Valerio Cattano, Il Fatto Quotidiano 7/3/2013, 7 marzo 2013
CRISI E FOLLIA A PERUGIA “NE HO FATTE FUORI DUE”
L’America in casa. Quel misto di disagio sociale e problemi personali che diventano miscela esplosiva se a portata di mano c’è un’arma. La scena di ordinaria follia stavolta non si svolge in un campus o nella sede di una multinazionale, ma in una terra della periferia italiana. Perugia, uffici della Regione. Il Broletto, edificio moderno nella zona della stazione. Ore 12,20: Andrea Zampi, 43 anni, imprenditore, entra armato di una semiautomatica calibro 9x21, percorre i corridoi, arriva sino al quarto piano, spalanca la porta di un ufficio trovando Margherita Peccati, 61 anni, e Daniela Crispolti, 47 anni. Zampi spara contro le due impiegate diversi colpi, torna in corridoio urlando: “Mi avete rovinato, ne ho fatte fuori già due...”, poi entra in una sala attigua e si uccide. Non è stato un raptus, ma una azione pianificata: la pistola era stata comprata di recente nonostante il porto d’armi “sportivo” fosse stato ottenuto ben sei mesi addietro. Ai genitori, con cui viveva in una residenza alle porte della città, ha dedicato gli ultimi messaggi con contenuti religiosi, lasciando pure un “dossier” contro i dipendenti pubblici e il “sistema” che lo aveva messo in ginocchio. Il dramma nel dramma: Crispolti era a sua volta una “vittima” dell’incertezza sociale di questi tempi: aveva un contratto da precaria (co.co.co).
Per Zampi impossibile accettare il finanziamento non ottenuto riguardante l’agenzia di formazione nel campo della moda che l’autore del duplice omicidio gestiva con i genitori. È questa la prima ipotesi per decifrare – per quanto possibile – cosa lo abbia spinto a un gesto così violento ed estremo. Ricostruzione in parte smentita dal presidente della Regione Catiuscia Marini: “Non esiste atto riguardante questa persona e la sua agenzia connessa a finanziamenti pubblici regionali; credo che il profilo sia più di natura psichiatrica che di natura socio-economica. Questo ufficio della Regione si occupa solo delle procedure amministrative e l’agenzia della persona che ha commesso l’omicidio era un’agenzia formativa accreditata. Lui si stava recando agli uffici per verificare questioni riguardanti le procedure di accreditamento, tanto che alla vigilanza ha chiesto dove trovare gli uffici competenti, quindi neanche sapendo bene dove si doveva recare”.
SOLO FOLLIA? Eppure nel dicembre dello scorso anno Andrea Zampi aveva manifestato in modo pubblico il suo disagio: “Sono finito”. Lo aveva detto durante una intervista agli studenti della scuola di giornalismo Rai di Perugia che stavano realizzando una piccola inchiesta su corsi di formazione e finanziamenti. Zampi era apparso molto lucido nella sua disamina, e assai contrariato nei confronti della burocrazia: “Mi mancavano tre cartellini, libretto di fumo, macchine in movimento, una cavolata... mi hanno tolto un accreditamento e di conseguenza i 160 mila euro di finanziamento approvato”. L’allievo della scuola di giornalismo aveva chiosato: “Potremmo dire: una bella botta”, ma Zampi aveva sgombrato il campo da ogni dubbio: “No, io sono finito. Come ben sapete, qui la politica comanda tutto... Da quando è successa questa cosa… io non sono stato più bene...”. Uno stato di prostrazione e di sofferenza che è aumentato con il passare delle settimane, anche se la polizia avrebbe accertato che le crisi di nervi gravi risalivano a parecchio tempo prima e non erano state registrate di recente in uffici sanitari. L’imprenditore si era recato altre volte negli uffici regionali per conoscere l’esito della sua pratica. Il risultato non positivo lo ha “convinto” che la soluzione stava in una forma di “giustizia privata”. Zampi continuava a mantenere un porto d’armi “sportivo”, ovvero un permesso che serve per sparare nei poligoni, e che impone il trasporto dell’arma scarica, si tratti di pistola o fucile, da casa all’area di tiro: solo in quel luogo specifico aveva il permesso di caricarla.
