Maurizio Schoepflin, Libero 5/3/2013, 5 marzo 2013
COME TEORIZZARE L’ANTIMATERIA LEGGENDO GLI ALBI DI «TOPOLINO»
Ormai la si usa in molti ospedali e numerose sono le persone che vi hanno fatto ricorso: è nota con l’acronimo PET, una sigla che significa tomografia a emissione di positroni. Si tratta di un sofisticato strumento diagnostico che permette di ottenere mappe dei processi funzionali all’interno del corpo. Sono forse pochi, però, coloro che sanno che all’origine di questo straordinario ritrovato ci sono gli studi di Paul Dirac, uno dei più geniali scienziati del secolo scorso. Fu lui, infatti, il primo a prevedere teoricamente l’esistenza di un’anti - particella dell’elettrone, il positrone appunto, che venne poi effettivamente verificata da Carl Anderson, Patrick Blackett e Giuseppe Occhialini.
Comunque non se la prendano troppo quelli che ignoravano l’esistenza di questo eccezionale ricercatore, premiato con il Nobel quando aveva poco più di trent’anni: infatti, Graham Farmelo, che gli ha dedicato un ponderoso volume, uscito di recente in Italia col titolo L’uomo più strano del mondo. Vita segreta di Paul Dirac, il genio dei quanti (Raffaello Cortina, pp. 698, euro 43), recatosi nel 2003 all’ufficio dell’anagrafe di Bristol, la città inglese che dette i natali a Dirac nel 1902, dovette sconsolatamente prendere atto che lì nessuno sapeva chi egli fosse.
Odio per il padre
Strano lo fu davvero Paul Dirac, detto «Il taciturno», di una stranezza che a volte fa sorridere, ma che, assai più spesso, induce alla tristezza, come nel caso della vicenda più importante della sua vita: il difficilissimo rapporto col padre Charles, uomo freddo e autoritario, sul quale Farmelo torna ripetutamente, considerandolo la chiave per comprendere la personalità di quest’uomo che, in una ideale classifica degli scienziati del Novecento, viene considerato secondo soltanto a Einstein.
I Dirac, originari delle campagne di Bordeaux, erano emigrati in Svizzera, nel Canton Vallese; qui era nato il padre di Paul, Charles, che si era dedicato a una sorta di insegnamento itinerante delle lingue moderne, finendo con lo stabilirsi a Bristol, ove si era sposato con Florence Holten, una giovane bibliotecaria del luogo. Proprio quella delle lingue diventò una specie di mania per Charles, al punto che, al momento dei pasti, obbligava il piccolo Paul a mangiare da solo con lui - la mamma e i due fratelli lo facevano in un’altra stanza - e a parlare esclusivamente in francese, infliggendogli severe punizioni in caso di errore. Durante quelle terribili occasioni conviviali, che furono anche all’origine dei gravi disturbi digestivi di cui soffrì per tutta la vita, Paul maturò un astio profondo nei confronti del babbo.
Raramente Dirac raccontava tali dolorose vicende, ma Farmelo insiste sulla loro decisiva importanza nella definizione della sua personalità, che fu quella di un uomo dalle mille contraddizioni: tanto impacciato nella conversazione quanto brillante nell’insegnamento, apparentemente freddo eppure capace di slanci appassionati nei confronti degli amici, timido con le donne e insieme capace di lasciarsi attrarre dal fascino femminile, ricercatore rigoroso e avido lettore di Topolino.
Ma quando Dirac si metteva a pensare, nella sua mente, come per incanto, tutto diventava improvvisamente armonico: «I grandi scritti degli altri pionieri della quantistica erano più disordinati», ha scritto il fisico e matematico statunitense Freeman Dyson, «meno perfettamente organizzati di quelli di Dirac. Le grandi scoperte di costui erano, invece, come statue di marmo squisitamente scolpite e come cadute dal cielo, una dopo l’altra. Sembrava in grado di far apparire le leggi della natura dal puro pensiero ed è stata questa purezza a renderlo unico».
In effetti, egli non nascose mai la convinzione, tanto affascinante quanto sbalorditiva, che la prima qualità della scienza dovesse essere la bellezza, ed era sicuro che «una teoria includente una bellezza matematica ha più probabilità di essere giusta e corretta di una sgradevole che venga confermata dai dati sperimentali».
L’elogio di Hawking
Farmelo ricostruisce l’intera esistenza di Dirac sino alla morte, che lo colse nel 1984 a Tallahassee, in Florida, ove aveva insegnato nell’ultima parte della sua vita. «Avere Dirac qui sarebbe come se la facoltà di letteratura inglese avesse chiamato Shakespeare»: furono queste le parole pronunciate dal direttore del dipartimento universitario che lo invitò. Dopo la sua scomparsa, si discusse se fosse opportuno dedicargli una commemorazione religiosa ufficiale: alcuni sostennero di no, a causa del suo ateismo militante, altri, al contrario, fecero notare che egli era stato membro dell’Accademia Pontificia delle Scienze.
Tale commemorazione ebbe luogo nell’Abbazia di Westminster solo nel 1995. Fu tenuta da Stephen Hawking, che la iniziò con le seguenti parole: «Ci sono voluti undici anni alla nazione per riconoscere che egli fu probabilmente il più grande fisico teorico britannico dai tempi di Newton, e per dedicargli tardivamente una targa commemorativa nell’Abbazia di Westminster. È mio compito spiegarvi perché. Ossia perché lui fu così grande, non perché ci è voluto così tanto tempo».