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 2013  marzo 04 Lunedì calendario

DIECI MOSSE PER SALVARE L’ITALIA DA UN’ALTRA TEMPESTA PERFETTA

Che razza di unione è mai questa, con un euro inca­pace di­affrontare gli squi­libri nazionali? Allergica alla de­mocrazia, indecisa di fronte alle crisi, che non ha voluto dotarsi di una banca centrale degna di questo nome.Con un’architettu­ra istituzionale di questo genere, l’euro che moneta è?Basta che a un paese dell’Eurozona venga un raffreddore finanziario e tutti a correre ai ripari per evitare il contagio. La cura è sempre la stessa: demonizzazione dei go­verni, antibiotici e salassi. A pre­scindere dalle responsabilità.
A Il problema non è l’Italia, ma l’Europa. La reattività insuffi­ciente è il vero punto debole: l’Ue ha risposto male e tardi alle ondate speculative. Non abbia­mo ancora posto rimedio a un si­stema che, dopo aver creato la moneta unica, non ha fatto le scelte conseguenti perché que­sta potesse funzionare.
B Non è l’Italia che blocca le quattro unioni (bancaria, econo­mica, di bilancio e politica). Il problema è creare la vera integra­zione in Europa e non si risolverà fino a quando la Commissione europea rimarrà burocratica e impotente; fino a quando il Parla­mento europeo sarà in campa­gna elettorale per le elezioni del 2014. Sarà in grado lo scudo Bce di garantire stabilità sui mercati?
C Il problema non è lo spread .
L’asta dei Btp decennali due gior­ni dopo il verdetto delle urne è andata meglio del previsto. Con questa Europa il pericolo viene dalle agenzie di rating . Qualora nei prossimi giorni o settimane convergessero su un downgra­de , si potrebbe verificare un nuo­vo inizio di tempesta perfetta, co­me nell’estate del 2011.
D A rischio è il sistema banca­rio, più che i titoli di Stato. Un eventuale downgrade dei titoli del debito pubblico italiano ri­piomberebbe le banche in ulte­riori gravi sofferenze (rispetto a quelle già in atto), con relativi ef­fetti sull’economia reale, in ter­mini di credit crunch : minore li­quidità e a prezzi più alti. Nell’ul­tima settimana i titoli che hanno perso maggiormente a piazza Af­fari sono stati proprio i bancari.
E Lo spettro del credit crunch rappresenta un’ulteriore iattu­ra. Nel 2012 l’economia reale ha chiuso fortemente in negativo. Pil -2,4%; rapporto deficit/Pil: -3%; debito/Pil al 127% e disoc­cupazione record all’11,7%. I mercati non possono aver fidu­cia in un paese ridotto così. Con questi fondamentali non è più neppure credibile la ripresa pre­vi­sta per la seconda metà dell’an­no. Unico dato positivo è che l’in­certezza italiana ha portato giù il cambio dpositiva per quanto ri­guarda il settore dell’export, uni­co debole volano dell’econo­mia.
F Paradossalmente i conti pub­blici sono a posto.
Ma in un pae­se che non cresce, i conti in ordi­ne servono a ben poco. O, me­glio, durano ben poco. Basta il minimo shock per far saltare tut­to. Analizziamoli comunque: il deficit corretto per l’andamento del ciclo dovrebbe attestarsi, per l’anno in corso, al -0,2% del Pil. Per la Commissione europea, siamo addirittura a -0,1%, quin­di all’interno della forchetta, pre­vista dal fiscal compact , che pre­vede un range compreso tra 0 e -0,5%. Il deficit nominale non de­sta preoccupazioni. Il 2012 si è chiuso con un deficit del 2,9%. Per il 2013 la Commissione euro­pea prevede un ulteriore conte­nimento al 2,1%. Le incognite ri­guardano le nuove spese. Vi so­no tuttavia notevoli possibilità di risparmi (circa 7 o 8 miliardi) derivanti dalla minor spesa po­tenziale per gli interessi. Ma tut­to ciò dipende dall’andamento degli spread e quindi dalla gover­nabilità. Si può infine operare sul debito pubblico per risolvere il problema dei pagamenti alle imprese, che rappresentano la crisi più acuta della situazione italiana. Tutto appeso, però, a un filo: quello della ripresa eco­nomica. Senza ripresa economi­ca anche gli equilibri di finanza pubblica saltano.
G Per tutte le ragioni sopra esposte occorre far presto con il nuovo governo forte, responsa­bile, capace di imporre all’Ue un cambiamento di politica econo­mica, nel senso della crescita e dello sviluppo. Non c’è tempo da perdere. Le forze politiche re­sponsabili comincino a dare da subito, già da oggi, le risposte che il paese si aspetta. Bersani ri­fletta! Altro che green economy, altro che scouting di grillini, altro che governo di minoranza!
H Grillo chiede un referendum
sull’euro. Non dice che si debba uscirne subito, ma che a decide­re debba essere il popolo. Ebbe­ne: un governo che si reggesse con i voti di Grillo come potreb­be, in caso di necessità, negozia­re lo scudo europeo? Ma c’è di più: proprio perché tutti cono­scono questa situazione, nel mo­mento stesso in cui quella forza parlamentare prevalesse ci tro­veremmo al centro di un attacco speculativo, mirante esattamen­te a verificare la possibilità che lo scudo sia negoziato e adottato. Sarebbe un pericolo per noi, per l’euro e, quindi, per la Ue.
I Ma il problema non è solo questo, perché la proposta di Bersani,vale a dire l’ipotesi che il capo dello Stato nomini un go­verno senza avere la ragionevo­le con­vinzione che esso sia in gra­do di ottenere la fiducia, costitui­rebbe una «grave scorrettezza» costituzionale. Come preceden­te ricordiamo la nomina del go­verno Andreotti nel febbraio del 1972.In quell’occasione l’esecu­tivo non ottenne la fiducia inizia­le, ma, poiché ormai in carica, ri­mase a svolgere gli affari correnti fino allo svolgimento delle ele­zioni. Ciò non impedì al governo di adottare due decreti legge e procedere a numerose nomine di alti dirigenti. La situazione di oggi è ulteriormente aggravata dal fatto che l’attuale presidente della Repubblica non avrebbe nemmeno l’arma dello sciogli­mento, per cui un governo che non ottenesse la fiducia iniziale potrebbe stare in carica ancora più a lungo.
J Con riferimento alla possibi­lità di governi di minoranza,
il ri­schio di fallimento dell’opera­zione è molto grande. Contare su una fiducia«minoritaria»sen­za avere un accordo politico che assicuri il numero legale e l’astensione (o uscita dall’aula) è altamente discutibile sul piano della correttezza costituzionale e esporrebbe il presidente della Repubblica al rischio di una gra­ve forzatura.
Fin qui l’analisi. Che fare, quin­di? Data la «precarietà» cui la de­bolezza della moneta unica espone l’Europa dobbiamo ac­celerare il procedimento di con­vocazione del Parlamento e af­frontare i passaggi istituzionali che ne seguono. Tocca a Pdl e Pd, quali protagonisti dell’ulti­ma stagione politica e coalizioni più votate assumere l’iniziativa. Non è tempo e non c’è tempo per le trovate manovriere. Sia­mo tenuti ad adempiere un dove­re. E siamo tenuti a farlo con ur­genza. La parola al presidente Napolitano.