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 2013  marzo 05 Martedì calendario

“VERSO UN FINTO INCARICO AL PD PER FAVORIRE LE LARGHE INTESE”

Roma Stallo. Il Colle osserva la situazione sempre più ingarbu­gliata. Dopo una timida apertu­ra di Grillo all’ipotesi di un go­verno tecnico, ieri è arrivato il niet: «Non s’ha da fare». Alme­no per ora. Bersani, dal canto suo, non vuol mollare e cerca a tutti i costi un’intesa con i cin­questellati. E oggi, alla direzio­ne del partito, il segretario del Pd si farà dare un mandato soli­do­per il suo estre­mo tentativo: un governo di sini­s tra-sinistra. Niente larghe in­tese; niente gover­nissimi; niente aperture al cen­tro e men che me­no a destra. La ba­se non capireb­be. E pure Vendo­la, massimo allea­to di Bersani, ieri chiudeva a que­ste ipotesi: «La­sciamo stare i gio­chini ». Sul fronte pidiellino, inve­ce, Berlusconi tor­na ad auspicare un governo delle larghe intese, ca­pace di rassicura­re mercati e can­cellerie europee.
In questo scena­rio, Napolitano tiene i nervi sal­di e non azzarda alcuna ipotesi sulle sue mosse future. Anche se, ieri, con una nota ha escluso di anticipare la convocazione del Parlamento: «Il presidente della Repubblica - si legge nel comunicato - ha preso atto che difficoltà di vario ordine non consentono una anticipazione della data di convocazione del­le Camere, già fissata per vener­dì 15 marzo». E quindi: «Resta ancora un ampio spazio per una proficua fase preparatoria delle consultazioni del capo dello Stato per la formazione del governo». In ogni caso l’au­spicio è che «le operazioni rela­tive all’insediamento delle Ca­mere e alla costituzione dei gruppi parlamentari si svolga­no con la massima sollecitudi­ne possibile».
In sostanza dà tempo al segre­tario del Pd di sciogliere il nodo Grillo, consapevole però che la situazione impone chiarezza e senso di responsabilità. Non è peregrina l’ipotesi, quindi, che il capo dello Stato dia un man­dato esplorativo proprio al se­gretario del Pd, capo del partito che ha il più consistente nume­ro di parlamentari. Così impo­ne la prassi costituzionale. A quel punto starà a Grillo dover buttare le carte sul tavolo e dare un definitivo «ci sto» oppure «no».Ovviamente i paletti pian­tati nel terreno dell’attuale si­tuazione politica sono molti ma il maggiore è uno solo: nes­sun cedimento di fronte al bi­lancio pubblico. I conti dovran­no essere a posto e il faro non po­trà che essere l’Europa. Ovvio che la strada per un governo Bersani-Grillo è stretta, strettis­sima. Un sentiero che però va percorso. Qualora la matassa non dovesse sciogliersi duran­te il primo tentativo Bersani- co­sa estremamente probabile - , il capo dello Stato avrebbe mani libere a percorrere una strada alternativa. Quella da lui più au­spicata: un governo istituziona­le, di larghe intese o del presi­dente. Appoggiato, dopo il «non possumus» ufficiale di Grillo, da Pd, Pdl e montiani. Un esecutivo solido, insomma, che dia rassicurazioni all’este­ro e che abbia in agenda poche cose: la riforma della legge elet­torale per cancellare per sem­pre il porcellum; una possibile nuova manovra per non sgarra­re sul pareggio di bilancio, pe­na il faro acceso della famigera­ta troika; un taglio ai privilegi della casta, andando così incon­tro ai desiderata dei grillini.
Tanti i nomi che circolano. S’è parlato dell’attuale mini­stro dell’Interno, Anna Maria Cancellieri. Ma anche di perso­naggi dal profilo più economi­co come l’attuale governatore di Bankitalia, Ignazio Visco o del direttore generale Fabrizio Saccomanni. Aperture dal cen­trodestra, invece, arrivano sul nome di Renzi: lo sconfitto alle primarie che piace tanto pure al Cavaliere. La sinistra radica­le, sperando di far nascere un esecutivo senza l’odiato Berlu­sconi, ha invece tirato in ballo il giurista Stefano Rodotà, spen­den­done il nome sia come can­didato premier sia come nuovo presidente della Repubblica; e l’attuale ministro alla Coesio­ne sociale Fabrizio Barca.