Francesco Rigatelli, La Stampa 5/3/2013, 5 marzo 2013
E ADESSO NON E’ PIU’ UNA CONDANNA A MORTE
Sieropositivo. Quando lo scopri non è una bella notizia. Se lo scopri. Perché la differenza a parlare con gli esperti è tutta lì. Se fai il test Hiv o no. Dunque, farlo, farlo subito per sé e soprattutto per gli altri: prima di avere rapporti senza preservativo e prima di una gravidanza.
Una volta positivi al test non è una bella notizia, ma neppure un dramma. E’ una notizia da valutare meglio che 30 anni fa, per esempio. «Allora con l’Aids eri spacciato, diventavi uno zombie, oggi in molti casi puoi vivere a lungo senza problemi», raccontano le infermiere specializzate dell’Ospedale Sacco di Milano. Tutto sta nel quando si diagnostica la malattia e in che stato la si trova. Per questo i bambini possono essere avvantaggiati.
Racconta Pierangelo Tovo, specialista dell’Università di Torino, che il 90% degli under 15 infetti diventa adulto e anche per i grandi ci sono percentuali simili di vita. Solo che, appunto, dipende dalle condizioni in cui si scopre la malattia. Per i bimbi, invece, spesso già dalla nascita se ne conosce il contagio da parte della madre. E si interviene subito.
«Negli Anni 80 - ricorda Tovo - il 20% dei bimbi infetti moriva, oggi siamo al 2%. Allora una mamma con l’Aids che allattasse il bambino ne infettava uno su tre. Poi, non allattando, uno su cinque. Altra novità fu il parto con taglio cesareo elettivo, cioè prima delle doglie, verso la 37ª settimana. Nel 1994 arrivarono i primi farmaci retrovirali per mamma e bambino, dal 1995 più medicine e dal 1998 è diventato chiaro che erano utili. Così oggi una donna sieropositiva ha un tasso di trasmissione inferiore al 2%». Una volta un bambino senza cure moriva entro i primi 10 anni. Con le terapie attuali, quotidiane, sta bene per 15 anni, almeno.
Poi i primi sintomi, essendo immunodepresso, possono essere infezioni e disturbi cerebrali. Ma, mentre prima l’eccezione era chi stava bene, ora è chi sta male. Il bambino più «vecchio» in Italia nato con l’infezione è un piemontese del 1981, ovvero prima delle ultime cure. Una prova migliore sulla longevità si avrà con quelli nati a metà degli Anni 90.
Ovviamente il discorso vale per i Paesi che possono disporre delle misure preventive. Altro punto interessante è che una volta l’80% delle donne infette erano tossicodipendenti, ora solo il 10. Il 90% viene contagiato sessualmente. Per questo restano fondamentali l’informazione, il test e il preservativo. «Non è facile trasmettere l’Aids - spiega Tovo - ma chi può dire che durante il rapporto non ci sia la perdita di una gocciolina di sangue?».
Senza test, è possibile aver contratto il virus e non accorgersene. E’ anche più probabile che una persona sieropositiva a sua insaputa sia più contagiosa, perché non si cura. I sintomi non sempre vengono fuori subito, ma anche dopo anni. Si può essere sieropositivi, insomma, a propria insaputa.
La separazione concettuale tra Aids e tossicodipendenza ha diminuito anche lo stigma nei confronti dei contagiati. Per Silvana Grandi, docente di Psicologia all’Università di Bologna, «ora è più facile richiedere le cure e accedere alla prevenzione. E, da quando si è prolungata la vita di questo tipo di malati e si sono creati presidi terapeutici, è cambiato tutto: cammin facendo, un conto è sapere che non si ha scampo, un altro è che c’è un futuro».