Luca Fazzo, Il Giornale 6/3/2013, 6 marzo 2013
IL TESORETTO DELLA BOCCASSINI: MEZZO MILIONE DAL «GIORNALE»
Milano Tra i membri storici del pool Mani Pulite c’era chi la buttava anche sul ridere: Piercamillo Davigo custodiva le sue querele per diffamazione in una cartelletta intestata «Per una serena vecchiaia»; e di un altro pm si raccontava che avesse battezzato «Le Querele» la villa al mare comprata con i soldi dei risarcimenti. Invece di Ilda Boccassini, che è un magistrato alieno a simili facezie, non si sa come impieghi i soldi che tribunali di mezza Italia le hanno fatto avere per ristorarla del danno infertole dai malevoli articoli di stampa; né è dato sapere a quanto ammonti il totale incassato finora. Di certo c’è però che si deve trattare di un tesoretto di una certa rilevanza. Il solo Giornale , da quando ha iniziato a parlare della dottoressa dai capelli rossi, ha dovuto versarle la rispettabile somma di 552.079 euro, come effetto di una serie di sentenze penali e civili.
Del gruzzolo totale fanno poi parte i soldi scuciti alla dottoressa da Panorama o da Libero , ma anche da testate di orientamento più progressista: perché, e di questo bisogna darle atto, Ilda Boccassini querela senza distinzione di linea politicoeditoriale. Amici o nemici, quando si sente diffamata, Ilda non si fa problemi a fare partire le carte bollate. A volte i giudici le danno torto. Più spesso, le danno ragione. E il tesoretto si alza di sentenza in sentenza.
Ieri la Corte di Cassazione ha reso definitiva l’ennesima sentenza con cui il Giornale viene condannato a risarcire la pm del caso Ruby: centomila euro, per un articolo di quattordici anni fa. Soldi che non andranno a pesare sul bilancio di quest’anno- fa sapere la casa editrice del quotidiano- per il semplice motivo che i soldi sono già stati versati alla Boccassini, e in due tranche: la prima dopo il processo in tribunale, che riconobbe un danno di sessantamila euro; ma la dottoressa ritenne modesta la cifra, fece ricorso in appello, e i giudici di secondo grado condannarono il Giornale a versargliene altri quarantamila. Tutti e subito, come prevede il codice civile. Se poi la sentenza fosse stata annullata, Ilda Boccassini avrebbe dovuto restituire il denaro. Ma la Cassazione non ha avuto dubbi.
Cosa c’era scritto nell’articolo incriminato? La stessa cosa parola più, parola meno - che stava scritta in tutti gli articoli del Giornale che Ilda Boccassini ha ritenuto diffamatori: e cioè che la dottoressa ce l’ha con Silvio Berlusconi, e che i tanti processi in cui ha dato la caccia al Cavaliere puntavano a farlo fuori dalla politica per via giudiziaria. Siamo nel campo della critica legittima o dell’insulto? Per sedici volte, il pm milanese si è sentito dare ragione: compreso l’unico articolo in cui si trattava di lei per un processo senza il Cavaliere imputato, ovvero la vicenda della giovane somala Sharifa, messa in carcere per traffico di minori e poi scagionata dal Dna.Per l’articolo del Giornale sul caso Sharifa, la Boccassini si è vista riconoscere il risarcimento più alto di tutti: 137mila euro.
Per il resto, la storia delle cause tra Ilda e il Giornale è lunga e ripetitiva. Cambiano gli attori, perché a volte la Boccassini è affiancata da questo o quel collega; cambia la strategia, perché a volte sceglie la querela penale (che porta minori incassi, ma espone il giornalista al rischio carcere) ed altre la citazione in sede civile, dove in caso di vittoria i soldi sono tanti e subito. Ma la sostanza non cambia. Ed è ben riassunta nelle motivazioni della sentenza d’appello che ieri la Cassazione conferma in toto . Nessuna persecuzione da parte di Ilda ai danni del Cavaliere: e infatti la sua inchiesta per il Lodo Mondadori «si concluse con la declaratoria di estinzione del reato per prescrizione nei confronti dell’onorevole Silvio Berlusconi e, non già, con assoluzioni». Accusare la dottoressa di dare la caccia al Cavaliere «comportando la negazione dello stesso ruolo istituzionale assegnato al magistrato, colpisce la persona/magistrato negando la sua stessa identità professionale». E se a qualcuno centomila euro possono sembrare troppi, la Cassazione ricorda che colpendo Ilda si colpisce «una particolare identità professionale che, per altro, trova fondamento, per doveri e guarentigie nel quadro costituzionale ».