Stefano Rizzatto, La Stampa 5/3/2013, 5 marzo 2013
QUANTO E’ GRAVE L’ ABUSO DI ALCOL?
In Francia l’alcol è un’epidemia sociale che causa 49 mila morti l’anno. A rivelarlo è un’indagine pubblicata dallo «European Journal of Public Health», con cifre impressionanti: l’abitudine a bere senza controllo è responsabile della morte del 13% degli uomini francesi e del 5% delle donne. Si tratta di un caso isolato?
Non del tutto, visto che in Europa l’alcol è la terza causa di morti premature e malattie. Nel confronto con gli altri continenti il nostro è in assoluto quello con i problemi più seri in questo campo. Certo, oltralpe la situazione è particolarmente grave: in media, un francese adulto consuma oltre 13 litri di alcol puro in un anno. La media europea è di 9,24 litri.
In Italia va un po’ meglio?
In Italia va decisamente meglio e il numero di morti causate dall’alcol è stimato intorno a 20 mila. Non poche, certo, ma ad essere rassicurante è soprattutto il fatto che il consumo di alcol sta diminuendo in modo costante. L’ha confermato l’ultima indagine dell’Istituto superiore di sanità, relativa al 2011. Negli ultimi 10 anni il numero di italiani che bevono vino o simili quotidianamente è calato del 18,4%, addirittura del 25,7% tra le donne.
Possiamo dunque stare tranquilli?
Purtroppo non del tutto, perché cresce la quota di chi beve alcolici fuori dai pasti, passata dal 24,9% del 2001 al 27,7% del 2011. Soprattutto, c’è sempre più un problema legato ai giovani: sono oltre 1,3 milioni i ragazzi e le ragazze tra gli 11 e i 25 anni che bevono in modo occasionale, ma molto rischioso per la salute. Inoltre, secondo l’ultima indagine condotta da Eurispes insieme con Telefono Azzurro, ben il 64% dei ragazzi di età compresa tra i 12 e i 18 anni dichiara di bere alcolici. Per il 10,6% è una vera e propria abitudine.
Quanto è diffuso il «binge drinking» di cui si sente tanto parlare?
Sono principalmente i giovani a praticare questa «abbuffata alcolica», che porta a bere cinque o sei drink in due ore. Chiaramente è un comportamento legato a particolari occasioni e al contesto sociale, ma non per questo meno preoccupante.
Quali sono i rischi?
«In età adulta e se si ha un certo grado di tolleranza, il “binge drinking” può anche non essere un problema grave», dice il dottor Bruno Sciutteri, responsabile del dipartimento dipendenze 1 dell’Asl Torino2. «Tutto il contrario per i giovani, che finiscono per “bombardare” con l’alcol il proprio cervello, che però è ancora in una delicata fase di sviluppo».
Da cosa si riconosce se una persona ha un vero problema di alcolismo o è un consumatore «normale»?
«Ci sono linee guida a livello nazionale e internazionale - spiega Sciutteri -. Il confine si colloca oltre i 30-40 grammi di alcol per gli uomini, circa tre drink, e oltre i 15-20 grammi per le donne, quindi due drink. Ma poi è chiaro che i segnali sono anche altri. Bere tutti i giorni lontano dai pasti, avere frequenti sbalzi d’umore o vere e proprie crisi d’astinenza: sono tutti sintomi di un problema che va affrontato al più presto».
In casi simili a chi ci si può rivolgere?
Nelle Asl ci sono servizi per le tossicodipendenze, i cosiddetti SerT, o per le dipendenze (SerD). Sono ambulatori – nelle grandi città ce ne sono diversi – con personale qualificato per dare una diagnosi sia dal punto di vista fisico che da quello psicologico. «Da noi arrivano soprattutto persone mandate dal medico di famiglia o da un famigliare - racconta Sciutteri -. Ogni dipendenza fa storia a sé, ma il primo passo è sempre una visita in cui cerchiamo di capire quanto è grave il problema e la disponibilità del paziente ad affrontare un percorso di disintossicazione».
A livello di leggi quali possono essere i rimedi?
Sulla questione c’è un intenso dibattito. Molti sono convinti che un approccio «proibizionista» servirebbe a poco, altri sostengono la necessità di istituire maggiori vincoli e ad esempio imporre prezzi più alti agli alcolici o minori concentrazioni di alcol nelle bevande. In più, uno studio della canadese Victoria University ha evidenziato che basterebbe un aumento del 10% del prezzo degli alcolici per far diminuire di un terzo le morti legate all’alcolismo. Al contrario, un aumento dei punti vendita corrisponderebbe a una maggiore mortalità.
E il problema dei giovani come viene affrontato?
In Italia, fino a pochi mesi fa, la legge vietava di servire alcolici solo ai minori di 16 anni. A inizio novembre è entrato in vigore il decreto Sanità voluto dal ministro Renato Balduzzi, che ha innalzato la soglia a 18 anni. Ma resta fondamentale un’altra attività di prevenzione, quella di informare i ragazzi – soprattutto nelle scuole – sui rischi legati all’alcol.