Francesco Cramer, il Giornale 5/3/2013, 5 marzo 2013
“VERSO UN FINTO INCARICO AL PD PER FAVORIRE LE LARGHE INTESE”
Roma Stallo. Il Colle osserva la situazione sempre più ingarbugliata. Dopo una timida apertura di Grillo all’ipotesi di un governo tecnico, ieri è arrivato il niet: «Non s’ha da fare». Almeno per ora. Bersani, dal canto suo, non vuol mollare e cerca a tutti i costi un’intesa con i cinquestellati. E oggi, alla direzione del partito, il segretario del Pd si farà dare un mandato solidoper il suo estremo tentativo: un governo di sinis tra-sinistra. Niente larghe intese; niente governissimi; niente aperture al centro e men che meno a destra. La base non capirebbe. E pure Vendola, massimo alleato di Bersani, ieri chiudeva a queste ipotesi: «Lasciamo stare i giochini ». Sul fronte pidiellino, invece, Berlusconi torna ad auspicare un governo delle larghe intese, capace di rassicurare mercati e cancellerie europee.
In questo scenario, Napolitano tiene i nervi saldi e non azzarda alcuna ipotesi sulle sue mosse future. Anche se, ieri, con una nota ha escluso di anticipare la convocazione del Parlamento: «Il presidente della Repubblica - si legge nel comunicato - ha preso atto che difficoltà di vario ordine non consentono una anticipazione della data di convocazione delle Camere, già fissata per venerdì 15 marzo». E quindi: «Resta ancora un ampio spazio per una proficua fase preparatoria delle consultazioni del capo dello Stato per la formazione del governo». In ogni caso l’auspicio è che «le operazioni relative all’insediamento delle Camere e alla costituzione dei gruppi parlamentari si svolgano con la massima sollecitudine possibile».
In sostanza dà tempo al segretario del Pd di sciogliere il nodo Grillo, consapevole però che la situazione impone chiarezza e senso di responsabilità. Non è peregrina l’ipotesi, quindi, che il capo dello Stato dia un mandato esplorativo proprio al segretario del Pd, capo del partito che ha il più consistente numero di parlamentari. Così impone la prassi costituzionale. A quel punto starà a Grillo dover buttare le carte sul tavolo e dare un definitivo «ci sto» oppure «no».Ovviamente i paletti piantati nel terreno dell’attuale situazione politica sono molti ma il maggiore è uno solo: nessun cedimento di fronte al bilancio pubblico. I conti dovranno essere a posto e il faro non potrà che essere l’Europa. Ovvio che la strada per un governo Bersani-Grillo è stretta, strettissima. Un sentiero che però va percorso. Qualora la matassa non dovesse sciogliersi durante il primo tentativo Bersani- cosa estremamente probabile - , il capo dello Stato avrebbe mani libere a percorrere una strada alternativa. Quella da lui più auspicata: un governo istituzionale, di larghe intese o del presidente. Appoggiato, dopo il «non possumus» ufficiale di Grillo, da Pd, Pdl e montiani. Un esecutivo solido, insomma, che dia rassicurazioni all’estero e che abbia in agenda poche cose: la riforma della legge elettorale per cancellare per sempre il porcellum; una possibile nuova manovra per non sgarrare sul pareggio di bilancio, pena il faro acceso della famigerata troika; un taglio ai privilegi della casta, andando così incontro ai desiderata dei grillini.
Tanti i nomi che circolano. S’è parlato dell’attuale ministro dell’Interno, Anna Maria Cancellieri. Ma anche di personaggi dal profilo più economico come l’attuale governatore di Bankitalia, Ignazio Visco o del direttore generale Fabrizio Saccomanni. Aperture dal centrodestra, invece, arrivano sul nome di Renzi: lo sconfitto alle primarie che piace tanto pure al Cavaliere. La sinistra radicale, sperando di far nascere un esecutivo senza l’odiato Berlusconi, ha invece tirato in ballo il giurista Stefano Rodotà, spendendone il nome sia come candidato premier sia come nuovo presidente della Repubblica; e l’attuale ministro alla Coesione sociale Fabrizio Barca.