Stefano Bartezzaghi, la Repubblica 7/3/2013, 7 marzo 2013
GRILLISMO
Un -ismo salta sempre fuori. Neppure Antonio Di Pietro riuscì a scongiurarlo quando, agli albori del suo impegno politico, fece una tonante campagna contro tutti gli -ismi. La nascita del dipietrismo ne conseguì prontamente. Con il grillismo è lo stesso. Non si sa ancora bene cosa ci sia dentro alla scatola, o stia per finirci; ma l’etichetta è bell’e pronta, e da tempo. La voce è un lemma del dizionario Treccani dei Neologismi (2008), di Giovanni Adamo e Valeria Della Valle, tra grillante, grilleggiare, grillesco, grilliano, grillino, grillista, Grillo-boy, grilloidee persino grillonauta: le parolesatelliti in orbita attorno al pianeta-nome proprio. Grillismo, in particolare, l’avrebbe coniata nel settembre del 2007, un collaudato onomaturgo: Giovanni Sartori.
La desinenza -ismo è sempre sgradita a chi è di turno per farne da radice. Aggiunge banalità, annacquamento, maniera all’unicità del nome proprio, che qui è oltretutto cosparso di luccicanti gibigianne che rinviano graziosamente alla natura, a Pinocchio, a una petulante ma a suo modo autorevole, e mimetica e collettiva, esiguità. È Grillo, lo conosciamo già. Variante pronunciabile del casaleggismo, il grillismo ha ancora da conoscerlo persino lui, Grillo, con i suoi compartecipi.