Maria Paola Salmi, la Repubblica 5/3/2013, 5 marzo 2013
L’attenzione è alta. Gli Stati Uniti prevedono il raddoppio dei quasi 5 milioni di malati di demenza in meno di venti anni e l’impennata dei costi sanitari a un trilione di dollari l’anno
L’attenzione è alta. Gli Stati Uniti prevedono il raddoppio dei quasi 5 milioni di malati di demenza in meno di venti anni e l’impennata dei costi sanitari a un trilione di dollari l’anno. Il presidente Barack Obama dopo aver presentato l’atteso Nap, National Alzheimer’s Plan, ha assicurato 120 milioni di dollari da investire in ricerca sull’Alzheimer più 26 dedicati al sostegno dei 15 milioni di care giver che si occupano delle persone che convivono con questa malattia. “Bisogna trovare una cura”, dice Obama. E fare diagnosi precoce (tema della “Settimana mondiale del cervello” al via sul territorio nazionale dal prossimo lunedì 11 marzo), come propone il Department of Health inglese che prospetta nel contratto nazionale dei medici generalisti l’accertamento di eventuali problemi di memoria nei soggetti a rischio asintomatici con l’uso anche di test. Le proiezioni non lasciano spazio a fantasie. I numeri sono là, racchiusi nel documento Oms 2012 “Dementia: a public health priority”. Il principale problema di salute pubblica, le demenze, da qui a venti, trent’anni riguarderà 116 milioni di persone sopra i 60 anni con Alzheimer nel 75% dei casi o qualche altra forma di demenza, per lo più residenti nei paesi a basso e medio reddito. Risparmiata l’Africa. Sostenute dagli sconvolgimenti demografici (nel 2050 saranno 2 miliardi gli uomini e le donne con più di 60 anni) e dallo sviluppo economico, le demenze, triplicate nel prossimo trentennio, si apprestano a diventare il “grande problema globale”. «Assisteremo a un esplosione dei casi nei paesi emergenti, i “Bric” (Brasile, Russia, India, Cina) anche se un incremento ci sarà ovunque legato all’allungamento dell’aspettativa di vita e all’arrivo dei baby boomer, i nati tra il 1946 e il 1964, nell’età anziana nei paesi occidentali – sostiene Giovanni Frisoni del-l’IRCCS di Brescia – ma anche al mutare delle condizioni economiche e dello stile di vita nei paesi in via di sviluppo. L’incremento dei casi totali e delle nuove diagnosi sarà contenuto in Europa (40%), più importante in Nord America (63%), rapido e massiccio in America Latina (77%) e nei paesi asiatici (90%)». L’Italia, in ottava posizione subito dopo la Francia, fa parte dei 9 paesi con il maggior numero di persone con demenza. «Un milione e centomila pazienti dei quali mezzo milione con Alzheimer, sono un grosso problema perché il paese invecchia velocemente e perché – sottolinea Marco Trabucchi, presidente dell’Associazione italiana di pscogeriatria – si tratta di malati affidati a 800 mila badanti, un microwelfare precario sostenuto dalle famiglie sempre più provate dalla crisi economica». I tassi di prevalenza delle demenze in vaste aree dei grandi paesi emergenti sono in costante salita. «In Cina si assiste al cambiamento più drastico, i casi di Alzheimer sono passati da meno del 3,5% nelle aree urbane al 5%, sovrapponibili a quelli dei paesi occidentali – spiega Alberto Albanese dell’Istituto neurologico “C. Besta” di Milano – basti dire che nella fascia d’età 75-79 anni in Europa e Stati Uniti sono 4,5 i casi di Alzheimer per 100.000 abitanti, in Cina solo un punto in meno ». Per quanto riguarda, infine, lo screening di persone a rischio Alzheimer proposto dal Dipartimento di salute pubblica del Regno Unito, l’Oms non si esprime per ora. «Eppure – commenta Frisoni – è fondamentale individuare la persona con disturbo cognitivo iniziale, solo in questo modo si riesce a pianificare la gestione specifica e complessa necessaria per questi pazienti».