Massimo Novelli, la Repubblica 7/3/2013, 7 marzo 2013
ADA E PIERO
Era un novembre mite e chiaro, di «calda luce». La località è sconosciuta, ma si tratta certamente di un posto di mare, probabilmente sulla Riviera Ligure, forse Varigotti. Anche l’anno non è noto, però dovrebbe essere il 1932 se Ada Prospero Gobetti, nata nel 1902, scrive: «Se la vita non mi avesse ridotta a trent’anni così disperatamente vecchia e sola, [...] oggi vorrei fabbricare, per la mia gioia, qualche impossibile sogno». Sei anni dopo la morte di suo marito Piero Gobetti, l’intellettuale antifascista spentosi in esilio a Parigi il 15 febbraio del 1926, Ada esprime il desiderio di ricominciare a vivere e di «schiudersi alla soavità del dare».
Non sta dimenticando Piero. Anzi: avendone introiettata la grande lezione umana, morale e culturale, con quella forza dentro ha deciso di accettare il suo destino, sbozzando se stessa. Furono una scelta, una consapevo-lezza, un’uscita non semplice dall’ombra di Piero. Solo nel 1937 si risposerà con Ettore Marchesini. Dal dolore nasce però una donna nuova. Lo testimonia bene questo frammento dei suoi diari pubblicato qui accanto, che per la prima volta viene reso noto e che riproduciamo grazie a Pina Impagliazzo e a Pietro Polito, direttore del Centro studi Piero Gobetti di Torino in cui sono custodite le carte di Ada e di Piero.
All’Ada Gobetti ancora pressoché sconosciuta, al pensiero e al percorso autonomo di scrittrice (da Diario partigiano a Storia del gallo Sebastiano) e di traduttrice, di educatrice, di antifascista, di protagonista della vita politica e sociale (fu il primo vicesindaco di Torino nella giunta della Liberazione, fondò Il Giornale dei Genitori), sono dedicate le giornate torinesi promosse, dall’8 al 23 marzo, dal Centro studi Gobetti, dall’Associazione culturale Incisione e Disegno e dal Centro studi e documentazione del pensiero femminile. Un omaggio, una volontà di scoperta e di rivalutazione, che passano attraverso una mostra, un convegno (l’8 marzo) a Palazzo Lascaris dal titolo “Ada e le altre: legami femminili tra educazione e valore della differenza”, un seminario e la proiezione di un documentario di Andrea Gobetti, il nipote di questa donna straordinaria morta nel marzo del 1968.
Come spiegano Angela Arceri, Romina Capello ed Emiliana Losma, giovani ricercatrici impegnate a fare riemergere la figura della compagna dell’autore de La rivoluzione liberale, «dall’esame di tutto il materiale fino a noi giunto, si è riusciti a delineare un quadro esaustivo della personalità e del pensiero di Ada, una donna che ha dato un notevole impulso e solide basi per un nuovo modo di pensare l’educazione dei ragazzi e anche per l’emancipazione delle donne».
Ada aveva conosciuto Piero quando era una ragazzina. Abitavano nello stesso palazzo del centro di Torino, frequentavano il medesimo liceo classico, il Gioberti. Piero era più vecchio di un anno. Eppure, appena diciassettenne, aveva già fondato Energie Nove, il suo primo giornale, filiazione de L’Unità di Gaetano Salvemini, al quale Ada aveva cominciato a collaborare. L’ammirazione per l’intellettuale si era presto trasformata in amore. Si sposarono nel gennaio del 1923, novant’anni fa. Tuttavia, come avrebbe scritto lei nel diario di quei giorni del ’26, Piero era destinato ad avere una «breve esistenza». Perseguitato e bastonato dai fascisti, e messo nell’impossibilità di lavorare per le perquisizioni, per i continui sequestri delle sue riviste, espatriò. Partì da Torino per Parigi il 6 febbraio. Sul treno, dopo avere salutato Ada e il figlio Paolo, nato pochi giorni prima, scrisse: «Io sento che i miei avi hanno avuto questo destino di sofferenza, di umiltà: sono stati incatenati a questa terra che maledirono e che pure fu loro ultima tenerezza e debolezza».
Piero Gobetti si ammalò subito di una grave bronchite. Poi tutto precipitò. Verso la mezzanotte del 15 febbraio morì nella stanza di un albergo di rue des Ecoles. Chi informò Ada di quanto era accaduto? Anche in questo caso, dal giacimento prezioso del Centro studi Gobetti è emersa della documentazione finora inedita. Spiega il direttore Polito: «Abbiamo trovato un telegramma che Giacomo Prospero, il padre di Ada, mandò alla moglie Olimpia da Parigi, dove era accorso al capezzale di Piero. Lo presenteremo con altre carte proprio a Parigi, il 25 aprile, durante un convegno dedicato agli ultimi giorni di vita di Gobetti. Non si era mai saputo che Giacomo Prospero fosse andato ad assistere Piero». In quel biglietto Prospero disse alla moglie di dare la notizia ad Ada con delicatezza. Nel diario del ’26, pubblicato per Einaudi da Ersilia Alessandrone Perona nel volume Nella tua breve esistenza, alla data del 16 febbraio lei scrisse: «Non è possibile. Non deve essere possibile. Non pensare, non pensare, non impazzire». Nelle pagine del ’32, accettato il dolore, ma non cancellato, ve ne sarà un’eco: «Non piango: non debbo pensare a nulla. Domani sarà come oggi. E un altro giorno ancora. Nulla oltre questo, nulla di diverso da questo. Non chiedo perché. Non mi ribello».