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 2013  marzo 08 Venerdì calendario

IL BUSINESS MILIARDARIO DEI SIGNORI DELLE DISCARICHE

ROMA L’AVVOCATO Manlio Cerroni, 86 anni portati sulle spalle senza che si siano mai incurvate, possiede e controlla quotidianamente dal suo Suv la più grande discarica d’Europa, Malagrotta, 250 ettari nel quadrante ovest della capitale, tremila tonnellate di rifiuti
tal quale
inghiottiti ogni giorno da tutta Roma, Città del Vaticano compresa.
SONO i sacchi neri in polietilene di Alemanno e del Papa, tre ogni cinque finiscono qui. Oltre ai grandi crateri e gli alti colli, a Malagrotta ci sono un gassificatore, due impianti per la distribuzione del gas, quattro per lo stoccaggio di carburanti, una raffineria, un inceneritore per rifiuti ospedalieri, diverse cave. Su otto impianti a rischio di incidente rilevante esistenti a Roma, sei impattano in questa area. Dopo quarantotto anni di dura intrapresa e di intensi rapporti con le ventitré amministrazioni che si sono succedute nella capitale d’Italia, l’ex sindaco Dc di Pisoniano, paese fra i Monti Prenestini, si è allargato. Manlio Cerroni oggi smaltisce e (secondo alcune procure) inquina in Italia e nel mondo. Gestisce discariche e impianti di trattamento a Brescia, Collegno, sulla dorsale che da Roma raggiunge Perugia passando per il Trasimeno e l’Alta Valle del Tevere, fino a Tempio Pausania. In mezza Europa. A nord del Cairo, in Brasile, a quaranta chilometri da Sydney (c’era il premier del Nuovo Galles del Sud al taglio del nastro). Una ricostruzione consente di contare 114 siti nel mondo in cui è presente la mano di Cerroni, imprenditore che fin qui ha trattato 250 milioni di tonnellate di rifiuti per discarica, incenerimento, gassificazione, li ha trasformati in mangime e compost. Ma quanto è cresciuto l’avvocato di Malagrotta? Quali sono i confini del suo impero?
PATRIMONIO MILIARDARIO
Nel corso delle stagioni imprenditoriali Manlio Cerroni ha registrato alla Camera di commercio italiana 66 società, quasi tutte dedicate allo smaltimento. In diciotto ha quote pari a 64 milioni e 133 mila euro. Il sole Malagrotta, la Città delle industrie ambientali dove farà pagare il biglietto con sprezzo dei cittadini confinanti di Massimina che ne assorbono i miasmi dolciastri, è nato sulla voragine scavata per costruire l’aeroporto di Fiumicino. Nel 1975 Cerroni ci trasportava carcasse di bovini
prelevate dal mattatoio di Testaccio. Attorno al sole è cresciuta una rete satellitare di controllate e partecipate che oggi lo incorona imperatore dell’immondizia globale e lo certifica come uno degli uomini più ricchi d’Italia: due miliardi l’anno è il suo fatturato stimato.
Manlio Cerroni non si è mai quotato né indebitato, non ha una banca di riferimento, non ha mai accettato le
avance
parlamentari. Vive solo di rifiuti, e dalle sue colline controlla la politica. Il vantaggio competitivo « conquistato sul mercato» se lo è preso, però, senza gare d’appalto.
Ogni volta che l’amministrazione aveva un’urgenza — dal 2008 un’emergenza — l’avvocato era lì, pronto a scavare su un terreno appena intercettato. Manlio Cerroni oggi è al centro di quattro diverse inchieste penali convergenti: la procura di Roma gli contesta reati ambientali, traffico illecito di rifiuti, truffa, estorsione, associazione a delinquere. Per l’impianto di Albano Laziale, sette buche tutte sue, è accusato di aver intascato assegni superiori al servizio offerto per 9,2 milioni. Sulla futura discarica di Monti dell’Ortaccio, ancora, avrebbe effettuato scavi di allargamento abusivi. Per il gassificatore di Malagrotta avrebbe dichiarato il falso sulla portata dei depositi d’ossigeno. Sopra tutto, c’è un’indagine
confidential
in mano all’antimafia sui rapporti fra i grandi imprenditori dei rifiuti, Cerroni in testa. Da tutto questo, l’avvocato si sta difendendo alternando otto legali.
