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 2013  marzo 05 Martedì calendario

UN PREMIER TARGATO BANKITALIA PER RIPIANARE IL BUCO DI MONTI

Nell’ubriacatura grillista che ha pervaso l’Italia, spetterà presto ai nu­meri il compito ingrato di ripor­tarci con i piedi per terra: entro la primavera il prossimo gover­no, di qualun­que colore sia, dovrà mettere in piedi una mano­vra aggiuntiva da 14 miliardi di euro almeno. In questi giorni al­la Ragioneria ge­nerale dello Sta­to stanno facen­do e rifacendo i conti, ma il risul­tato è sempre lo stesso: il buco ereditato da Monti c’è, ed è grosso. Del pro­blema è stato av­visato il presi­dente della Repubblica Gior­gio Napolitano. Ed è per questo motivo che al colle si lavora per un’alternativa tecnica al gover­no di minoranza che sembra l’unica, debolissima carta nel­le mani di Pierluigi Bersani. E il Capo dello Stato ha anche un nome in testa: quello del gover­natore di Bankitalia, Ignazio Vi­sco.
Il presidente della Repubbli­ca ha ribadito esplicitamente, nel bel mezzo della tempesta sul Monte dei Paschi di Siena, di avere «piena fiducia» nella banca centrale. E secondo per­sone ben informate, Napolita­no avrebbe già sondato il gover­natore, che in realtà non sareb­be­entusiasta di un incarico po­litico e breve scadenza (tutt’al più un anno e qualche mese, fi­no alle elezioni europee del 2014). Ma al capo dello Stato, che è stato il suo sponsor per la successione a Mario Draghi al­la guida della banca centrale, Visco non può dire di no. Nel di­segno quirinalizio, il governa­tore avrebbe il compito di rassi­curare i mercati­che hanno da­to già fort­i segnali di insoddisfa­zione per l’esito del voto e d’an­sia per le sorti del Paese affida­to a un Bersani decotto, con la stampella occasionale dei gril­lini - oltre che, ovviamente, fa­re la manovra in primavera, e possibilmente qualche altra correzione dei conti in autun­no.
Ma non è solo la manovra a preoccupare. A partire da que­sto mese si scatena uno tsuna­mi fiscale di imprevedibili pro­porzioni: arriva il redditome­tro, poi le dichiarazioni Irpef, quindi la prima rata dell’Imu (uguale a quella, maggiorata, di dicembre), la nuova impo­sta sui servizi di nettezza urba­na Tares, retroattiva dal 1º gen­naio; e infine l’aumento del­l’aliquota ordinaria dell’Iva, dal 21 al 22%. Solo un tecnico, per di più banchiere centrale, può sottrarsi alle pressioni per una tregua tributaria. Così, di questo scenario non fanno par­te la riduzione dell’Imu (figu­riamoci la cancellazione, seb­bene limitata alla prima casa), la rinuncia all’aumento del­l’Iva dal 1º luglio, o sgravi Irap di qualsiasi dimensione. L’im­pe­gno di pareggio di bilancio al­la fine di quest’anno, preso con l’Unione europea,non consen­tirà di allentare la morsa. Le ulti­me stime del Fondo monetario internazionale, datate 23 gen­naio, vedono il Pil 2013 in calo dell’1%.La Commissione euro­pea prevede un deficit del 2,1% sul Pil, e un debito ancora in au­mento, al 128,1%.
Visco non avrebbe dunque grandi margini per mettere in atto il «disegno organico per il futuro e per i giovani» di cui ha parlato in un recentissimo col­loquio con il direttore del So­le24Ore .
Del resto, nella stessa intervista, ha chiarito che«l’equilibrio dei con­ti pubblici è la precondi­zione per il successo: l’in­certezza sui mercati fi­nanziari riduce la fidu­cia, disincentiva l’inve­stimento e l’innovazio­ne ». Ma, come s’è detto, difficilmente potrebbe sottrarsi a un obbedisco! , se questa fosse la decisione di Napolitano. Stiamo parlando di ipotesi, certo, ma i preceden­ti (Lamberto Dini e Carlo Aze­glio Ciampi) inducono a ritene­re che non si tratti solo di fanta­sie. Nella girandola di voci che corrono in queste ore, c’è an­che quella che vorrebbe il go­ve­rnatore Visco attirato da Qui­rinale più che da Palazzo Chigi.
Ma qui siamo probabilmente nel campo delle fantasie. In ogni caso, Visco non è il solo al­to dirigente della banca centra­le coinvolto nel totonomine. Il direttore generale Fabrizio Sac­comanni dispone di non pochi supporter . Uno di loro è Roma­no Prodi, che in queste settima­ne sta giocando la sua partita per il Quirinale. Prodi avrebbe voluto Saccomanni nel primo board della neonata Bce, ma al­la fine gli venne preferito Tom­maso Padoa-Schioppa. Prima del voto, quando il Pd veniva dato per strafavorito, era stata attribuita a Bersani l’idea di un Saccomanni all’Economia,sot­tratta alle grinfie di Stefano Fas­sina, visto malissimo dai mer­cati. E ancora ieri,l’ex vicepresi­dente della Confindustria Gui­dalberto Guidi ha detto: «Ve­drei bene Saccomanni come premier».