Roberto D’Alimonte e Federico De Lucia, il Sole 24 Ore 3/3/2013, 3 marzo 2013
UN PARLAMENTO DI «MATRICOLE»
Il Parlamento appena eletto è un Parlamento molto diverso da quello che lo ha preceduto. Ci sono più donne, quasi il 31%. Non sono tantissime ma sono molte di più che in passato. Erano 191 su 945 nel 2008, oggi sono 291. Si è passati dal 20,2% al 30,8%. Lentamente ci avviciniamo ai tassi di presenza femminile delle democrazie europee più avanzate. È anche un Parlamento più giovane, con un’età media alla Camera di 45 anni e al Senato di 53. Ma è soprattutto un Parlamento con tante facce nuove. I dati dicono che bisogna tornare al 1994 per trovare un cambiamento della rappresentanza così accentuato. Allora solo il 24% dei nuovi eletti era costituito da parlamentari uscenti. Era l’inizio della Seconda Repubblica. Nelle quattro elezioni successive, la classe politica è andata strutturandosi abbastanza rapidamente, ed il tasso di rielezione si è stabilizzato attorno al 50%. Oggi, il dato si è abbassato in modo molto netto: solo il 36% dei nuovi eletti è composto da parlamentari uscenti. Il 64% sono facce nuove. Questa percentuale è ovviamente molto influenzata dalla presenza di nuovi partiti, e in particolare il Movimento 5 Stelle ma, come vedremo, anche il Pd ha contribuito in maniera significativa al rinnovamento della rappresentanza. Non sono pochi i parlamentari uscenti che si sono ripresentati: 698 su 945. Sono pochi quelli che hanno ottenuto la riconferma, solo 344. Questo numero però è ancora provvisorio a causa di quella intollerabile anomalia italiana (tra le tante) che sono le pluricandidature. Ancora oggi non si conosce l’esatta composizione del Parlamento perché ci sono 20 candidati che sono stati eletti in più circoscrizioni o in più regioni e che hanno tempo fino a 8 giorni dalla proclamazione per esercitare l’opzione tra le varie sedi in cui sono risultati eletti. Meritano di essere citati per cognome: Bersani, Marino, Letta e Nardelli per il Pd; Vendola e Boldrini per Sel; Tabacci per il Centro Democratico; Alfano, Berlusconi e Barani per il Pdl; Tremonti per la Lega; Meloni, La Russa e Rampelli per Fratelli d’Italia; Bombassei, Ichino, Casini, Cesa, Catania e D’Alia per il polo di Monti. Dalle loro scelte dipenderà chi entra in Parlamento e chi no con buona pace degli elettori. Dei 354 parlamentari uscenti che non si sono ripresentati ci sono molti politici di lungo corso. Sono invece 247 coloro che pur essendosi ricandidati non hanno ottenuto il seggio. Fra essi spiccano tre nomi di assoluto rilievo nazionale: il presidente della Camera uscente, Gianfranco Fini, l’ex presidente del Senato Franco Marini, e il leader dell’Idv Antonio di Pietro. Oltre a costoro, fra gli esclusi si contano Napoli, Paniz, Crosetto, Miccichè per il centrodestra, tutta Fli con l’eccezione di Della Vedova, esponenti importanti dell’Udc come Galletti, Poli, Rao, e l’ex Pdl Cazzola per il polo montiano, l’ex dipietrista Donadi e l’attivista dei diritti civili Paola Concia per il centrosinistra. Escludendo i partiti nuovi, quello che si è rinnovato di più è il Pd. Su 412 parlamentari eletti, 267 sono matricole, quasi il 65%. Di questi 156 sono donne. Il dato è influenzato dal successo alla Camera che ha permesso al partito di Bersani di eleggere, grazie al premio di maggioranza, 340 deputati. Nel Parlamento uscente erano 290. È più facile rinnovarsi quando si vince e aumentano i seggi. Resta il fatto che la delegazione parlamentare del Pd è quella con la presenza più significativa di facce nuove. Certo gli esponenti democratici non sono i "grillini", la stragrande maggioranza dei quali, non ha alcune esperienza politica. È gente che in gran parte ha fatto carriera nel partito e/o nelle amministrazioni. Le facce sono nuove ma il profilo non lo è necessariamente. Qui sta la differenza con la delegazione del M5S. Quanto a Pdl e Lega Nord, gli altri due sopravvissuti di un certo peso, hanno pagato la sconfitta anche sul piano del rinnovamento. Nel caso del partito di Berlusconi i parlamentari nuovi sono solo 53, il 28% degli eletti. Questo vuol dire che tra gli eletti di oggi il 72% faceva già parte del vecchio Parlamento. È una cifra doppia rispetto alla media di tutti gli eletti. Stesso discorso vale più o meno per la Lega: i nuovi parlamentari sono 14 mentre i "vecchi" sono 23. Anche da questi dati si arriva alla conclusione che siamo entrati in una fase di transizione per certi aspetti simile a quella che abbiamo attraversato tra il 1992 e il 1994. Anche allora la rappresentanza parlamentare si era profondamente rinnovata grazie al successo di nuovi partiti, Lega Nord e Forza Italia, che gradualmente si sono integrati nel sistema parlamentare. Succederà la stessa cosa con il movimento di Grillo?