I PARTNER-CONCORRENTI
Il 24 giugno 2008 la Regione Lazio ha presentato il progetto per quattro termovalorizzatori dislocati in provincia di Roma: erano tutti targati Cerroni. Nel Lazio esistono, oltre Malagrotta, dieci siti autorizzati e valgono 200 milioni l’anno. Metà degli invasi appartiene a gruppi dell’avvocato. Per l’impianto di riciclaggio di Colfelice la Procura di Frosinone ha sequestrato i contratti tra la Reclas e i Comuni di Frosinone, Alatri e Anagni: l’azienda avrebbe gettato in discarica rifiuti destinati al riciclo. Per organizzare il suo impero Manlio Cerroni
si è circondato di uomini di fiducia a cui, spesso, ha lasciato casini e reati. Con loro, rapporti trentennali, ha costruito un ginepraio di incarichi societari difficile da attraversare: gli stessi notai gli hanno aperto spa in serie, liquidatori di sue controllate sono diventati sindaci e consiglieri in altre. Le aziende a controllo variabile di Cerroni possono essere concorrenti e partner allo stesso tempo. Alcune, capitali miliardari, sono nella disponibilità di società al minimo consentito dalla legge. Il braccio destro dell’avvocato è l’amministratore di Ecologia Viterbo, Bruno Landi, presidente della Regione Lazio da marzo 1983 ad aprile 1984 per conto di Fabrizio Cicchitto (Psi). Negli Anni Ottanta la Sogein di Cerroni — società vivente — ha finanziato tutti i partiti dell’arco costituzionale e Landi è ancora l’anello di congiunzione tra la multinazionale e i salotti politici. A fianco dell’avvocato ottuagenario c’è, poi, Francesco Rando: gli controlla Malagrotta e si è già preso cinque condanne in primo grado di cui tre confermate in Cassazione per aver fatto smaltire rifiuti pericolosi, per rumori molesti, per abusi. Per la discarica madre deve rispondere con altri otto di omicidio colposo. L’ingegner Rosario Carlo Noto La Diega con quote nel consorzio Gesenu e nella Reclas oggi consente all’amico Cerroni di essere maggioranza e imporre le sue politiche ai comuni di Perugia e Frosinone. Ecco, spesso Cerroni si affianca ad aziende pubbliche — a Roma lavora con le municipa-lizzate Ama e Acea — per governarle attraverso patti di sindacato favorevoli. La figlia Monica, va ricordato, risiede in 17 società del babbo.
Con il centrosinistra di sottogoverno Cerroni è cresciuto: Chicco Testa alla guida dell’Acea e Mario Di Carlo all’Ama sono stati presidente e vice della squadra di pallavolo Auselda, di proprietà del nostro. L’Arpa, Agenzia regionale per la protezione ambientale del Lazio, nell’agosto 2008 assunse l’ingegner Fabio Ermolli, già direttore tecnico della Systema Ambiente, società di casa. Oggi Ermolli è chiamato a controllare per conto della Regione la
gestione di Malagrotta. Anche i tecnici della giunta Polverini, formalmente nemica, si sono “accerronati” nel tempo: nell’analisi dei siti della Regione Lazio hanno presentato schede riguardanti Quadro Alto e Pian dell’Olmo copiate dai dossier ufficiali dell’imprenditore, errori di ortografia compresi. Il ministro dell’Ambiente Corrado Clini è arrivato a dire che a Roma i rifiuti — oggettivamente in mano a Manlio Cerroni — sono pure in mano alla malavita. «Bestialità», gli ha risposto l’imprenditore. L’avvocato si è incuneato anche nell’ultimo piano regionale per proporre i suoi terreni, precedentemente opzionati con contratti capestro per i venditori. Monte Carnevale, vicino a Malagrotta, e Monti dell’Ortaccio, a un chilometro da Malagrotta, sono proprietà del signor Cerroni. Pian dell’Olmo, vicino a Riano, è affittato dal signor Cerroni.
I VELENI DEI CASALESI
L’uomo è riuscito ad arrivare anche sulla discarica di Borgo Montello, la quarta d’Italia per grandezza. Per vent’anni, alle porte di Latina, sono stati interrati fusti tossici. Il pentito di camorra Carmine Schiavone ha raccontato: «Sono centinaia, sono arrivati con i camion dei casalesi». I veleni rivelati sono a pochi metri dalle falde d’acqua che alimentano una zona ad alta intensità agricola. L’ex direttore del sito, Achille Cester, ricorda: «Era un Far West, l’invaso S4 galleggiava sul percolato, il resto lo buttavano nel fiume Astura. Il mio compenso per approvare queste operazioni era una notte con due escort». Chi ha cercato di ricostruire la verità su quella collina artificiale, Don Cesare Boschin, è morto incaprettato. Era in canonica. Dalla fine degli Ottanta i cinquanta ettari di Borgo Montello sono stati gestiti dai fratelli Pisante, i padroni del gruppo Acqua spazzati da Tangentopoli. Poi è arrivata la Green Holding, dove due storici avversari, Manlio Cerroni e Giuseppe Grossi, si sono spartiti il tesoro. Negli ultimi 15 anni l’avvocato ha investito sui terreni attorno alla discarica: punta ad allargarla. Non è l’unico. Chi sono gli altri grandi imprenditori? Quali aree controllano?
