Marco Palombi, Il Fatto Quotidiano 7/3/2013, 7 marzo 2013
SENZA SOLDI E SENZA POLTRONE, L’UDC PROCESSA CASINI
Analisi del voto e convocazione del congresso. Questo è l’ordine del giorno del Consiglio nazionale dell’Udc che si terrà stamattina a Roma. C’è, però, anche un punto “fuori sacco” che terrà impegnati i quasi duecento membri del parlamentino centrista: processo pubblico ed eventuale crocifissione di Pier Ferdinando Casini, reo di aver avallato la linea che ha condotto l’Unione di centro quasi a scomparire dalle mappe elettorali con i suoi due eletti in Senato, otto alla Camera e l’1,7 per cento dei voti a livello nazionale.
UN TRACOLLO che ha spiacevoli effetti pratici: posti da assegnare e relativi stipendi a questo giro sono pochissimi e quindi molti quadri intermedi dell’Udc cominciano a guardarsi attorno preoccupati. Antonio De Poli, tesoriere del partito e uno dei due eletti a palazzo Madama, ha già messo le cose in chiaro: “Senza i rimborsi elettorali non possiamo nemmeno pagare gli stipendi di chi lavora per noi”. É chiaro che, con premesse come queste, l’appuntamento di stamattina è di quelli assai attesi. La sarabanda, peraltro, è già partita sui territori. In Sicilia, per dire, Giulio Cusumano – capogruppo a Palermo – si è già dimesso da tutte le cariche e invoca “chiarezza” dopo “il risultato disastroso” delle elezioni. Nel Lazio, il suo omologo romano Alessandro Onorato, 33enne passato dal Pd allo scudo crociato, accusa la dirigenza del partito di aver trasformato, accettando la lista unica in Senato e andando da soli alla Camera, “l’Udc in una bad company mentre Scelta Civica diventava la new company” (critica praticamente unanime). Un parlamentare di lungo corso, fino a ieri, come il calabrese Mario Tassone dice che ora bisogna “ricostruire il partito” e si domanda: “Ma che c’entra con noi Monti?”.
E Casini? Un segnale di come vanno le cose gli è arrivato lunedì: il partito in Friuli Vene-zia Giulia ha deciso di togliere il suo nome dal simbolo e sostituirlo con quello della regione. Sic transit gloria mundi. Sono le questioni pratiche, però, quelle che rischiano di travolgerlo. La sua unica speranza è che Monti gli proponga un nuovo grande partito di centro e conceda agli Udc un po’ di posti al sole, ma non tira aria: il premier e quelli di Scelta civica non sono interessati, tanto più che Casini è debole nel suo stesso gruppo e pure il suo rapporto con la famiglia Caltagirone (e relativi poteri economici ed editoriali) è in crisi, raccontano nel mondo centrista. L’ala destra del partito - quella che preferiva andare al voto da sola o cercare l’accordo col Pdl (per non fare che un nome: Rocco Buttiglione, che i montiani volevano addirittura fuori dalle liste) – gli chiederà dunque di farsi da parte a cominciare dal gioco delle “opzioni” per la Camera: Gianpiero D’Alia infatti può, scegliendo una o l’altra tra le circoscrizioni siciliane che l’hanno eletto, far entrare a Montecitorio Ferdinando Adornato, sponsorizzato da Casini ma inviso al partito regionale, o Giovanni Pistorio, transfuga dell’Mpa che almeno ha un suo pacchetto di voti utile per quando si tornerà a votare per la regione o le amministrative. Poi, per Casini, sarà la volta del nome nel simbolo, dei posti di potere e di quelli di lavoro per i collaboratori. Infine ci sarà il congresso, dove l’onda del malcontento rischia però di portare con sé tutta la vecchia guardia. Ancora il romano Onorato: “Abbiamo un segretario e un presidente, Cesa e Buttiglione, che se vanno in tv nel migliore dei casi provocano sonnolenza e irritazione, nel peggiore un’emorragia di voti”. Alla fine “Casini si salverà perché la sua fine sarebbe quella di tutto questo gruppo dirigente”, dice un fedelissimo del leader.