda Beatrice: la cessione del trono reale al figlio primogenito (Guglielmo Alessandro) e alla sua consorte. «Questo è un buon anno per cambiare, per lasciare il passo alla nuova generazione» e garantire la stabilità della Corona, aveva detto la regina Beatrice tra gli applausi dei sudditi. Un messaggio a cui re Juan Carlos fa da tempo orecchie da mercante ma che non può più evitare, tanto da sentirsi costretto qualche settimana fa a smentire in televisione ogni ipotesi di cessione del trono.
Non tutti vorrebbero che Juan Carlos abdicasse. La gioventù socialista pretende la cancellazione definitiva della monarchia dagli annali di Spagna e l’avvento della Terza Repubblica, mentre tra chi augura lunga vita al monarca (che nell’ultimo anno si è sottoposto già a quattro interventi chirurgici) ci sono molti "juancarlisti", ovvero quei cittadini sostenitori del re Juan Carlos per il ruolo che ebbe nel passaggio della Spagna alla democrazia ma contrari all’istituzione monarchica. «L’unica giustificazione perché la monarchia sopravviva nella nostra società è che le sia realmente utile», ha tuonato in un editoriale del "Pais" il commentatore Antoni Gutierrez-Rubi, elencando alcune linee guida della trasformazione della Casa reale: trasparenza, efficacia, modestia (basta stipendi da re), collegamento diretto col parlamento e funzione unificatrice del Paese.
Si tratta di un commento pubblico impensabile fino a un paio di anni fa, quando la stampa non osava criticare la famiglia reale. Ma la crisi economica ha intaccato l’impalcatura di omertà che proteggeva il monarca. Se per quasi trent’anni i giornalinon hanno osato mettere in luce le tangenti intascate o le amanti sedotte dal re adesso il Web impazza con le indiscrezioni. E il popolo chiede a gran voce che anche la monarchia, al pari delle altre istituzioni pubbliche, si sottometta all’appena varata legge sulla Trasparenza, che obbliga chi riceve fondi pubblici a giustificare le proprie spese. Un po’ come avviene alla corte della regina Elisabetta d’Inghilterra.
Per il momento a salvaguardare l’istituzione dalle critiche e a frenare sull’applicazione della legge («Le amministrazioni pubbliche che trattano con la Casa reale dovranno rendere pubbliche le informazioni ma spetta alla Casa reale promuovere le sue decisioni di trasparenza») ci pensa il partito conservatore del premier Rajoy, per cui Juan Carlos rappresenta l’ultimo baluardo della «stabilità», in una Spagna sempre più povera, devastata dai continui scandali politici. Ma nessuno esclude che Juan Carlos, e con lui la dinastia Borbone, possa presto diventare la vittima illustre di una crisi epocale che sta facendo fuori non solo risparmi e vecchie glorie ma, soprattutto, tutta una serie di istituzioni anacronistiche, ormai nocive al progresso della società spagnola.