Marigia Mangano, Riccardo Sabbatini, il Sole 24 Ore 7/3/2013, 7 marzo 2013
GENERALI, TROVATA L’INTESA TRA CRT E I SOCI VENETI
Si va verso un accordo, probabilmente «a tempo», tra Ferak e la Fondazione Crt sul destino della partecipazione del 2% delle Generali in capo al veicolo Effeti. La prossima settimana è in calendario il consiglio di amministrazione di Effeti. La convocazione è attesa a ore e con ogni probabilità il board dovrebbe tenersi a metà della prossima settimana. L’incontro sarà decisivo per capire come si muoveranno i due partner, ma secondo quanto trapela si andrebbe profilando una soluzione condivisa che prevede la nomina di un rappresentante super partes da indicare nel board di Trieste, il cui consiglio di amministrazione è in scadenza. In altre parole, l’ipotesi della scissione di Effeti e quella del voto disgiunto sarebbero state per il momento accantonate, e salvo colpi di scena si starebbe ragionando sullo status quo.
Nelle ultime settimane sarebbero proseguiti i contatti informali tra la Fondazione Crt e la vicentina Ferak per uscire dalla situazione di stallo in cui si è venuta a trovare Effeti. I rapporti tra i due soci di Effeti (il 49,9% dell’ente torinese e il 50,1% della società vicentina) si sono infatti raffreddati in seguito alla partita per il controllo di Fondiaria Sai che vedeva Palladio in pista per rilevare la compagnia con una offerta alternativa a quella di Unipol schierata con Mediobanca e UniCredit. Questa vicenda aveva creato dissapori tra Torino e Vicenza al punto che si stava ragionando sulla scissione di Effeti. Tale ipotesi, tuttavia, era sinonimo di pesanti minusvalenze in bilancio dato che la partecipazione a Trieste è in carico a 18 euro per azione contro un valore di Borsa di 12,4 euro.
Si è così valutata la strada del voto disgiunto, caldeggiata da Torino: in vista dell’assemblea di aprile delle Generali si potevano designare due delegati, ciascuno con un pacchetto di circa l’1% del Leone, in modo da poter consentire ai due soci di esprimere liberamente il proprio voto. Tale soluzione è stata però respinta da Ferak. Anche perché i due soci avevano preso degli accordi verbali in tema di nomine. Attualmente Effeti esprime un consigliere nel board della compagnia (l’ex segretario generale della Crt Angelo Miglietta) ma l’intesa stipulata al momento della costituzione della società prevedeva che al rinnovo del board di Trieste fosse proposto un rappresentante della cordata veneta. La Fondazione, stando ai patti, dunque, dovrebbe acconsentire a designare un esponente della cordata veneta nella lista di maggioranza che nelle prossime settimane sarà stilata da Mediobanca e dagli altri soci di spicco del Leone.
Il compromesso si sarebbe trovato intorno all’identikit del rappresentante nel board delle Generali: indicato da Ferak, certo, ma gradito alla Fondazione e nella sostanza «super partes». In proposito tra i nomi che è circolato c’è anche il professore Roberto Ruozi, attualmente presidente di Palladio, anche se altre fonti indicano che questa candidatura sarebbe già stata superata. Una sorta di tregua che però nella sostanza non sigilla certo una alleanza, ma guadagna tempo in attesa che le quotazioni del Leone di Trieste si risollevino e si possa così riprendere in considerazione la strada della scissione. Nello specifico, secondo quanto si apprende, il problema contabile è soprattutto in carico a Torino. Ferak, che detiene direttamente l’1,7% di Generali oltre alla quota in Effeti, non avrebbe minusvalenze in quanto la quota sarebbe stata coperta da derivati costruiti negli ultimi anni. Non a caso aveva manifestato la volontà di rilevare il pacchetto in capo a Crt a prezzi di mercato. Per l’ente torinese, invece, vendere a questi prezzi avrebbe significato contabilizzare una minusvalenza di circa 80 milioni.
Marigia Mangano
IL LEONE PRONTO A UN CONSIGLIO PIÙ SNELLO –
Fino a pochi anni fa il board di Generali era affollato di amministratori delegati, il presidente veniva annualmente riconfermato (ad anni alterni gli venivano assegnate deleghe operative) e presentava lui stesso agli azionisti la lista del Cda da nominare. Nel corso del tempo gran parte di queste atipicità sono state rimosse ma non è escluso che altri cambiamenti verranno introdotti nella corporate governance del Leone in occasione del rinnovo delle cariche interne in programma all’assemblea annuale del 30 aprile prossimo. Si sta discutendo, in particolare, se rendere più snello il board, in linea con gli standard internazionali ed anche con le indicazioni di autovalutazione del Cda in scadenza. Tutto ciò potrebbe portare con sé anche l’eliminazione del comitato esecutivo che poco si giustificherebbe in un organismo meno pletorico.
A meno di due mesi dal meeting sono in pieno corso i conciliaboli tra i grandi azionisti (Mediobanca in testa, storico socio di riferimento della compagnia) per definire la nuova squadra nella quale è data per scontata la riconferma di Mario Greco come Ceo e del presidente Gabriele Galateri. Prima ancora dei nomi, però, la riflessione in corso riguarda la dimensione del Cda. Quando il board fu nominato, nel 2010, era composto da 19 amministratori. In questi tre anni, al di là degli avvicendamenti imposti dalle norme sui doppi incarichi, vi sono state diverse dimissioni, alcune imposte (Cesare Geronzi, Giovani Perissinotto), altre volontarie (Leonardo Del Vecchio, Ana Patricia Botin, Diego Della Valle, Sergio Balbinot). Dei 15 rimanenti almeno due non verranno riconfermati nella prossima squadra: Petr Kellner (per lo scioglimento della joint venture tra Generali e la "sua" Ppf) e Paolo Scaroni per aver da tempo annunciato la sua indisponibilità.
Se la composizione fosse fissata in 13 amministratori automaticamente passerebbe a 12 visto che, per statuto, la rappresentanza delle minoranze si ridurrebbe a due membri. E ad uno se il numero degli amministratori non superasse gli 11 membri. Si potrebbe fare di più? Qui iniziano le difficoltà perchè, in aggiunta a Generali, anche gli altri azionisti forti della compagnia (De Agostini, Caltagirone, Effeti) intendono continuare ad essere direttamente rappresentati in consiglio. Una presenza che nell’ultimo triennio si è fatta sentire ed è risultata decisiva nei diversi ribaltoni al vertice del Leone. C’è poi da conciliare la composizione del consiglio con le norme che impongono di nominare almeno un terzo di consiglieri indipendenti e almeno il 20% di quote rosa. È molto probabile che nel nuovo organismo venga riconfermata Paola Sapienza (da parte di Assogestioni) ma, in effetti, la legge affida alla lista di maggioranza il compito di assicurare il rispetto del genere.
In relazione ai nuovi equilibri si deciderà se mantenere l’esecutivo, attualmente composto da 7 consiglieri. A parte il fatto che l’unico esecutivo "vero" nel board è il Ceo Mario Greco, confermare quel comitato in un cda più ristretto finirebbe per sancire una sorta di impropria distinzione tra consiglieri di serie "a" e di serie "b". Anche quella, forse, ha fatto il suo tempo nella governance di Generali.
Riccardo Sabbatini