Elena Dusi, la Repubblica 7/3/2013, 7 marzo 2013
ECCO L’IDENTIKIT DEL BOSONE DI HIGGS LA PARTICELLA DI DIO HA CINQUE VOLTI
Ma che volto ha il bosone di Higgs? Come in una danza dei sette veli, la particella concede a poco a poco i suoi segreti. Rispetto all’annuncio della scoperta — il 4 luglio 2012 al Cern di Ginevra — i fisici hanno raccolto il triplo dei dati. E ieri in una conferenza a La Thuile, vicino Aosta, hanno tracciato un identikit dai contorni meno fluttuanti ma non ancora privo di misteri.
Una cosa è certa: quello creato dall’Lhc — l’acceleratore di particelle più potente del mondo — è il bosone di Higgs. I fisici hanno cancellato i condizionali e il primo velo è caduto. Peter Higgs, il timido fisico inglese che nel 1964 teorizzò la sua esistenza, si avvia prevedibilmente verso il Nobel. Il puzzle delle 17 particelle fondamentali che compongono la materia a noi nota ha trovato il suo ultimo pezzo.
Da qui in avanti il terreno si fa meno solido. «Quello che abbiamo osservato potrebbe essere uno dei possibili bosoni di Higgs» suggerisce Sergio Bertolucci, direttore della ricerca al Cern. Come in un gioco di specchi, l’Higgs potrebbe presentarsi con identità plurime (fino a cinque). E la caccia al “latitante” che diamo per conclusa potrebbe essere solo all’inizio. La “moltiplicazione degli Higgs” è possibile grazie alla teoria della supersimmetria, secondo cui ogni particella ha una o più compagne rimaste finora ignote. Si spiegherebbe così perché il 96% dell’universo — suddiviso in materia ed energia oscura — è totalmente invisibile. Per penetrare nel regno della supersimmetria servirebbe però un varco. Un dettaglio inaspettato del bosone potrebbe suggerirne l’esistenza, ma finora la particella non ha offerto appigli o stranezze. «Speravamo di vedere segnali in disaccordo con le teorie attuali» spiega Gian Francesco Giudice, fisico teorico del Cern. «Invece tutte le caratteristiche dell’Higgs sono in linea con le previsioni. Questo non ci aiuta ad aprire nuovi sentieri».
Una sorpresa potrebbe ancora annidarsi fra le molteplici forme che l’Higgs assume alla fine della sua vita. L’Lhc, in tre anni di attività, ha prodotto 2mila trilioni di collisioni fra protoni veloci quasi come la luce. Negli scontri si sono formati circa 400 bosoni di Higgs. Dopo un’esistenza di un istante, queste particelle si disintegrano, ed è osservando i frammenti che i fisici ne ricostruiscono l’identikit. Da questo minuzioso lavoro di interpretazione potrebbero saltare fuori novità. Anche perché esperimenti giganteschi come l’Lhc (costato 10 miliardi di euro) sono affidati a squadre di fisici diverse e indipendenti. A Ginevra ne esistono 4, di cui 2 specializzate nella caccia all’Higgs. I dati dei vari gruppi a La Thuile combaciano abbastanza, ma non perfettamente. E il bosone di Higgs per molti aspetti resta un bersaglio mobile. «A differenza di altre particelle elementari — prosegue Giudice — le sue proprietà non sono rigidamente determinate dalle simmetrie della teoria. Possono risultare diverse da quelle previste senza che l’intera teoria crolli. La questione che più lascia perplessi è quella dell’instabilità del vuoto».
Il vuoto, secondo i calcoli fatti al Cern e all’Istituto nazionale di fisica nucleare, non ha ancora raggiunto uno stato di energia minimo, quindi di quiete. Potrebbe “precipitare a valle” e scomparire. «Non accadrebbe in tempi brevi — tranquillizza Giudice — ma l’universo, per come ci appare il bosone oggi, si troverebbe in uno stato di equilibrio instabile, come un nido precariamente appeso a un ramo».