GLI ALTRI BARONI
Fra i baroni dei rifiuti c’è un deputato leghista quarantenne, Giovanni Fava da Viadana, diploma tecnico commerciale, appena rieletto alla Camera. In portafoglio ha 17 società che si dedicano allo smaltimento. Nell’ultimo
mandato parlamentare è stato a lungo membro della Commissione bicamerale sul ciclo dei rifiuti e attraverso la Palladio Team Fornovo, di cui è consigliere, ha gestito in parallelo la discarica parmense di Monte Ardone, sequestrata dai carabinieri con 230 tonnellate di immondizia
abusiva.
Il ras di Pescara è Rodolfo Di Zio, 71 anni, proprietario della Deco, coinvolto in due inchieste, sotto processo per corruzione e smaltimento illecito. Possiede sei discariche delle sette presenti in Abruzzo, tutte al limite di capienza: gli fruttano un milione al giorno. Con la compiacenza dell’intero Pdl regionale ha frenato la raccolta differenziata, qui al 28 per cento. Ha imposto i suoi invasi e sviluppato la politica dei bruciatori: bioessiccazione di rifiuti Tmb, un affare da 15 milioni. La sua storia è già ascoltata: il privato finanzia un politico in sella che riceve, gli apre le porte delle società pubbliche e offre appalti senza gara. «Sono apolitico, finanzio tutti», ha detto, intercettato. Per le discariche di proprietà è in società con sei enti pubblici e ottanta comuni: decideva lui le tariffe, confezionava gli ordini del giorno per i Consigli comunali, ricordava ai politici distratti il modulo per il finanziamento elettorale. Rodolfo Di Zio i soldi alla politica li dava in chiaro, pretendendo comunque i ritorni.
La procura di Pescara ha individuato gli approdi dei suoi assegni: i senatori Pdl Paolo Tancredi e Fabrizio Di Stefano, il parlamentare europeo Pdl Crescenzio Rivellini, i sindaci di Teramo e Pescara eletti nella tornata del giugno 2009. Per due anni, 250 mila euro. La Deco, proprietaria dei locali della sede regionale del Pdl a Pescara, per mesi non ha chiesto l’affitto. E in un sms recuperato dagli investigatori, il presidente dell’Abruzzo, Giovanni Chiodi, ringraziava Di Zio per l’assunzione del genero del suo segretario. Ma perché oggi un pugno di smaltitori domina la scena?
LA RETE DI RELAZIONI
La scalata dei fratelli Pizzimbone,
viveur
imperiesi con le mani sulle
starlette
d’area e le
discariche dell’occidente ligure (iniziò il padre socialista con il sito di Vercelli), è partita quando il giovane Pierpaolo, favorito del vescovo Tarcisio Bertone, si è allacciato con Marcello Dell’Utri fondando il primo circolo ligure del Buon governo. Lo battezzò nella sede della discarica di Imperia, il primo di trentatré. Con l’acquisizione nella primavera 2004 del gruppo Aimeri, per un breve periodo nell’orbita Cerroni, i
brothers
liguri coprirono centinaia di comuni del Nord. Con il legame politico con Dell’Utri la Biancamano, spa di famiglia, si è allargata al Sud vincendo due maxi-appalti in Sicilia. Sulla vittoria per l’Ato Caltanissetta 2 l’allora sindaco di Gela Rosario Crocetta segnalò la gara vinta in solitudine, con un ribasso d’asta dello 0,1 per cento, alla faccia delle sette aziende concorrenti consorziate in un’associazione anti-racket. Pigi, il più vecchio dei fratelli Pizzimbone, un 14 metri ancorato nel porto di Savona, è stato condannato per false fatturazioni. La discarica Ponticelli di Imperia è sempre in proroga. Nel 2007 la società Biancamano è stata quotata in Borsa, con rapidi spostamenti delle controllanti in Lussemburgo e a Cipro. L’incontro del 2008 tra Gheddafi e Berlusconi aprì le porte al primo affare straniero dei fratelli: l’igienizzazione di Bengasi, appalto da 520 milioni. Lo scorso gennaio l’Aimeri Ambiente, che gestisce il servizio di igiene urbana a Catania, è entrata in un’inchiesta della Direzione antimafia:
27 arresti.
Il presidente del Crotone calcio, Raffaele Vrenna, secondo due procure in stretta relazione con uomini della ‘ndrangheta, è il titolare della più importante discarica in Calabria, la Columbra, di un inceneritore costruito dall’azienda di famiglia Mida e di sei società di raccolta rifiuti. Vrenna è passato alla storia giudiziaria perché, condannato in primo grado per mafia, si è scelto come amministratore dei suoi beni (e dei suoi rifiuti) il procuratore capo della Repubblica Franco Tricoli. La segretaria del procuratore capo, Patrizia Comito, era la moglie dell’imprenditore
dei rifiuti.