RENATO MANNHEIMER,CORRIERE DELLA SERA 7(3/2013, 7 marzo 2013
APPUNTI PER GAZZETTA - GRILLO STRAPARLA
Grillo di nuovo all’attacco dei talk show dei giornalisti italiani. Il tutto mandando un ben preciso messaggio ai suoi, dopo alcune apparizioni di esponenti del Movimento Cinque Stelle in trasmissioni televisive, da ultima quella di Alfonso Bonafede a «Otto e mezzo». «Grillo non andrà da Monti ma andrà da Napolitano», ha azzardato mercoledì sera Bonafade.
LA CITAZIONE A ZANNA BIANCA - E potrebbe essere stata questa frase a irritare il leader. Proprio come è considerata «morbosa» l’attenzione mediatica in questi giorni riservata a lui, Gianroberto Casaleggio e agli esponenti del Movimento: «Nel libro di Jack London Zanna bianca una lupa attrae ogni notte un cane da slitta nella foresta. Chi cede al richiamo viene condotto lontano dal fuoco e divorato da un branco di lupi appostati in attesa nella neve», scrive Grillo sul suo blog. E la metafora si riferisce ai conduttori televisivi: «Dipendenti a tempo pieno di pdl e pdmenoelle» che userebbero una tecnica simile. Spiega poi il leader del Movimento Cinque Stelle: «Il loro obiettivo è, con voce suadente, sbranare pubblicamente ogni simpatizzante o eletto del M5S e dimostrare al pubblico a casa che l’intervistato è, nell’ordine, ignorante, impreparato, fuori dalla realtà, sbracato, ingenuo, incapace di intendere e di volere, inaffidabile, incompetente. Oppure va dimostrato il teorema che l’intervistato è vicino al pdmenoelle, governativo, ribelle alla linea sconclusionata di Grillo, assennato, bersaniano»
ATTENTI AI LUPI - Poi l’affondo, contro i giornalisti televisivi, nella stessa giornata in cui viene denunciata da parte dei Cinque Stelle la partecipazione di un falso attivista alla trasmissione di Barbara D’Urso per screditare il movimento: «In entrambi i casi, il conduttore si succhia come un ghiacciolo il movimentista a cinque stelle, vero o presunto (più spesso presunto), lo mastica come una gomma americana e poi lo sputa, soddisfatto del suo lavoro di sputtanamento. È pagato per quello dai partiti». Infine, dopo aver proposto una televisione pubblica slegata dai partiti, in chiusura del suo post Grillo ricorda che «sono stati eletti dai gruppi parlamentari del M5S per i prossimi tre mesi due capigruppo/portavoce, Roberta Lombardi per la Camera, e Vito Crimi per il Senato. Loro sono stati titolati a parlare dopo aver discusso e condiviso i contenuti con i componenti del gruppo.
CON LA STAMPA ESTERA - E mentre tuona contro i media italiani, Grillo continua a parlare con la stampa estera: «Se falliamo, ci sarà la violenza nelle strade. Metà della popolazione non ne può più», ha dichiarato in un’intervista rilasciata al settimanale Time nella sua casa in Toscana, parlando della responsabilità di cui è oggi investito il suo movimento. Al settimanale americano svela anche la sua visione: «Noi vogliamo il 100% del parlamento, non il 20% o il 25% o il 30%. Quando il movimento raggiungerà il 100%, quando i cittadini diventeranno lo Stato, il movimento non avrà più bisogno di esistere. L’obiettivo è di scioglierci». E alla domanda «Cosa le piace meno, tra partiti e media?», Beppe Grillo ha risposto senza esitazione: «I peggiori sono i media. Forse - concede il guru 5 Stelle - i quotidiani locali sono a posto, ma - accusa - quelli che formano la pubblica opinione, sette televisioni e tre quotidiani, fanno parte del sistema».
LA REPLICA DI BERSANI - Da parte sua il segretario del Pd nel corso di una conferenza stampa ha invitato Grillo a prendersi le sue responsabilità: «Io non inseguo Grillo in tutte le dichiarazioni, non ho intenzione di replicare né agli insulti né alle considerazioni. Io ho in testa il mio paese». Poi sull’intervista rilasciata al Time dal portavoce Cinque Stelle Bersani lo ha invitato a ragionare: «È difficile dire chi accende le micce. Io so che c’è un’enorme tensione in questo Paese, ci sono tante situazioni al limite e ci vorrebbe grande senso di responsabilità, non bisognerebbe evocare niente di questo».
