Francesco Sisci, il Sole 24 Ore 5/3/2013, 5 marzo 2013
DA PECHINO UN MAXI-PIANO PER URBANIZZARE IL PAESE
PECHINO Come in tutte le grandi cerimonie che segnano eventi epocali, oggi il Parlamento cinese chiude dieci complicatissimi anni di transizione e ne apre altri dieci che potrebbero portare Pechino in cima alla lista delle capitali globali. In attesa del bilancio del premier uscente Wen Jiabao, che terrà un discorso in diretta tv questa mattina, già circolano i piani di sviluppo e crescita complessiva cinese per il prossimo decennio.
Si tratta di programmi senza precedenti, sia per quantità di risorse materiali che per numero di persone coinvolte. In gioco quindi non c’è solo il destino di questo Paese ma di gran parte del mondo, che nel bene o nel male sarà coinvolto nel fallimento o nel successo di questi piani.
La Cina sta per annunciare un mastodontico piano di urbanizzazione, con investimenti per 40 trilioni di yuan, circa 5 trilioni di euro, da finanziare con mega emissioni di obbligazioni dello Stato nei prossimi dieci anni. Obiettivo è trainare lo sviluppo del Paese portando in città in maniera stabile circa 400 milioni di persone. Questa è una rivoluzione per la crescita industriale del Paese, ma anche per il suo sviluppo finanziario, che finora era rimasto soffocato da un’organizzazione della finanza pubblica piuttosto primitiva.
Soprattutto c’è l’aspetto umano e sociale. Già oggi ci sono circa 200 milioni di "emigranti stagionali", persone che vivono per lo più in città senza un permesso di residenza che dia loro accesso alla scuola per i figli o alla sanità. Si tratta più di una questione meramente economica, ma di un complesso progetto di trasformazione strutturale della Cina che sarà discusso nell’attuale sessione plenaria del Parlamento. Il padrino politico del piano è Li Keqiang che alla fine della sessione, il 14 marzo, sarà nominato premier e quindi guiderà l’economia e l’amministrazione nazionale per i prossimi dieci anni, a scanso di sorprese.
Il piano sarà finanziato con una serie di emissioni obbligazionarie e dovrebbe riguardare anche una ristrutturazione dei debiti che le amministrazioni locali hanno contratto a partire del 2009. Allora il Governo lanciò un grande piano di stimolo economico per circa 4 trilioni di yuan che fece uscire immediatamente la Cina dalla crisi finanziaria, iniziata negli Stati uniti.
Province e città poi allargarono a loro volta i cordoni delle borse con una piano di stimolo non coordinato che portò sul mercato ancora 4 trilioni di yuan, che oggi pesano nei bilanci locali e sono la causa della bolla immobiliare che affligge il Paese.
Questi nuovi titoli obbligazionari potrebbero, almeno in parte, essere collocati all’estero. Il Governo, infatti, sta anche preparando misure radicali che vanno nella direzione di una maggiore liberalizzazione del cambio dello yuan, renminbi. La Cina possiede circa 1 trilione di yuan, valuta cinese, in conti all’estero. Saranno la base per fornire servizi finanziari a stranieri che vogliono comprare e tenere yuan. Questo processo dovrebbe poi aiutare Pechino ad arrivare a una piena liberalizzazione del cambio della sua moneta, oggi sottoposto a una serie di controlli, entro il 2015 o il 2020, quando il piano di urbanizzazione dovrebbe essere prossimo al completamento. Entro i primi anni del prossimo decennio il pil cinese potrebbe superare quello americano.
Il piano di urbanizzazione però non dovrebbe concentrarsi nell’espansione delle megalopoli come Pechino, Shanghai o Chongqing. Il Governo vorrebbe invece far crescere città medie e piccole, quelle sotto uno o due milioni di abitanti. Nel complesso quindi si tratta di un enorme progetto che dovrebbe trasformare molto profondamente il Paese. Questa grande urbanizzazione, che potrebbe portare circa il 70% della popolazione in città, dovrebbe poi stimolare fortemente la crescita dei consumi interni. Questo a sua volta dovrebbe risolvere il problema del grande surplus commerciale cinese e creare un enorme mercato di importazioni dall’estero.
La grande urbanizzazione quindi servirebbe a stimolare la crescita complessiva in Cina e potrebbe anche portare il Paese alla fine del decennio a essere il singolo maggiore contributore alla crescita globale, la locomotiva economica del mondo. Al di là dei piani faraonici, le difficoltà maggiori saranno nei dettagli. Si tratta di spendere questa montagna di denaro in maniera efficiente, creando un vero mercato, e non semplicemente inondando la Cina di strutture e infrastrutture di difficile gestione e con una scarsissima resa economica.
Una gestione efficiente di questo piano creerebbe le basi per una crescita veloce, anche se forse non a doppia cifra come in passato, anche nel decennio seguente. Viceversa errori nella gestione del progetto potrebbero fare deragliare il Paese. Uno dei grandi problemi sarà quello di una maggiore equità nella distribuzione del reddito.
Un altro problema a cuore alla dirigenza cinese è quello del controllo sociale e della gestione delle proteste. Anche grandi manifestazioni diffuse in piccoli centri sono meno destabilizzanti di piccole manifestazioni concentrate in grandi città. Diventa quindi importante dare uno sfogo e un’espressione politica alle contraddizioni sociali che inevitabilmente andranno a crescere in città dove potrebbe esserci un grande proletariato urbano. Qui il problema economico e sociale diventa poi di riforma del sistema, e si incastra con le riforme politiche e amministrative già annunciate dal Governo.