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 2013  marzo 05 Martedì calendario

NAPOLI, I CRIMINALI DELLE FOGNE

La polizia ha predisposto un servizio permanente di ronde notturne nelle fogne di Napoli allo scopo di prevenire le rapine ad opera delle cosiddette bande del buco: squadre di poliziotti-sommozzatori armati perlustrano le centinaia di cunicoli del sottosuolo a caccia dei rapinatori ultra-specializzati che ogni notte tentano di aprirsi varchi fra miasmi e topi famelici per poi risalire fino alle sedi delle banche e delle gioiellerie da ripulire.
Pataniello, Annichiello, Peppe ‘a mucia sono i soprannomi di battaglia di tre affiliati a una banda scoperta dai carabinieri. Per i tre, accusati di aver rapinato banche e gioiellerie penetrando dalle fogne, è scattato l’arresto. Per i complici (almeno tre, secondo gli inquirenti) «è questione di ore».
Il 1° marzo, i carabinieri del nucleo subacquei di Napoli hanno fermato un pugno di malviventi che, calandosi a cinque metri di profondità, avevano scavato un tunnel di 200 metri nel sottosuolo della centralissima via Chiaia per provare a svuotare la cassaforte di un istituto bancario.
I rapinatori avevano già provveduto a deviare alcuni cavi elettrici per trasferire la corrente e rifornirsi di energia da utilizzare per avere luce e per far funzionare gli attrezzi da scasso.
Insomma: tra bande armate e colpi grossi, nelle fogne di Napoli va quasi peggio che in superficie. La criminalità dilaga. E fa un po’ quel che vuole, agevolata da un inestricabile labirinto di caverne e corridoi: 900 cavità sotterranee (alcune profonde fino a 40 metri e lunghe un centinaio), 1 milione di metri quadrati di spazio al disotto del livello stradale, una rete chilometrica di collettori fognari situati a tre-cinque metri di profondità, che risalgono a un secolo e mezzo fa e consentono a chi ne è esperto di spostarsi da Nord a Sud, da Est a Ovest, dal centro alle periferie, dalla collina del Vomero fino al mare di Mergellina.
«Napoli», racconta a Lettera43.it Luca Cuttitta, 41 anni, speleologo, «nasconde il sottosuolo più vasto, articolato e suggestivo d’Europa. Solo nelle viscere di Parigi è possibile ammirare qualcosa di (quasi) altrettanto grandioso. Per noi speleologi, Napoli sotterranea rappresenta il paradiso. Ma purtroppo lo è anche per chi ogni notte consuma - protetto da quel buio intrigo - rapine, misfatti, imprese illegali».
Copertoni di camion, batterie di auto, lavatrici, mobili sgangherati, allacciamenti abusivi: giacciono perfino morti ammazzati, carogne di cavalli e carcasse di auto, nelle viscere più scostumate e remote di cui in pochi sanno.
La planimetria fognaria è un documento criptato. E assolutamente top secret. Peccato che sia facilissimo acquistare le sue copie - trasposte su un file e per pochi euro - sulle bancarelle disseminate nei vicoli del centro storico.
Con la planimetria fra le mani, chi intende organizzare una rapina passando per le fogne ha già risolto gran parte dei problemi. Le bande sono costituite da team consolidati, manipoli da cinque o sette individui di età a scalare e di altezza e conformazione fisica varia, spesso legati fra loro da vincoli familiari e di antica tradizione. Il mestiere si tramanda, come si fa per il borseggio che pure “è arte malandrina”.
Mascherine per il buon respiro, guanti enormi da miniera, potenti trapani a percussione. E poi, la fiamma ossidrica e gli stivaloni di gomma alti fino al ginocchio «per proteggersi dai morsi delle zoccole», i grossi topi di fogna «che qui sotto impazziscono e fanno denti acuminati che avvelenano mani e caviglie»: il corredo che serve a chi di mestiere “fa la talpa” è una faccenda delicata, da preparare per giorni.