Marta Serafini
Bufera tra i sostenitori del Movimento Cinque stelle dopo la diffusione in Italia dell’intervista concessa da Beppe Grillo al giornale americano Time. Secondo i simpatizzanti del movimento attivi sulla rete, l’interpretazione data da gran parte della stampa italiana (a cominciare dalle agenzie di stampa) al passo dell’intervista in cui Grillo parla di violenza sarebbe faziosa e di parte. In particolare è finito sotto accusa il titolo di Corriere.it: «Se falliamo noi, violenza in strada». Il titolo del nostro sito è stato citato e contestato anche da Stephan Faris, l’autore dell’intervista a Time, nella precisazione pubblicata solo sul blog di Grillo direttamente in italiano e poi ripresa dalle agenzie di stampa. Faris ha anche twittato il suo disaccordo con il titolo di Corriere.it (GUARDA).
«FUORI CONTESTO» - Ecco il testo integrale della dichiarazione di Faris, così come è riportata sul blog di Grillo (manca il testo originale): «"E se falliamo noi violenza in strada" del Corriere.it è una citazione fuori contesto. Grillo è stato chiaro: lui vede se stesso come un’alternativa alla violenza. Giusto per essere chiari, in nessun passo dell’intervista con il Time Grillo ha minacciato che ci sarebbero state violenze. Anzi, stava chiarendo che nella sua visione il M5S previene la violenza incanalando la rabbia del Paese all’interno del dibattito democratico. Il Corriere avrebbe dovuto avere l’attenzione di inserire la frase nel contesto originale, sembra più il prodotto di negligenza e ricerca di sensazionalismo che un deliberato e improprio uso».
IL TESTO - Per maggiore chiarezza, riportiamo il brano dell’intervista (leggibile per intero qui) da cui è stato tratto il titolo di Corriere.it, in modo che sia possibile esprimere un giudizio più motivato: «I channel all this rage into this movement of people, who then go and govern. They should be thanking us one by one. If we fail, [Italy] is headed for violence in the streets» (Io ho incanalato tutta questa rabbia in questo movimento di popolo, che poi va e governa. Ci dovrebbero ringraziare uno per uno. Se noi falliamo, (l’Italia) è destinata alla violenza nelle strade). Traduzione letterale.
P. Ra.
NAPOLITANO E LA NEBBIA
«Io farò quel che debbo fino all’ultimo giorno del mio mandato»
Napolitano: «Nella nebbia si fa fatica»
Il capo dello Stato: «Che sia faro o no, certe volte si fa fatica nella nebbia ma io cerco di fare del mio meglio»
Il momento politico è difficile. Lo ricorda ancora una volta il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano intervenendo al ricordo di Rita Levi Montalcini presso l’Accademia dei Lincei: «Che sia faro o sia una luce normale, umana certe volte si fa fatica nella nebbia ma io cerco di fare del mio meglio».
DOVERE - «Alla vigilia della conclusione del mio mandato ha aggiunto Napolitano - voglio sottolineare come la conclusione corrisponda pienamente alla concezione che i padri costituenti ebbero della figura del presidente della Repubblica. Io farò quel che debbo fino all’ultimo giorno del mio mandato». Napolitano, oltre a ricordare come i padri costituenti disegnarono il già lungo settennato al Quirinale, ha aggiunto che ciò corrisponde bene anche «alla continuità delle nostre istituzioni ed anche - ha osservato - anche alla legge del succedersi delle generazioni».
IL SONDAGGIO DI MANNHEIMER
Il risultato delle elezioni ha sorpreso larga parte del mondo politico e dei cittadini. E ha comportato, sin qui, una vera e propria impasse istituzionale. Il Pd ha proposto una sorta di intesa con il Movimento 5 Stelle, ma quest’ultimo ha dichiarato di respingerla. Il Pdl propone un governo di unità nazionale con il Pd, ma il partito di Bersani lo esclude. Non rimarrebbe che l’ipotesi di nuove elezioni, respinta però dalla maggior parte della popolazione e anche da quasi tutte le forze politiche. L’unica componente che sembra vedere con favore l’ipotesi di votare a breve è il Movimento 5 Stelle. Grillo ha infatti dichiarato di puntare a un successo ancora maggiore in una prossima consultazione, che «mandi a casa» le forze politiche tradizionali e apra la prospettiva di un governo guidato dal M5S.
Nessuno sa se uno scenario del genere possa trovare riscontro nella realtà. Ma, certo, gli studi sulle intenzioni di voto condotti negli ultimi giorni (quello che pubblichiamo è stato realizzato ieri) mostrano una ulteriore crescita (di più del 3%) degli elettori che dichiarano di voler optare per il partito di Grillo, che lo porta a sfiorare il 29%. Un risultato simile è stato presentato anche da Ipsos che dà una valutazione ancora superiore al seguito del M5S, stimandolo al 29,4%.
