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 2013  marzo 04 Lunedì calendario

QUELLA SPIA FASCIO COMUNISTA A SERVIZIO (STAMPA) DEL PCI

Quando Bersani ha an­nunciato lo scouting per traghettare i par­lamentari grillini a sostenere la sinistra, aveva un precedente illustre. Un altro leader della sinistra, Togliat­ti, aveva teorizzato e compiuto la stessa strategia nei confronti dei fascisti. Non sto parlando del co­sìddetto entrismo, ovvero la strategia di infiltrarsi nelle organizza­zioni fasciste, né del suo appello ai fratelli in camicia nera del ’36 e poi del ruolo avuto da Togliatti nell’estate del ’39 per conto del Comintern per convincere i com­pa­gni francesi e italiani sulla vali­dità del Patto Molotov-Ribben­trop tra Hitler e Stalin. Parlo della giovane repubblica italiana, la democrazia antifascista, anche se le linee di quella strategia era­no già state tracciate da Togliatti al tempo del fascismo. Ho tra le mani una sorprendente testimo­nianza di Lando Dell’Amico, per­sonaggio strano, «spione» e av­venturiero del giornalismo e del­le idee. Di lui me ne parlò la pri­ma volta Enrico Landolfi, sociali­sta venuto dalla sinistra neofasci­sta, poi convertito al Psi e infine a Bertinotti.Di Dell’Amico nel suo ruolo di cerniera tra comunisti e neofascisti ne parlai pure con Giano Accame e perfino, una vol­ta con Augusto del Noce. Ma di lui e del suo ruolo di traghettato­re tra il Msi e il Pci ne hanno scrit­to anche personaggi importanti del Pci, come Ugo Pecchioli ed Emanuele Macaluso, storici co­me Paolo Buchignani in Fascisti rossi e giornalisti come Piergior­gio Murgia in Ritorneremo , più vari autori che si sono occupati di spionaggio, da De Lutiis a Gianni Cipriani. Dell’Amico ebbe una precoce esperienza nella Repub­blica sociale e nel dopoguerra fu caporedattore di un giornale di frontiera tra il rosso e il nero, Il pensiero nazionale , diretto da Stanis Ruinas. Il giornale di sini­stra fascista, scrive Dell’Amico, fu finanziato dal Pci. Scavalcan­do Ruinas, idealista refrattario, Dell’Amico era stato chiamato al­le Botteghe Oscure­racconta ne
La leggenda del giornalista-spia ,
che esce ora da Koiné (pp.375, E.18) - da Giancarlo Pajetta, re­sponsabile di stampa e propa­ganda del Pci, con l’imprimatur di Togliatti- per «una capillare azione di avvicinamento in fun­zione antiNato della base giova­nile neofascista », e per lavorare a fianco di due giovani dirigenti co­munisti, Ugo Pecchioli ed Enrico Berlinguer,che poi accuserà Del­l’Amico di «fascistizzare il parti­to ». Lo scoutismo di Bersani allo­ra­fu chiamato da Togliatti Opera­zione Caronte: il «dimonio» in questione era proprio Dell’Ami­co che avr­ebbe dovuto traghetta­re i neofascisti all’altra riva comu­nista. Il linguaggio muta non so­lo perché mutano i tempi: To­gliatti era uomo di lettere, Bersa­ni uomo di coop. Dell’Amico, 26 anni, diventò «consulente di Pajetta» per la propaganda in am­bito neofascista. Della sua opera di Caron Dimonio, Dell’Amico scrisse su Il Mondo di Pannunzio e addirittura su Le Figaro , grazie a due padrini d’eccezione:Igna­zio Silone e Raymond Aron.