Regola prima: mai trascurare i dettagli. Regola seconda: ricordarsi che sottoterra è la cura maniacale per il dettaglio che salva la vita. Racconta a Lettera43.it Peppe “‘o ballerino” («Perché nel buio delle fogne si muove e danza come in una discoteca», dicono), 48 anni di cui quasi una trentina dedicati a organizzare furti e rapine: «Le carte del sottosuolo a volte risultano approssimative: nei cunicoli, bisogna sempre esser pronti agli imprevisti e ai cambi di programma. Il nostro è un lavoro per gente paziente e iper-specializzata: se non si vuol affogare come topi, è opportuno imparare bene il mestiere da giovanissimi e saperne di idraulica e ingegneria. E allenarsi ai nervi saldi, perché stare sepolti fa paura».
‘O ballerino continua: «Guai a non saper scavare con delicatezza, senza sussulti, dal basso verso l’alto per non provocare crolli. Dai miei maestri ho imparato a informarmi pure sulle evoluzioni meteorologiche, perché un collettore raccoglie acque provenienti da zone vicine e lontane e può andare in pressione (e allagarsi) anche se sopra le nostre teste c’è il cielo sereno».
«Ogni banda del buco», fa sapere Luciano, un altro addetto ai lavori, «cura i contatti con esperti in grado di elaborare e offrire in vendita le mappe e i percorsi sotterranei più convenienti per raggiungere dal sottosuolo le sedi da depredare. Spesso i piani più appetibili vengono proposti all’asta al miglior offerente». Oltre al servizio di ronde e perlustrazione delle fogne avviato dalla Questura, c’è da raccontare che i carabinieri hanno perlustrato nel 2012 a Napoli quasi 2 mila chilometri di condotte fognarie e sottoservizi.
Tra le numerose gang assicurate alla giustizia, compare anche una delle bande “al contrario”, che cioè rapinano gli istituti di credito non entrando dalle fogne ma dall’alto degli appartamenti soprastanti.
Prevenzione e ronde a parte, l’assalto alle fogne di Napoli è un’impresa fin troppo facile: in città esistono 57 mila caditoie e 100 mila tombini. Infilarsi in un tombino e scomparire è roba di un attimo. Gli inquirenti spiegano: «A esser prese di mira non sono solo le banche e le gioiellerie: si scende nelle fogne per organizzare perfino furti di caramelle, di tagliandi del gratta e vinci, di biglietti di ingresso per Euro-Disney, di liquori, bibite e perfino di dolci. Fra gli obiettivi di pasticceria, i più appetiti risultano le pastiere e i babà».
Tragedia e quasi farsa, cronaca e finzione. Nel film Operazione san Gennaro del 1966 (regìa di Dino Risi), il maestro Totò spiegava a Nino Manfredi-Dudù come districarsi fra casseforti e cunicoli fognari per arrivare fino al Duomo dove c’era da rubare - addirittura - il mitico Tesoro del santo patrono.
Di una clamorosa rapina al Banco di Napoli attraverso le fogne, invece, si racconta nel film Take five (Dammi il cinque), che Guido Lombardi, il regista di La Bas (il film-documentario premiato alla Mostra di Venezia) sta girando con gli attori ex detenuti Gaetano Di Vaio e Sasà Striano e con lo scrittore Peppe Lanzetta.
Lombardi ha raccontato: «Stiamo lavorando nel vecchio acquedotto dei Savoia a Capodimonte perché ci hanno spiegato che nelle fogne di Napoli è vietato entrare». Anche le banche hanno rifiutato di farsi rapinare “per finzione” cinematografica. E così il caveau del Banco di Napoli è stato ricostruito nella sala delle Grida della Camera di commercio. Nella speranza, forse, che cinema e realtà non si confondano più insieme, visto che a ottobre 2012 un colpo alla sede del Banco di Napoli c’è stato davvero. Ed è pure riuscito.