Marco Roncalli, Corriere della Sera 05/03/2013, 5 marzo 2013
PERCHE’ I «GRANDI VECCHI» SARANNO DETERMINANTI
Nel collegio cardinalizio (composto attualmente da duecentosette porporati) i cardinali ultraottantenni che non votano nella Sistina rappresentano quasi la metà: una novantina. Due sono quelli creati da Paolo VI, settantadue quelli che hanno avuto la porpora da Giovanni Paolo II e sedici voluti da Benedetto XVI. È stato papa Montini nel 1970, con il motu proprio Ingravescentem aetatem, a stabilire, insieme ad altre disposizioni, che i porporati over 80 dovessero perdere il diritto di entrare in conclave: pur restando membri del Sacro Collegio a tutti gli altri effetti e conservando la facoltà di prender parte alle Congregazioni generali. Una riforma storica che l’ottantaduenne cardinale Arcadio Larraona così commentò con un vaticanista: «Amico mio, meglio venire definiti rimbecilliti per decreto papale che esserlo per davvero».
Battute a parte, se è vero che gli ultraottuagenari non entrano nella Sistina e secondo la costituzione apostolica Universi Dominici Gregis, «in tempo di Sede vacante e, soprattutto, durante lo svolgimento dell’elezione del Sommo Pontefice» tocca proprio loro farsi «quasi guide del popolo di Dio radunato nelle Basiliche patriarcali dell’urbe, come pure in altre chiese delle diocesi sparse nel mondo intero», è pur vero che hanno il diritto (anche se non l’obbligo) di partecipare alle Congregazioni generali: il pre Conclave che ha preso il via ieri mattina. Dove le decisioni sono prese a maggioranza e dove la loro presenza va oltre il «coadiuvare con intense preghiere e suppliche al Divino Spirito il compito degli elettori». A prescindere dal numero (ieri erano trentanove) sono l’influenza personale e l’autorevolezza riconosciuta a contare. E non a caso già dalla scorsa settimana alcuni hanno avuto colloqui informali con colleghi, amici o ex allievi, che continueranno in questi giorni anche fuori dall’Aula nuova del Sinodo. Così anche loro potranno suggerire tratti per realizzare l’identikit del successore di Benedetto XVI a partire da quelle sfide del presente bisognose di un nuovo papa dotato di «vigore sia del corpo, sia dell’anima». E, soprattutto nel conclave che si avvicina, il loro peso è con tutta probabilità destinato a influire più che in quello precedente. Inutile negarlo.
Nello scenario del momento, non c’è ancora un ordine di priorità del tutto condiviso e nemmeno il vero candidato forte. Molti quelli che non si conoscono o sanno ben poco anche dei nomi più ricorrenti. E più di un porporato — anche fra gli italiani — confessa di sapere solo per chi non voterà (anche se connazionale). Ma anche a questo servono le congregazioni: a più d’un chiarimento fraterno e ad un reale discernimento, meglio se in un clima davvero sereno (quello di ieri, secondo padre Lombardi). A maggior ragione, così, anche la partecipazione dei porporati privi dell’elettorato attivo, avrà conseguenze. Contando pure su quella sincerità assoluta che in questi giorni il priore di Bose Enzo Bianchi invoca senza pietà e non è mancata ieri nell’intervento «ecclesiologico» del cardinale Kasper (che oggi compie ottant’anni ed entrerà comunque nella Sistina, là dove — diceva il cardinale Giuseppe Siri — nasce davvero il Papa).
Basta dare un nome ad alcuni ultraottantenni e rendersi conto del loro peso. Ecco allora il cardinal Angelo Sodano, decano del Collegio cardinalizio che ieri mattina al tavolo della presidenza ha aperto i lavori. Ecco, ultraottantenni, Julián Herranz, Jozef Tomko e Salvatore De Giorgi: i tre cardinali che hanno indagato su Vatileaks, e che, se non potranno divulgare il dossier segreto da loro preparato, dispenseranno elementi utili per valutare la situazione orientando le scelte imminenti. Ultraottantenne e presente al pre conclave da ieri il cardinale Camillo Ruini, dal forte ascendente su diversi conclavisti, e descritto al lavoro con mosse discrete da king maker. E poi Roger Etchegaray, l’inviato speciale di Giovanni Paolo II su tutti i fronti del mondo; Cormac Murphy — O’Connor, l’arcivescovo emerito di Westminster, il prefetto emerito delle Cause dei santi, José Saraiva Martins... E, sempre a proposito di ultraottuagenari, gira ad arte la voce che non restino del tutto esclusi nei confronti quei veterani ancor dinamici che, se non possono votare, tecnicamente possono essere eletti. Ma a chi gioverebbe oggi un papa di transizione? Sullo sfondo, da raccogliere in pienezza la meditazione pomeridiana del predicatore della Casa pontificia padre Raniero Cantalamessa, ancorata all’esortazione lasciata da Benedetto XVI (ora isolato a Castelgandolfo, ma già destinatario di un messaggio proposto dal cardinale decano che sarà firmato stasera): «Siate come un’orchestra».
Marco Roncalli