Erano gli anni in cui Togliatti apriva ai fascisti e ai sindacalisti venuti dal fascismo. Dopo aver amnistiato i fascisti da Guardasi­gilli, Togliatti fece scrivere Mala­parte sull’ U­nità con lo pseudoni­mo di Gianni Strozzi e poi aperta­mente, fino a mandarlo come in­viato in Cina. Di particolare inte­resse è il colloqu­io che Dell’Ami­co ebbe con Togliatti alla presen­za di Pajetta. È riportato un virgo­lettato togliattiano sorprenden­te, non so quanto attendibile.To­gliatt­i dice che si oppose all’osses­sione persecutoria verso i neofa­scisti di Mario Berlinguer e Piero Calamandrei, poi consegna a Dell’Amico un fascicolo che do­cumenta le sue aperture ai giova­ni venuti dal fascismo, elogia Mussolini giornalista, incorag­gia il dialogo che Dell’Amico ha avviato tra i comunisti e il giova­ne Pino Rauti. Anche Ingrao, ve­nuto dal fascismo e approdato al Pci, apre ai neofascisti sul setti­manale dei giovani comunisti, Pattuglia . Togliatti rassicura il ne­ofascista Lando: «Stai tranquillo, con noi si diventa tutti intelligen­ti ». E sulla premiata ditta Riciclag­gi del Pci, Togliatti paragona la sorte di Gentile e Volpe che non furono mai razzisti, difesero anzi ebrei e antifascisti, e furono poi, l’uno ammazzato col plauso del Pci e l’altro epurato dalla catte­dra; e Delio Cantimori che era sta­to a suo dire filonazista, dissen­tendo da Gentile che non volle pubblicare le sue voci antisemite sull’Enciclopedia italiana; ma fu redento dal nazismo e dal razzi­smo e salvato da Togliatti per «la sua adesione religiosa al Pci».Pe­raltro fu proprio Can­timori, neofita del Pci a censurare le opere di Nietzsche «protofascista»pres­so Einaudi... Un allie­vo di Cantimori fu Renzo de Felice. Di lui Dell’Amico rac­cont­a che fu allonta­nato dalla Fgci dal se­gretario Berlinguer per «gravissima de­viazione ideologi­ca » perché in un arti­colo censurato dal Pci, accusò Hitler di aver tradito Stalin in quell’alleanza a suo dire necessaria per sconfiggere «l’Ame­rica capitalista e im­perialista ».
De Felice fu pre­sentato a Dell’Ami­co da Pecchioli­e mili­tò nel suo movimen­to giovanile dei parti­giani della pace. De Felice,racconta Del­l’Amico, fu arrestato nel ’52 per aver lan­ciato volantini su un corteo e fu scarcera­to poche ore dopo, grazie a lui e a un poli­ziotto che poi sareb­be diventato famo­so, Federico Umber­to D’Amato. Del­l’Amico racconta che molti anni dopo, lo storico ormai affer­mato si ritrovò a ce­na all’Hilton con lui e D’Amato «per una rimpatriata e per un sia pur tardivo ringraziamento». Nel ’52 Pajetta aveva emanato una circolare riservata alle fede­razioni per conquistare al Pci «la gioventù monarchica e fascista». Nel frattempo Dell’Amico si era infiltrato nel Msi. Almirante, con cui ebbe poi un aspro carteggio, lo nominò primo segretario del raggruppamento studenti e lavo­ratori. Poi Dell’Amico ruppe col Pci, pubblicò Il mestiere di comu­nista , e vagò tra giornalismo, ser­vizi segreti, partiti e poteri. Nel suo libro-confessione racconta i suoi rapporti con Enrico Mattei e i petrolieri, con Fanfani in funzio­ne anti-Pacciardi, con Saragat e De Lorenzo,i golpe e le stragi,l’In­telligence e Gelli, il ruolo della sua agenzia di stampa Repubbli­ca. Un personaggio che ha attra­verso la storia della repubblica italiana, i suoi retroscena e le sue fogne.
Pubblicando ora con la prefa­zione di suo figlio Ugo questo li­bro- documento, in cui non man­cano inesattezze, Dell’Amico cerca un filo conduttore al suo ruolo di Caron Dimonio nel suo lungo viaggio attraverso il neofa­scismo, il comunismo, la social­democrazia, i petroli, i poteri e i misteri della repubblica italiana. E ci offre uno spaccato delle visce­re italiane, dove il cibo dell’ideo­logia in parte nutriva la politica, in parte finiva negli escrementi della storia.