Benedetto Ippolito, ItaliaOggi 5/3/2013, 5 marzo 2013
PERCHÉ MARIO MONTI HA FATTO FLOP
I giornali in questi giorni sono completamente occupati dalla complessa gestione del dopo elezioni. Beppe Grillo, Pier Luigi Bersani, Silvio Berlusconi hanno il dovere di gestire un’impasse che rischia di mettere a repentaglio la legislatura, e con essa il Paese. Il vero cambiamento nell’agenda è stato l’andare in sordina di Mario Monti e la derubricazione del progetto di Scelta Civica. Sebbene, infatti, la presenza in Parlamento con un dieci per cento non sia da disprezzare, il risultato è stato inferiore alle attese, depotenziato oltretutto dall’affermazione del Movimento Cinque Stelle, divenuto inaspettatamente ago della bilancia degli equilibri politici.
Il progetto centrista avrebbe avuto un suo perché se i rapporti di forza con Grillo fossero stati invertiti. E adesso è venuto il tempo di fare un bilancio e aprire una riflessione seria. In primo luogo, considerando bene l’articolata genealogia che ha partorito la salita in campo di Mario Monti. Egli è stato chiamato da Napolitano alla presidenza del Consiglio nel novembre del 2011, nel momento massimo di crisi del governo Berlusconi, sull’onda delle pressioni europee dei mercati finanziari, acuitesi nell’estate precedente.
Dopo essere stato creato senatore a vita, egli ha accettato, non senza esitazione, il gravarsi della complessa situazione italiana. Un’operazione diversa, insomma, dal progetto politico che si muoveva nel frattempo nella società civile e che aveva, specialmente nel primo semestre dell’anno scorso, un punto di attrazione in associazioni come Italia Futura, il gruppo cattolico di Todi e Oscar Giannino.
Il coronamento di tale mobilitazione è stato la meravigliosa convention di Roma del 17 novembre, quando migliaia di persone si sono raccolte attorno a Luca di Montezemolo e al cosiddetto progetto Per la Terza Repubblica. Dopodiché, la spinta è finita. Il presidente della Ferrari, infatti, ha comunicato la sua indisponibilità, mettendo a rischio la sopravvivenza stessa del disegno. E l’arrivo di Monti, salutato da tutti, compreso il sottoscritto, come un fatto risolutivo, è stata la conseguenza dell’assenza di una leadership popolare idonea a guidare la nuova area di centro.
Una delle ragioni fondamentali del tracollo elettorale di Scelta Civica è stato, in effetti, il mancato trasferimento agli elettori del messaggio. Non certo il valore dell’offerta, essenziale per il Paese. Monti poteva essere il riferimento istituzionale, cui guardare però con una guida più incisiva sul piano comunicativo e più efficace nel portare alla gente le ragioni vere del programma. D’altronde, è difficile presentare un’alternativa di centro a Pd e Pdl, dopo vent’anni di bipolarismo radicale, senza pilotare il messaggio sui media, senza trascinare il cuore della gente, senza essere traino per un elettorato stanco e incantato dalle sirene grilline. Certo, in mancanza di un punto di riferimento personale sicuro, si è ricorso alle indubbie qualità e competenze personali di Monti, un profilo però reso impopolare dalle dure politiche di risanamento della finanza pubblica del suo Governo.
Adesso resta aperta in Italia la positività di un’opzione per la governabilità, alternativa al centrosinistra e distinta dal Pdl. La strada da percorrere è quella di lavorare subito su una leadership che possa essere di supporto a Monti, organizzando le europee del 2014. Magari abbandonando l’idea sbagliata di unire a tutti i costi cose diverse, movimenti libertari e confessionali, ma parlando direttamente ai mercati, ai cittadini, ossia a quella parte di ceti medi produttivi che vorrebbero avere un’effettiva proposta popolare europea. Puntare, insomma, alla concretezza delle soluzioni con un’identità precisa, con uno stile misurato, inclusivo e democratico, senza legarsi alla sinistra e senza approssimarsi alla destra, unendo insieme l’energia di un discorso trainante sui problemi veri della gente all’affidabilità e serietà del montismo.
Benedetto Ippolito
Università degli Studi di Roma Tre