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 2013  marzo 05 Martedì calendario

CHIEDI CHI TIFAVANO I BEATLES

John aveva 11 anni, e quella scena dev’essergli rimasta impressa come una foto: El gringo Robledo salta e incoccia dentro, Newcastle-Arsenal 1-0 e coppa ai Magpies. Tre maggio 1952, John fa di cognome Lennon e con la tempera ci sa fare, un mese dopo prende un foglio e dipinge. Viene bene, talmente bene che 19 anni dopo quel foglio sarebbe diventato la cover di Walls and bridges nonostante a John Lennon il calcio interessasse poco. Già, ma chi tifava? Nella Liverpool dei Beatles «non m’interessa» non era scusa valida: cattolici con l’Everton, protestanti dall’altra parte. Per John, che da ragazzino giocava («Era il più bravo tra noi», diceva Pete Best), gli indizi portano ai Reds: papà li tifava, e sulla copertina di Sgt. Pepper l’unico calciatore è Stubbins, bomber rosso nel dopoguerra. I Beatles erano più o meno come il loro leader, «A Liverpool ci sono tre squadre, noi tifiamo per quell’altra» disse George Harrison. Ringo simpatizzava Reds, McCartney ha svelato l’arcano due anni fa: «La mia famiglia è di evertoniani. Ma sono amico di Kenny Dalglish e mi piace pure il Liverpool. Non posso tifare entrambe? Ho una dispensa papale che me lo consente. In caso di derby? Alle strette, Everton». A Londra invece c’erano i cattivi del rock, zazzere al posto dei caschetti. Ma anche i Rolling Stones per il calcio non impazzivano. Mick Jagger tifa Arsenal ma pare infiammarsi più per l’Inghilterra: nel 2006 prese un volo privato per Gelsenkirchen e si sciroppò quel quarto maledetto col Portogallo, fuori ai rigori. Keith Richards invece «da bimbo era timido, introverso, se una palla gli rotolava accanto scappava via», disse la mamma.
Pallone e libertà
In Inghilterra il calcio non si gioca, si vive. E anche la generazione che tra gli anni 60 e 70 ha piantato i semi del rock non è stata esente. I fratelli Davies, che poi sarebbero diventati The Kinks, sono nati e cresciuti a Muswell Hill, 20 minuti da White Hart Lane, ma a papà non si scappa: Arsenal lui, Arsenal loro. Anche Roger Daltrey invece, voce degli Who, tifa Arsenal, e in maniera ben più viscerale. Ha offerto alla causa Highbury Highs, lirica suonata proprio lì il 7 maggio 2006 dopo l’Arsenal-Wigan 4-2 che mandò in pensione l’impianto. Era più emozionato allora, ha poi confessato, che a Woodstock nel 1969. Stesso partito per i Pink Floyd, che a calcio giocavano pure: Pink Floyd Football club, con Roger Waters in porta. Alla fine di Fearless, però, piazzano l’ omaggio al Liverpool: you’ll never walk alone. Arsenal anche nella deriva punk, in parte: nei Sex Pistols Sid Vicious e John Lydon, spesso in sciarpa biancorossa, erano Gunners, Steve Jones teneva due piedi in una scarpa («A 12 anni mi rasavo a zero e vedevo il Chelsea, ma con gli amici andavamo anche al Qpr»), Glen Matlock era degli Hoops e a volte si mescolava tra la folla di Loftus Road con Mick Jones dei Clash (dove Joe Strummer si diceva dei Blues). Qpr per Nick Cave e la sua sigaretta sempre accesa, nei Genesis Phil Collins non ha mai nascosto di tifare Tottenham, così come i The Jam tranne Paul Weller, del Chelsea: si diceva che sulla cover di Stanley Road non volesse Best bensì Charlie Cooke, ala dei Blues anni 60, salvo poi cambiare idea perché George era un tantino più riconoscibile. Un caso a parte Elton John, cavaliere di una delle cavalcate più belle d’Inghilterra: comprò il Watford in 4a serie e lo portò in Premier e alla finale di FA Cup ’84. Primo acquisto, nel ’76, Tom Walley: firma del contratto in giacca crema, canotta a righe e cravatta barocca al collo. La formula? I quattrini di Elton, i lanci lunghi del tecnico Taylor, i gol di Luther Blissett, che poi sarebbe andato al Milan e pure allora ne sbagliava tanti. Al campo Sir John andava con The Beast, Aston Martin V8 modificata coi colori del club, e quando passò la mano nel 1987 restò presidente a vita e non mollò: vari concerti per reperire fondi, e nel 2001 convinse Vialli a fare il manager.
