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 2013  marzo 06 Mercoledì calendario

NIENTE DONNE ALLA MARATONA" E A GAZA NON SI CORRE PIU’

Di solito basta una persona per aprire una strada, la prima nera che ha rifiutato di alzarsi dall’autobus, le prime ragazze alle Olimpiadi, il primo amputato ai Giochi. Tutti hanno dato un segnale e stravolto un mondo. Lo hanno fatto anche le donne che in questi due anni hanno corso la maratona di Gaza, hanno dato un’esempio e l’idea è si è diffusa: 385 iscritte per l’edizione 2013, la metà del totale. Solo che la gara è stata annullata.

Il 10 aprile non ci sarà nessuna 42 km sulla striscia di terra più tormentata del mondo, la Unrwa, l’agenzia dell’Onu impegnata con i rifugiati palestinesi e è sponsor della competizione, ha dovuto chiudere la corsa perché Hamas non voleva donne mescolate agli uomini: «Abbiamo aperto una trattativa, ma non c’è stato niente da fare». La quota rosa era cresciuta troppo.

La maratona esiste dal 2011, al debutto c’era una sola ragazza, l’ultima volta molte adolescenti hanno partecipato a una parte della gara, con le maglie delle scuole, tutte dello stesso colore, il capo coperto e i pantaloni lunghi ma c’erano, in mezzo ai lora amici. Partenza al confine con Israele, arrivo al confine con l’Egitto. Da quelle parti non c’è molta terra dove andare ed è facile sbattere contro qualche limite. Qualche divieto.

Abdessalem Siyan, segretario di Hamas, sostiene che il problema si potesse risolvere: «Bastava non farle correre contemporaneamente ai ragazzi» e nega che il divieto sia scattato dopo aver visto il numero delle partecipanti: «Se così fosse ci saremmo dovuti opporre anche nel 2012». Ma allora si parlava quasi solo di bambine, sedicenni al massimo, stavolta l’età è cresciuta. Noura Boulboul, 13 anni, dice di esserci rimasta male perché molte sue coetanee si erano allenate tutte insieme, la Unrwa ha introdotto una staffetta, 5 chilometri a testa e maratona di gruppo. Ovviamente mista e ovviamente intollerabile. Aymane Abdallah, 16 anni, si stupisce: «C’ero anche l’anno scorso, non capisco», ma appena parlano delle donne diminuisce la sorpresa. Jumana al-Shihri, 30-anni, insegnante, ha già corso questa gara: «Mi hanno insultata per tutto il tragitto, ma avevo deciso di riprovare senza badarci. Quando ho visto l’attesa che si era creata, ho capito che non sarebbe stato semplice».

La Unrwa ha già avuto diversi problemi con l’ala conservatrice di Hamas, nella maggior parte dei casi cercano il compromesso ma accettare un’organizzazione separata era inutile. Questa maratona è nata per far cadere delle barriere, doveva essere una possibilità, una fotografia di integrazione. Lasciare che uomini e donne corressero in due momenti diversi era come firmare che appartengono a due mondi differenti. L’Onu ha già ceduto sui «Giochi d’estate», dei giochi senza frontiera nella striscia di confine: gare di aquiloni e di poesie e tanti ragazzini mescolati in strada. Hamas ha messo troppi ostacoli, la Unrwa non aveva i soldi necessari per aggirarli e ha sospeso tutto «per mancanza di fondi», nessuna polemica ufficiale, motivazioni economiche e la speranza «di riprendere quando si potrà». Stavolta non c’è diplomazia. Non si corre perché Hamas non vuole, peggio perché Hamas è preoccupata da quelle 385 donne (266 palestinesi) che hanno voglia di farsi tutta la striscia di Gaza di corsa pur di dimostrare che l’uguaglianza esiste. Per l’Unrwa «è un’occasione persa», per le ragazze la prova che l’emancipazione è lontana. Erano pronte, anzi no perché anche stavolta avevano le scarpe sbagliate e i jeans scomodi, ma avrebbero fatto tutta la strada necessaria anche così. E almeno uno dei tanti confini da cui sono circondate si sarebbe spostato più in là.