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 2013  marzo 05 Martedì calendario

AMORI E DISASTRI QUELLE NOTTI INSONNI CON CASSANO-JOLIE


All’indomani del divorzio da Angelina Jolie l’attore Billy Bob Thornton disse questa frase: «Se vuoi dormire la notte, non sposare una bella donna». Esistono, in effetti, alcune cose che portano guai sicuri. Un’altra di queste è Antonio Cassano, che con Angelina condivide la stratosferica concezione di sé, la propensione al diverbio e una sorta di bulimia esistenziale che ingloba gli altri e poi li sputa fuori. Differenze ( sorvolando sul fattore estetico): non ha ancora trovato il Brad Pitt che ne limiti le pulsioni autodistruttive. Solo dei Billy Bob impersonati di volta in volta da Capello, Garrone e ora Stramaccioni. Inevitabile che il film finisca con un litigio e una separazione. Dopodiché Cassano si ricostruisce altrove, “più bello che pria” non saprei, “più superbo”, di sicuro. È il suo destino, la sua autoprofezia che si avvera. A ogni primo ciak la storia d’amore appare meno convincente: il Milan era il cielo e l’Inter tre metri sopra. I media fan finta di crederci e regolano il timer. Con la serenità dei napoletani che osservano il mondo fare la rivoluzione intorno al Vesuvio e il linguaggio da verbalizzante della Storia, Enrico Varriale si rivolge a Stramaccioni come Walter Chiari ad Achille Campanini e gli dice: «Visto? Cassano reitera». E nella scelta di quel verbo da codice penale c’è tutta la prevedibilità dell’evento. Cassano non sorprende, non devia, non esplode: reitera. Visto?
In quella domanda retorica, invece, c’è l’atteggiamento di tutti (tifosi di stagione inclusi) verso di lui: non si aspettano la stecca, ma la caduta, non il sorpasso ma l’incidente. Visto? Te l’avevo detto io che reiterava.
La cosa meravigliosa è che, come in un paradosso filosofico, i fatti gli danno torto, ma gli danno ragione. Bisogna quindi, per giudicare, equipaggiarsi di un armamentario logico che comprenda l’iperbole, la dimostrazione a contrario e l’annullamento della poetica della sliding door. Ovvero, Cassano reitera, ma pure gli altri, dal canto loro, non ci capiscono una mazza. I fatti, signori della corte. Parola all’accusa. Cassano spezza il gruppo e non fa la differenza. Esce immusonito contro il Milan. In settimana irride i compagni e l’allenatore, venendo alle mani con quest’ultimo. Resta fuori. Risultato? L’Inter vince in rimonta a Catania, dando prova di essere un gruppo, specie se libero dal fardello di chi non se ne sente parte. Palacio prende in mano l’attacco e la squadra. Stramaccioni azzecca i cambi. Chi non ne ha azzeccato uno è Moratti, che per avere Cassano ha ceduto Pazzini: due gol nell’anticipo, dodici fin qui, mai una parola in fuorigioco. «Ma Cassano è un artista un po’ così», dice. Sì, aspetta che ti faccia lui il ritratto. La giuria popolare ha già deciso. Sondaggio on line della Gazzetta dello Sport. “Che cosa dovrebbe fare l’Inter con Cassano?”. Risposta a maggioranza del 60%: “Sbarazzarsene. Non andava neanche preso”. Via, prima che reiteri ancora.
Parola alla difesa. Che cosa ha fatto imbestialire Cassano? Essere venuto all’Inter per dialogare con i grandi e trovarsi Schelotto al posto di Sneijder. È vero che da due domeniche rimonta, ma Stramaccioni sbaglia la formazione di partenza e gli allenatori che sanno correggersi sono anzitutto quelli che hanno fatto errori. La miccia che ha scatenato le ire in allenamento è stata la decisione di schierare titolare Rocchi. Dalla pagella di Massimo Norrito su Repubblica: «Lasciare Palacio in panchina per questo Rocchi rasenta l’autolesionismo, voto 4,5». Al sostituto, voto 8. Chi aveva ragione? Cassano o Stramaccioni? Quanto alla giuria popolare, stessa fonte, sondaggio di inizio stagione: Cassano-Pazzini, chi ci ha guadagnato nello scambio? Risposta a maggioranza, seppur di misura: l’Inter. Che a Catania ha vinto, ma ha rischiato il naufragio a causa di scelte iniziali masochiste, che ha un allenatore ondivago come il suo presidente, tornato agli splendori di mercato di quando comprava Centofanti. Cassano ha un temperamento da curva e come i suoi occupanti pensa: “A loro Balotelli, a me Rocchi?”. È lì che va in autocombustione e si fa del male da solo. Se Prandelli non lo chiama più dev’essere, a occhio, perché gli ha detto quel che pensa dell’aver come compagno di nazionale Giaccherini. È sempre stato così: lo infastidisce l’inferiorità. Riesce a concepirla solo se è netta e dichiarata. Allora gli scattano compassione e generosità. Ma in serie A non ne ha per nessuno. E reitera.
Il verdetto? Fosse per me, mi terrei la moglie bella e darei Cassano ai Red Bulls di New York, la città che, tanto, non dorme mai.