Chiara Paolin, il Fatto Quotidiano 23/2/2013, 23 febbraio 2013
“QUI COMANDANO SEMPRE I SOLITI AMICI DEGLI AMICI”
Alfio Marchini è come si vede in tivù: bello. Sorridente. Gentile. Dopo una vita passata a gestire imprese e banche, ha deciso di candidarsi a sindaco di Roma con la sua lista civica. Dice che la città è piena di guai, che vince la mentalità mafiosa dove tutto finisce in mano agli amici degli amici, e lui ha deciso di reagire. Monti gli aveva offerto di fare il capolista in Lazio al Senato, e anche il Pd l’avrebbe candidato volentieri. “Io ho un’altra idea in testa: ripartire da una città per inventarsi un’Italia nuova - spiega Marchini col suo caban di lana blu -. Quando vado in giro trovo perle di genio accanto a degrado da terzo mondo. Sa cosa farei io da sindaco? Nominerei un responsabile del decoro per ogni quartiere, sottoposto periodicamente al giudizio dei cittadini. Se le cose migliorano, bene. Sennò si cambia”.
Abitudine al comando?
Vengo da una famiglia ricca. Ho avuto opportunità straordinarie. Ma dico sempre ai miei figli: nella vita conta la fatica che si fa nel percorso, non da dove si parte.
Lei partì da un nonno partigiano che le mise in mano un impero dell’edilizia a soli 22 anni. Bel privilegio, non crede?
Fu un apprendistato molto duro, col nonno. Mi disse: “Se sei sopravvissuto a me, sopravviverai a tutto”. L’azienda usciva da un periodo difficile, sono riuscito a farla fruttare, ho lavorato sodo.
Continua a sembrare il bravo ragazzo di famiglia importante che adesso si butta in politica.
Lo so, e lo capisco. Se racconto che da bambino potevo fare amicizia solo con quelli della scorta, perché era il periodo dei rapimenti e una nostra parente fu sequestrata, faccio la figura del signorino. Se dico che voglio cambiare il mondo, sembro stupido. Se qualcuno invece mi sostiene è chiaro che si tratta di un adulatore, di uno che vuole da me denaro, lavoro, chissà.
E allora chi glielo fa fare?
È successo che negli ultimi anni mi sono posto una domanda: cosa mi serve per essere felice? Risposta: non essere solo.
Cinque figli, un’ex moglie, un’ex compagna, tanti colleghi, amici importanti come Caltagirone, D’Alema e Casini: non le bastava?
Caltagirone fa affari da sempre, non ha certo bisogno di me al Comune per continuare. Massimo lo frequentavo nei primi anni ‘90, ho apprezzato la sua voglia di innovare il partito e l’Italia. Pier Ferdinando invece ha una sana consapevolezza di sé, e gliela invidio.
Cioè Casini è un politico vero, sulla breccia da trent’anni. Anche lei vuol stare al centro? La indicano come spalla moderata di Paolo Gentiloni sindaco Pd.
Allora non ci siamo capiti: non m’interessano destra e sinistra. Sto con chi rompe le regole. Ho sempre avuto un debole per le rivoluzioni.
Infatti, insieme all’Unità, editava le figurine di Che Guevara.
Appunto. Quello che propongo io è un’operazione di rottura del vecchio consociativismo. La politica deve ripartire da cose piccole e concrete per arrivare a cambiare il sistema.
Sembra Grillo.
Me lo dicono spesso. Ci sono cose che apprezzo di lui. La vo glia di ripartire.
Alemanno sostiene lei sia un parvenu, un dilettante.
Pazienza.
Un modello: Pisapia o De Magistris. Quale sceglie?
Pisapia.
E alla Regione Lazio per chi vota?
Zingaretti. Persona in gamba.
Facciamo 31: alle politiche chi sceglie?
Non ho ancora deciso.
Che fa, pretattica?
Davvero non ho deciso. Ma avrei preferito votare tanti mesi fa, subito dopo l’uscita di Berlusconi: abbiamo perso tempo prezioso.
Nel 1994 lei si dimise dal cda Rai pur di ostacolare l’invadenza del Cavaliere.
Soprattutto scrissi una lettera a Taradash, allora presidente della Vigilanza, per dirgli che, senza regole nuove, i partiti avrebbero continuato a dominare la Rai.
Sognatore recidivo?
Ho fatto le scelte che ritenevo giuste nelle varie occasioni della mia vita. Adesso tocca a questa, che considero l’avventura più bella: impegnarmi per gli altri.
Snob, come ipotesi di lavoro.
Dico che mi voglio impegnare e sono un annoiato dalla vita: non vi va mai bene niente.
Allora una domanda facile: che diritti per le coppie gay di Roma, lei che si professa cattolico?
Legittimo riconoscimento del rapporto. Per l’adozione invece sono contrario, ma è un argomento così delicato che merita una valutazione più profonda.
Mica tanto rivoluzionario.
Seguo Sant’Agostino: “Ama e fa ciò che vuoi”. L’amore è la cosa più grande della vita. Nel 2009 mio figlio è andato in coma. Allora ho cominciato a pensare che, dopo tutte le cose belle e brutte del mio destino, fosse ora di fare qualcosa io, in prima persona, per tutti. Per avere intorno una famiglia ancora più grande, una comunità.
All we need is love?
Assolutamente.