Dario Del Porto; Conchita Sannino, la Repubblica 7/3/2013, 7 marzo 2013
DE GREGORIO: IO, MASTELLA E LA CIA PER FARE CADERE PRODI
UN VERTICE riservato in un albergo di lusso. Attorno allo stesso tavolo, il senatore Sergio De Gregorio, l’italo-americano Enzo De Chiara, il ministro della Giustizia Clemente Mastella e un esponente dell’Ambasciata Usa indicato come agente di primo piano della Cia. Fu in quella occasione che gli americani avrebbero manifestato il disagio e la preoccupazione delle autorità statunitensi rispetto ad alcune scelte del governo Prodi. L’allora Guardasigilli, però, si sarebbe chiamato subito fuori da qualsiasi trama. L’episodio, che risale al 2007, è stato riferito ai magistrati napoletani da De Gregorio nell’inchiesta sulla cosiddetta “Operazione libertà” — 3 milioni di euro versati al senatore per il passaggio tra le fila del centrodestra — che vede indagato per corruzione anche l’ex premier Silvio Berlusconi.
Il contenuto del verbale emerge ora dagli allegati alla richiesta di autorizzazione a procedere alla perquisizione di una cassetta di sicurezza ritenuta riconducibile all’ex premier che è stata trasmessa alla Camera e al Senato una settimana fa. Mastella, interpellato da Repubblica, conferma l’incontro ma spiega: «Rimasi meno di cinque minuti. Ero andato a quell’appuntamento solo per tentare ancora una volta di convincere De Gregorio (eletto nel 2006 con l’Idv e poi passato con il centrodestra berlusconiano ndr) a tornare con il nostro schieramento. Non sapevo che ci fosse quel personaggio dell’ambasciata, che non conoscevo. Sapevo invece chi era De Chiara, dai tempi della Dc. Se si parlò del governo Prodi? Ho rapporti intensi con gli americani, mia moglie è italo americana, se avessero dovuto parlarmi di argomenti delicati, non lo avrebbero fatto certo in quella sede».
Il capitolo delle presunte pressioni degli Usa esercitate attraverso De Gregorio contro il governo di centrosinistra costituisce uno dei temi ancora inesplorati della complessa indagine dei pm Francesco Curcio, Alessandro Milita, Vincenzo Piscitelli, Fabrizio Vanorio e Henry John Woodcock coordinati dai procuratori aggiunti Federico Cafiero de Raho e Francesco Greco.
Ma perché agli americani non piaceva Prodi? «Vi erano preoccupazioni forti da parte degli americani sulle questioni di sicurezza e difesa, in ordine alle opposizioni che venivano dall’ala più radicale del governo Prodi », ha già spiegato a Repubblica, De Gregorio. I motivi delle riserve? «In particolare c’era preoccupazione sul rafforzamento della base Nato di Vicenza e sulla installazione radar di Niscemi, che provocavano forti resistenze della componente estremista. Io come uomo della mediazione avevo anche proposto agli advisor americani di investire sulla comunicazione e far cadere i motivi di quell’ostruzionismo».