Carola Barbero, il Sole 24 Ore 3/3/2013, 3 marzo 2013
IL LOGICO IMPERTINENTE
Bernard Placidus Johann Nepomuk Bolzano, matematico e filosofo vissuto nella Praga asburgica a cavallo tra il XVIII e il XIX secolo, è conosciuto principalmente per i suoi studi sui fondamenti della matematica e della logica. Molti ricordano il teorema – dimostrato nel 1817 da Bolzano, ma reso noto solo cinquant’anni dopo da Karl Weierstrass che ne fornì (indipendentemente) una nuova dimostrazione – di Bolzano-Weierstrass, secondo il quale ogni successione reale limitata possiede almeno una sottosuccessione convergente. Altri associano il nome di Bolzano alla sua opera più famosa, la monumentale (quattro volumi, ma nell’edizione critica di Berg diventano dodici) Dottrina della Scienza (1837), in cui viene elaborata una teoria logica di stampo antipsicologistico che avrà una enorme influenza sui pensatori successivi. Primo fra tutti Husserl che, nel primo volume delle Ricerche logiche (Prolegomeni alla logica pura, 1900), per rispondere alla dura critica mossa da Frege alla sua Filosofia dell’aritmetica (1891), abbraccia il logicismo bolzaniano (che attribuisce alle verità logiche l’oggettività in sé) per evitare di far scivolare la matematica e la logica nelle torbide acque dello psicologismo. Altri ancora sanno che ne I paradossi dell’infinito (usciti postumi nel 1851) Bolzano anticipa in maniera geniale molti temi e problemi poi affrontati da Cantor nella teoria degli insiemi infiniti. Solitamente però ci si ferma qui, pensando che Bolzano non abbia fatto molto di più. Ed è un peccato, perché il suo pensiero in realtà va ben oltre, come emerge da questo bellissimo volume – curato da Besoli, Guidetti e Raspa – che raccoglie, oltre a una serie di saggi scritti dai principali studiosi italiani e stranieri di Bolzano, anche la traduzione di una parte della Dottrina della Scienza su «Proposizione ed espressione» e un saggio del maggiore esponente della fenomenologia nel l’Europa orientale, Patocvka.
Innanzitutto, seguendo l’invito di Besoli all’inizio del suo saggio, proviamo a soffermarci sugli estremi biografici che delimitano l’esistenza di Bolzano: nasce nel 1781 e muore nel 1848. Non si tratta di due date qualsiasi: la prima coincide con la pubblicazione della prima edizione della Critica della ragion pura di Kant, mentre la seconda, oltre a segnare la famosa «primavera dei popoli» in mezza Europa, è anche la data di nascita di Frege. Semplici coincidenze, interessanti però se si pensa che la vita intellettuale di Bolzano è segnata precisamente dall’abbandono del trascendentalismo kantiano e dal richiamo verso l’obiettivismo logico e l’analisi semantica. Si tratta degli estremi tra i quali si situa un pensiero che può essere posto a confronto, direttamente o indirettamente, con i principali esponenti della tradizione filosofica occidentale (da Aristotele agli stoici, da Leibniz a Kant e Hegel fino a Cantor) e con ambiti di ricerca quali la metafisica, la logica, la matematica e la filosofia del linguaggio.
La ricchezza e varietà dei saggi del volume consente di comprendere come Bolzano meriti di essere letto non solo per le sue riflessioni sull’in sé e per la nozione di «infinito in atto», bensì più in generale perché offre molti spunti utili per capire, da un lato la filosofia analitica contemporanea e, dall’altro, il dibattito relativo ai rapporti tra metafisica e scienza di matrice continentale. Certo, riguardo alla natura della logica, Bolzano si è fatto promotore di una vera e propria rivoluzione, ponendola per la prima volta su una base semantica. Questa è la ragione per la quale, secondo Simons, la sua Dottrina della Scienza deve essere considerata come la seconda opera più importante (l’altra è la Mathematical Analysis of Logic di Boole del 1847) compresa tra la morte di Leibniz e la Begriffschrift di Frege. L’aspetto forse più innovativo della concezione bolzaniana è la considerazione della logica come una disciplina che si occupa di entità (le proposizioni in sé e le rappresentazioni in sé) ideali (ossia oggettive anche se non reali) e in quanto tali capaci di garantire l’oggettività della conoscenza in una maniera che è invece preclusa tanto alle entità mentali come i pensieri quanto alle entità linguistiche. Non stupisce quindi che nella sua prefazione al libro Frege and Other Philosophers (1991) Dummett scriva, come giustamente ricorda Künne, che «l’unico filosofo del XIX secolo del quale sarebbe ragionevole supporre, solo dal contenuto dei suoi scritti e di quelli di Frege, che abbia influenzato Frege, è Bernard Bolzano, il quale morì l’anno in cui nacque Frege; ma non c’è nessuna evidenza che Frege abbia letto Bolzano».
Bolzano però è stato rivoluzionario anche in un modo più sottile (e letterale), come evidentemente pensavano coloro che, a un certo punto, decisero di metterlo agli arresti domiciliari. Sì, perché ben prima che filosofo e matematico, Bolzano era un sacerdote cattolico a cui, all’età di ventitré anni, era stata assegnata la cattedra di Filosofia e Religione dell’Università di Praga, nella speranza di disporre di un giovane facilmente manovrabile capace di «ammaestrare» gli studenti (l’impero austriaco e la Chiesa avevano concepito tali cattedre come organi di controllo della libertà di pensiero e delle ambizioni di indipendenza delle comunità nazionali). Non si poteva commettere errore più grande: Bolzano non solo era poco influenzabile, ma soprattutto credeva fermamente nella giustizia politica e nel libero pensiero. Nel 1819 sarà sospeso dal suo incarico, accusato di eresia e messo agli arresti domiciliari con il divieto assoluto di pubblicare.
Anche il più teoretico dei pensatori è intrinsecamente situato, come sottolinea Raspa, e non ci si può pertanto esimere dal considerarlo anche dal punto di vista non solo della storia, ma anche della storia della filosofia, da cui emerge un filosofo completamente immerso nel suo tempo, attento alla filosofie di Hegel e Schelling, ma anche maturo nell’assimilazione dell’eredità critica del kantismo e con un forte interesse per le varie forme dell’esperienza conoscitiva.