IERI MATTINA invece, Zampi ha riempito di proiettili il serbatoio della sua 9x21 con un intento preciso. Farla pagare a qualcuno. Alle 12,20 è entrato al Broletto. Alcuni testimoni hanno raccontato a poliziotti e carabinieri che Zampi ha iniziato ad urlare nei corridoi “Vi ammazzo tutti, mi avete rovinato . È colpa dei comunisti e della mafia...”. Diversi i colpi che sono stati esplosi; gli impiegati si sono buttati sotto i tavoli o si sono chiusi nei bagni. Zampi è entrato nell’ufficio dove si trovavano Margherita e Daniela. Gli spari. La morte. Sul tavolo di una delle vittime ha lasciato alcuni messaggi con delle preghiere, in uno vi era scritto “Gloria a Dio”. Ancora un testimone ha raccontato agli investigatori che avrebbe sentito pronunciare a Zampi poche parole: “Dio dammi la forza”. L’ultimo botto, poi più nulla. Quando gli agenti e i militari dell’Arma sono entrati negli uffici regionali, si sono trovati dinanzi una scena di guerra: volti tirati, lacrime, sangue, due donne uccise, l’assassino in una stanza vicina a quella delle vittime, anche lui senza vita. Oggi a Perugia è lutto cittadino.
DANIELA, 46 ANNI: CO.CO.CO UNA VITA DA PRECARIA –
Daniela Crispolti, 46 anni, era più vicina al suo assassino di quel che lui potesse immaginare. Daniela non aveva affatto uno stipendio “sicuro”, non era un alto funzionario con una carriera blindata, non era un burocrate di alto livello, ma faceva parte di quell’enorme esercito di precari che con contratti co.co.co tentano di andare avanti, di costruirsi un futuro per quanto incerto ed instabile, con una paga che spesso non supera i 1000 euro al mese.
Daniela Crispolti era originaria di Todi, tuttavia viveva a Perugia – dove si era laureata in Scienze politiche con indirizzo politico-economico – ormai da parecchi anni. Il motivo del suo trasferimento, come spesso accade, era proprio legato alla professione.
Aveva preferito vivere vicino all’ufficio dove prestava servizio, seppur il suo stato di precaria l’avrebbe legittimata a fare il contrario: non si intravedeva infatti un passaggio al “tempo indeterminato”. Nel suo profilo professionale su Linkedin Daniela si presentava come “Esperto in programmazione politiche formative e del lavoro; accreditamento dei sistemi di formazione”. Nel suo curriculum altri rapporti professionali con Isfol e l’agenzia Ernst & Young, sempre nel ruolo di consulente.
I genitori, entrambi pensionati, erano rimasti a vivere nella frazione di Todi di Pian di Porto. La vittima aveva anche un fratello. Todi è rimasta sconvolta dalla morte violenta della propria concittadina. “Un gesto d’odio – lo ha definito il sindaco Carlo Rossini – verso le istituzioni pubbliche, pagato da due persone innocenti, dalle loro famiglie, dalle comunità a loro legate. Todi è duramente colpita per la morte di Daniela Crispolti. A nome dell’amministrazione comunale e della Città di Todi, esprimo profondo cordoglio per le vittime”.
MARGHERITA, 61 ANNI, SOGNAVA LA PENSIONE –
Ci sono due vittime barbarizzate da questa follia omicida, una era la funzionaria responsabile del servizio che era molto materna e disponibile, sempre pronta al dialogo, per questo era stata messa alla funzione di sportello”. Così la presidente della Regione Umbria, Catiuscia Marini, ricorda Margherita Peccati, 61 anni, la funzionaria uccisa ieri mattina. Intravedeva la possibilità di andare in pensione, un “lusso” che probabilmente sarà stato anche oggetto di battute fra colleghi.
NESSUNO si sarebbe immaginato che Margherita Peccati sarebbe stata abbattuta da una pistolettata proprio in quegli uffici dove aveva costruito la sua carriera. Il funzionario viveva a Trestina, frazione di Città di Castello. Nel suo paese Margherita era conosciuta per il suo buon carattere; era originaria di Montone, dopo il matrimonio si era trasferita ad Umbertide, poi a Trestina. Era sposata con Giovanni Vitellozzi , 62 anni, veterinario conosciuto in quei luoghi, e aveva un figlio, Paolo di 34 anni. Ancora la presidente Marini ha sottolineato come Margherita Peccati, assieme all’altra vittma, Daniela Crispolti fossero “due lavoratrici esemplari a favore della nostra comunità”.
Ed ancora: “I colleghi delle due vittime, il personale dell’ente e i dirigenti, le persone che più erano abituate a lavorare con loro, sanno che Margherita Peccati era, per sue caratteristiche anche umane e professionali, una persona molto materna e molto abituata a dare risposte e ad aiutare anche nella costruzione delle pratiche a volte complesse delle procedure di accreditamento. Personale quindi che aveva anche carattere umano e di grande collaborazione”.
Unanimi anche le testimonianze degli altri impiegati, uno di loro, ricostruendo le fasi del duplice omicidio ha ribadito ai cronisti : “Le colleghe stavano in sala riunioni, non c’entravano niente...”.