Va detto che la tendenza all’accentuazione delle intenzioni di voto per il partito vincitore delle elezioni nei sondaggi immediatamente successivi a queste ultime costituisce un fenomeno consueto e noto: gli studiosi americani lo hanno definito «bandwagon» che corrisponde pressappoco a «salire sul carro del vincitore». Resta il fatto però che l’ulteriore crescita del M5S costituisce una conferma della popolarità di Grillo nel Paese e della persistente avversione (talvolta rabbia o disprezzo) di una larga parte della popolazione verso i partiti tradizionali.
L’avanzata del M5S va a scapito di larga parte delle restanti forze politiche. Sono colpiti particolarmente Rivoluzione civile (che cala di quasi l’1%), la Lista Monti e le altre formazioni di centro, ma anche Fratelli d’Italia e, in misura minore, lo stesso Pdl. Calano anche diverse altre forze di più modesta entità, sia nel centrodestra, sia nel centrosinistra.
Oltre al movimento di Grillo, l’unico partito che fa registrare un incremento relativamente significativo (poco più dell’1%) è il Pd, che si colloca oggi tra il 26 e il 27%. È questa crescita che permette alla coalizione di centrosinistra (che subisce invece un’erosione dei voti per Centro democratico) di mantenere grossomodo invariata la propria forza, superando l’insieme della coalizione di centrodestra, che, viceversa, subisce un decremento complessivo di poco meno del 2%. Quest’ultima coalizione viene così superata dal M5S, ciò che non era avvenuto alle Politiche. C’è da notare infine che, sulla base dei dati rilevati, la coalizione di Monti non sembrerebbe superare il 10%. Ma il margine di approssimazione insito nei sondaggi suggerisce un’ulteriore verifica di questo risultato. Non è detto, naturalmente, che il quadro sin qui delineato verrebbe necessariamente riprodotto in caso di elezioni «vere». La campagna elettorale, infatti, potrebbe orientare in un modo o nell’altro le scelte dei votanti. Ma l’ulteriore incremento dei consensi, sia pure virtuali, per Grillo costituisce un altro monito a tutte le forze politiche.
C’è ancora un futuro per Fli. Nonostante il flop elettorale del nuovo soggetto politico nato due anni fa per volontà di Gianfranco Fini (alla Camera, dove era alleato con la «Scelta civica» di Monti, Fli ha preso appena lo 0.46% e zero deputati), la Direzione del partito alla fine ha deciso di non staccare la spina a Fli. Futuro e libertà dunque va avanti. La notizia è arrivata dopo quattro ore di discussione e un dibattito aperto, nella mattinata di giovedì, dallo stesso Fini che si sarebbe comunque assunto tutte le responsabilità per il deludente exploit elettorale.
FINI E CASINI (CORRIERE.IT)
IL «MEA CULPA» DI FINI - «È inutile dare la colpa a Tizio e Caio, la responsabilità è mia», ha detto l’ex presidente della Camera - secondo quanto riferito da alcuni fonti - parlando ai dirigenti di Fli. Il «mea culpa» di Gianfranco Fini è stato apprezzato dal partitoe qualcuno lo ha definito un gesto «da gran signore». «Non servono capri espiatori, e puntare il dito su quest’uomo o su quello su questo o quell’errore organizzativo non basta a spiegare un risultato che è stato, alla fine, una catastrofe» ha detto Fini che poi avrebbe sottolineato di «non essere un uomo per tutte le stagioni».
UN NUOVO PROGETTO POLITICO - Resta il nodo politico sul futuro di Fli, di fatto annientato dalla batosta elettorale che ha travolto il «terzo polo». In direzione, volutamente, Fini non avrebbe presentato soluzioni già pronte ma avrebbe lanciato un messaggio per una seria riflessione: quale è il progetto politico con cui ripartire? E questo, poi, come e dove, visto che Fli è fuori dal Parlamento? . «La Direzione di Futuro e libertà ha giudicato il risultato elettorale completamente negativo. Esso ha chiuso una fase ma non pone fine ad un impegno politico - ha precisato Fli in un comunicato diffuso nella serata di giovedì -Tutto dovrà essere rapidamente azzerato in termini organizzativi perchè la responsabilità dell’insuccesso, nobilmente assunta in prima persona dall’onorevole Fini, grava sul l’intera classe dirigente». «I valori non negoziabili che furono alla base della nascita di Fli restano comunque validi - si legge ancora nel comunicato - ma dovranno essere interpretati con un nuovo e più ampio coinvolgimento di tutti coloro che in essi si riconoscono, quale che sia il voto che hanno espresso il 24 e 25 febbraio». La direzione del partito spiega che si apre a questo punto «una stagione costituente di approfondimento culturale e programmatico, per disegnare il profilo di una destra repubblicana e legalitaria, costituzionale ed europea, che sappia parlare al cuore degli italiani». Nelle prossime settimane sarà quindi avviato, «con tutte le forme partecipative possibili», un ampio confronto che si concluderà con una «Assemblea di fondazione che vedrà protagonista una nuova generazione e un nuovo gruppo dirigente».
