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 2013  marzo 06 Mercoledì calendario

L’ASTRO NASCENTE E IL VETERANO I NUOVI NOMI DELL’INCHIESTA MPS

L’inchiesta sull’acquisizione Antonveneta da parte di banca Mps si arricchisce di un nuovo filone aperto dopo l’esposto, contro ignoti, presentato dai vertici della banca per insider trading. Ieri i pm di Siena hanno ordinato la perquisizione a Torino e a Lecce di abitazioni e uffici di due membri del board, Michele Briamonte e Lorenzo Gorgoni. Non indagati. “Sono tranquillo”, ha detto Briamonte. Mentre Gorgoni ha comunicato che le perquisizioni “non hanno avuto alcun esito né alcuna acquisizione documentale è stata effettuata”. I magistrati vogliono verificare chi abbia diffuso la notizia dell’azione di responsabilità contro i vecchi vertici di Rocca Salimbeni (Mussari e Vigni) e la richiesta di danni nei confronti di Deutsche Bank e Nomura, decisioni prese dal Cda giovedì e apparse sulla stampa prima che i legali depositassero la citazione. Gli uomini della Gdf hanno inoltre sequestrato altri 6 milioni di euro all’ex responsabile dell’Area finanza del Monte, Baldassarri e a persone a lui vicini: Toccafondi, Ionni e Pantalena. Sentito, infine, il presidente del Consiglio regionale toscano, il democratico Alberto Monaci, in merito al presunto accordo di spartizione tra Pdl e Pd.

Sarà pure per insider trading, come ipotizzato dai pm di Siena, ma le perquisizioni scattate ieri hanno raggiunto due uomini chiave del potere economico e politico: Lorenzo Gorgoni e Michele Briamonte. Due consiglieri del Monte, uno arrivato a Rocca Salimbeni nel 2003 sul vascello, rilevato da Mps, di Banca 121 e considerato uomo di Massimo D’Alema; l’altro sbarcato un anno fa con il nuovo corso di Alessandro Profumo, ben accolto grazie anche al profondo legame con Franzo Grande Stevens.

Briamonte è quello che si definisce un astro nascente. Nuota nelle vasche di squali della finanza italiana come un delfino. Nato nel 1977, si laurea in legge a 22 anni, entra nello studio Grande Stevens, “l’avvocato dell’avvocato” Agnelli, poi fa il suo ingresso in numerosi Cda, tra cui quello della Juventus.

A 31 ANNI difende il club bianconero nella vicenda Calciopoli e Grande Stevens nel processo per l’equity swap di Ifil-Exor. Ma Tori-no è solo il punto di partenza. Perché Briamonte, da giovane e brillante avvocato, riceve il testimone della tradizionale assistenza legale prestata dallo studio Grande Stevens al Vaticano. Qui è consigliere di Bertone. Fa parte della cordata interna allo Ior, insieme all’altro legale del Vaticano (l’americano Jeffrey Lena ), a Bertone e al direttore generale Paolo Cipriani, contraria all’operazione trasparenza avviata da Ettore Gotti Tedeschi sui depositi bancari aperti prima dell’aprile 2011. Secondo Gotti Tedeschi Briamonte si oppone a rendere noti i conti cifrati dello Ior perché vicino alla lobby ebraica essendo tra i fondatori della Camera di commercio Italo-Israeliana. Ma Gotti Tedeschi ha un conto in sospeso antico con il brand “Grande Stevens” che risale al 2006 quando il Banco Santander, controllato dalla famiglia spagnola Botin, azionista del San Paolo di Torino, chiede a Gotti Tedeschi, all’epoca rappresentante del Santander in Italia e consigliere di San Paolo, di organizzare un vertice con Franzo Grande Stevens, allora presidente della Compagnia di San Paolo, primo azionista della banca. Si incontrano a Ginevra. Botin manifesta la volontà di diventare azionista di maggioranza di San Paolo. Grande Stevens prima blocca poi esclude dalla partita Botin e chiude con Banca Intesa, dando vita a Intesa San Paolo. Briamonte era un giovane e già promettente avvocato dello studio. Botin si consolò l’anno successivo rilevando per 6,6 miliardi di euro Antonveneta e rivendendola a Mps per 9,3 miliardi. Gli stessi pm di Siena che ieri hanno disposto le perquisizioni voleranno a Madrid per sentire Botin, proprio sull’operazione Antonveneta. Perché su questa rimane la barra delle indagini. L’unico contrario all’acquisto era Gorgoni. Non fu ascoltato, nonostante possieda il 3% di Mps. Gaetano Caltagirone, per dire, ne ha il 3,34%.

Classe 1942, nato a Cutrofiano in provincia di Lecce, Gorgoni ha il primo incarico nel 1973 alla Banca del Salento (poi Banca 121) e non lascia più gli istituti di credito.

ENTRA nel cda di Banca Agricola Mantovana, nel 2003 diventa vicepresidente di Monte Paschi Asset Management. Oggi è membro dei cda di Mps, Telecom Italia Media, Abi, Fondo Italiano d’Investimento Sgr. Dall’agosto 2010 è consigliere di amministrazione di Invitalia. Figura anche tra i soci della Milano Pace. La società che “riunisce” i dalemiani Renato Sarno, Enrico Intini e Roberto De Santis. Società che finanzia la fondazione “Fare Metropoli” usata da Filippo Penati come cassaforte per le sue campagne elettorali, secondo i pm di Monza che hanno indagato sul sistema Sesto. Ma Gorgoni è trasversale. Ha finanziato la campagna elettorale per le europee del 2005 di Lorenzo Cesa e ha aiutato, fra gli altri, Raffaele Fitto del Pdl. Per tutto questo le perquisizioni di ieri potrebbero far presagire altro, oltre all’insider trading.