«Tre giorni per tornare»
Vive di calcio Robert Plant, insignito della vicepresidenza onoraria del Wolverhampton a 60 anni dopo averne passati 55 sugli spalti del Molineux. «Mi stavo giocando il matrimonio - disse la voce dei Led Zeppelin -. Quando vincemmo la Coppa di Lega nel ’74 mi ci vollero 3 giorni per tornare a casa. È una religione, solo che il crocefisso lo porti nel weekend». All’opposto pareva John Bonham, batterista del gruppo. In concerto a Earls Court il 24 maggio 1975 urlò: «Il calcio? Un mare di coglioni!». E magari non era casuale: quella sera a Wembley c’era Inghilterra-Scozia (5-1).
Le scarpette di Ozzy
Negli anni successivi il rock s’è andato metallizzando, come il calcio. Brian Johnson degli AC/DC è pazzo per il Newcastle, fu a un passo dal comprarlo. Glielo offrì l’idolo d’infanzia Jackie Milburn, «uomo meraviglioso. Poi andai dal cda a parlarne e capii che volevano solo qualche milionata. Era un trappolone, dissi no». Il re dei tastieristi Rick Bateman ha fatto per un anno il manager del Brentford e poi sbarcò nel calcio yankee prendendo con Peter Frampton e Paul Simon i Philadelphia Fury. Ozzy Osbourne è di Aston, «dove da bambino o calciavi la palla o calciavi qualcuno», e simpatizza Villa, ma in modo soft: «Un giorno mi arrivò un pacco, dentro c’erano un paio di scarpe firmate Beckham. Poi David lo incontrai a un party e gli chiesi: "Perché mi hai spedito delle scarpe?". E lui: "Non sapevo cos’altro mandarti"». Villa, ma sfegatato, pure per il suo vecchio bassista Geezer Butler. E il brit rock moderno? Pete Doherty tifa Qpr, un giorno un fan gli tirò una maglietta, poi la rivoleva indietro e finì in rissa. Damon Albarn dei Blur sanguina Blues e spesso s’è visto cantare con la 25 di Zola, leggendaria la passione dei fratelli Gallagher per il City. Da ragazzi gli Oasis erano hooligan veri, una volta smantellarono lo sportello all’auto di Cantona, e a settembre Liam s’è fatto buttare fuori dal Bernabeu per eccesso di esultanza.
Diego incontra Freddie
E c’è pure chi al rock stava per essere strappato, tipo Nicky Byrne dei Westlife che ha in bacheca una FA Cup giovani come portiere del Leeds. Tra le leggende, Steve Harris degli Iron Maiden ha i martelli del West Ham sul cuore: ha fatto le giovanili del club fino a 17 anni per poi scegliere la musica e tenersi i capelli lunghi (il mister era per sforbiciare). E poi c’è Johnny Marr, chitarrista degli Smiths. Aveva talento vero, provò con City (per cui tifa) e Nottingham Forest con Brian Clough. «Ma non la prendevo seriamente - spiegò -, mi presentai in campo truccato, col mascara. Metà mi fissava come uno da evitare, l’altra metà voleva prendermi a calci. Lì capii che non era destino». E i Queen? C’è una foto in cui posano con Maradona. Pare risalga al concerto del 2 febbraio 1982 a Baires. Diego in maglia inglese, Freddie Mercury con quella albiceleste. Esattamente due mesi dopo, l’Argentina invase le Falkland.