L’ADDIO DI CASINI ALL’UDC - Tra gli alleati le cose non vanno certo meglio. Dopo dieci anni di matrimonio, Pier Ferdinando Casini ha lasciato l’Udc. Anche per l’unione centrista le elezioni sono state una debacle: 1,78% dei voti e 8 deputati. L’addio di Casini al partito è arrivato con una lettera, indirizzata al presidente del partito Rocco Buttiglione, il giorno in cui a Roma si è svolto il consiglio dell’Udc, a cui Casini non ha partecipato. Davanti «all’amarissimo risultato» delle urne - ha spiegato Casini - non resta che ammettere che «una stagione è stata chiusa». «Le ragioni della mia assenza - spiega Casini- siano comprensibili per tutti voi: è necessario che il dibattito del consiglio nazionale sia scevro da ogni condizionamento personale e da ogni riguardo anche nei miei confronti». Casini sottolinea quindi di avere «dedicato al partito ogni energia con convinzione e passione» e invita l’Udc «a giudicare se i risultati, nel corso di questi dieci anni, siano stati all’altezza delle aspettative».
«COME SCHETTINO» - La decisione di Casini non è stata apprezzata dentro il partito. Come in ogni divorzio che si rispetti, anche qui la separazione si è accompagnata a lacrime e veleni. Le prime sono state di Buttiglione e Cesa, commossi mentre leggono la missiva del leader. Poi sono arrivati i commenti della fronda «tassoniana», una ventina di delegati critici con i vertici del partito, che trovano il loro portavoce in Mario Tassone. Sono loro, a metà giornata, a dar voce a un malcontento diffuso ma largamente taciuto: «Casini sta facendo come Schettino, abbandona la nave prima che affondi». «Per me prima di tutto viene l’amicizia- ha detto invece con amarezza Lorenzo Cesa al termine della giornata- poi la politica. Sono sicuro che ritroveremo Pier in Parlamento, dove avrà un ruolo importante». Lui, Cesa, per ora resta in sella: porterà il partito a congresso entro aprile.
Redazione Online
blog di grillo
Nel libro di Jack London "Zanna bianca" una lupa attrae ogni notte un cane da slitta nella foresta. Chi cede al richiamo viene condotto lontano dal fuoco e divorato da un branco di lupi appostati in attesa nella neve. Nel dopo elezioni la tecnica dei conduttori televisivi, dipendenti a tempo pieno di pdl e pdmenoelle, è simile. Il loro obiettivo è, con voce suadente, sbranare pubblicamente ogni simpatizzante o eletto del M5S e dimostrare al pubblico a casa che l’intervistato è, nell’ordine, ignorante, impreparato, fuori dalla realtà, sbracato, ingenuo, incapace di intendere e di volere, inaffidabile, incompetente. Oppure va dimostrato il teorema che l’intervistato è vicino al pdmenoelle, governativo, ribelle alla linea sconclusionata di Grillo, assennato, bersaniano. In entrambi i casi, il conduttore si succhia come un ghiacciolo il movimentista a cinque stelle, vero o presunto (più spesso presunto), lo mastica come una gomma americana e poi lo sputa, soddisfatto del suo lavoro di sputtanamento. E’ pagato per quello dai partiti.
L’accanimento delle televisioni nei confronti del M5S ha raggiunto limiti mai visti nella storia repubblicana, è qualcosa di sconvolgente, di morboso, di malato, di mostruoso, che sta sfuggendo forse al controllo dei mandanti, come si è visto nel folle assalto all’albergo Universo a Roma dove si sono incontrati lunedì scorso i neo parlamentari del M5S. Scene da delirio. Questa non è più informazione, ma una forma di vilipendio continuato, di diffamazione, di attacco, anche fisico, a una nuova forza politica incorrotta e pacifica. Le televisioni sono in mano ai partiti, questa è un’anomalia da rimuovere al più presto. Le Sette Sorellastre televisive non fanno informazione, ma propaganda. E’ indispensabile creare una sola televisione pubblica, senza alcun legame con i partiti e con la politica e senza pubblicità. Le due rimanenti possono essere vendute al mercato. E’ necessario rivedere anche i contratti di concessione per le televisioni private e definire un codice deontologico al quale devono attenersi. Lunedi sono stati eletti dai gruppi parlamentari del M5S per i prossimi tre mesi due capigruppo/portavoce, Roberta Lombardi per la Camera, e Vito Crimi per il Senato. Loro sono stati titolati a parlare dopo aver discusso e condiviso i contenuti con i componenti del gruppo. Attenti ai lupi!