Michele Pignatelli, il Sole 24 Ore 5/3/2013, 5 marzo 2013
L’IRLANDA MODELLO DI RIGORE ORA INVOCA PIÙ FLESSIBILITÀ
DUBLINO. Dal nostro inviato
«Siamo entrati in un programma di salvataggio perché non riuscivamo più a finanziarci sui mercati, ma ora abbiamo modernizzato l’economia e siamo alla fine del viaggio». A parlare così, ostentando moderato ottimismo davanti alla stampa internazionale pochi giorni fa a Dublino, era il ministro delle Finanze Michael Noonan. È lo stesso atteggiamento positivo con cui Tourism Ireland illustra le iniziative di Gathering 2013, il raduno mondiale dei 70 milioni di persone con origini o legami con l’Irlanda pensato per fungere da volano al turismo e all’economia del Paese, in ripresa dopo la grave crisi che nel 2010 l’ha costretto a chiedere 67,5 miliardi di prestiti internazionali.
La convalescenza però non è finita e le cicatrici della malattia sono ben visibili sul North Wall Quay che costeggia il fiume Liffey, con gli innumerevoli cartelli di prestigiosi uffici in affitto, a cominciare dal quartier generale della fallita Anglo Irish Bank, emblema della bolla immobiliare che ha travolto il settore bancario. Oppure osservando le ferite ancora vive inferte dall’austerity al tessuto sociale irlandese - disoccupazione in testa - di cui si fanno interpreti i sindacati: «La troika - tuona il segretario generale della confederazione sindacale Ictu, David Begg, attaccando i rappresentanti di Ue, Bce ed Fmi - ha fatto più danni all’Irlanda dell’Inghilterra in 800 anni».
Sul piano del risanamento, grazie a budget costati 27 miliardi di sacrifici in sei anni, il Paese ha compiuto passi avanti innegabili: il deficit è calato dal 30,9% del Pil nel 2010 al 7,7% l’anno scorso e l’obiettivo è ora portarlo al 2,9% nel 2015; la crescita, seppur modesta, è ripartita grazie all’export (mentre langue la domanda interna), con un +0,7% nel 2012 e previsioni per un’accelerazione quest’anno e nel 2014 (+1,1% e +2,2%).
Di questa disciplina, lodata dalla troika, Dublino comincia a cogliere i frutti: il mese scorso ha spuntato un accordo sulle promissory notes, le costosissime cambiali firmate dal Governo per sostenere nel 2010 Anglo Irish, "convertite" in obbligazioni a più lunga scadenza e interessi nettamente inferiori; ora tratta su altri due dossier che potrebbero alleviare la pressione sul debito pubblico, proiettato oltre il 120% del Pil.
Il primo è l’allungamento delle scadenze sui prestiti concessi dai creditori internazionali. «È un negoziato condotto dal Portogallo, ma ovviamente coinvolge anche noi», conferma il ministro Noonan, che tuttavia non si attende un’intesa immediata. «Sarebbe un risultato molto positivo - aggiunge John Corrigan, numero uno dell’Agenzia nazionale di gestione del Tesoro - perché ridurrebbe le necessità di finanziamento sul mercato». La seconda questione è la ben nota richiesta di ricapitalizzazione delle banche da parte dell’Esm, che Dublino vorrebbe retroattiva per gli istituti ancora in attività nei quali ha pompato liquidità (circa 28 miliardi) prima dell’istituzione del fondo salva-Stati. «Mi aspetto che l’Esm abbia anche una funzione retroattiva - spiega ancora Noonan - visto l’impegno nei confronti dell’Irlanda, ancora valido, preso al vertice europeo del 29 giugno scorso». Aperture in questo senso arrivano anche dal Fondo monetario internazionale: «Convertire una parte del debito irlandese in quote bancarie assegnate all’Esm - sottolinea Peter Breuer, rappresentante dell’Fmi in Irlanda - aiuterebbe a spezzare il legame tra debito sovrano e bancario e ridurrebbe il debito irlandese».
L’obiettivo finale è il ritorno sui mercati a novembre, quando terminerà il programma di salvataggio. Sulle modalità del rientro, politici e istituzioni restano cauti e piuttosto vaghi. Tutti confermano l’esito positivo dei test effettuati sul mercato obbligazionario in questi mesi e il trend più che positivo dei rendimenti, nessuna data precisa viene invece fatta sull’atteso bond decennale, in un certo senso la prova del nove. «Daremo un’occhiata al mercato e decideremo quand’è il momento», taglia corto Corrigan. Quanto alla possibilità che Dublino sia sostenuta nella sua transizione verso la normalità dal piano Omt della Bce, nessuno si sbilancia e fonti della Banca centrale irlandese fanno notare come il piano sia pensato prima di tutto per preservare la tenuta dell’area euro.
La grossa incognita rimane il lavoro. Il Governo ne ha fatto una priorità europea e ha appena varato un piano di stimoli, ma la disoccupazione, sebbene in lieve miglioramento, è al 14,1%, quella giovanile attorno al 30. La sintesi dei timori che agitano anche l’Irlanda, allievo modello dell’Europa post-crisi, è nelle parole del laburista Brendan Howlin, ministro per la Spesa pubblica: «Se l’austerity non verrà bilanciata da lavoro e misure per la crescita, distruggera il centro politico in Europa».