Roberto Mania, Affari&Finanza, la Repubblica 4/3/2013, 4 marzo 2013
DECRESCITA ED ENERGIA VERDE LE RICETTE DELLA GRILLONOMICS
Il successo nazionale del Movimento 5 stelle è conseguenza della crisi globale. Non ci sarebbe Beppe Grillo sulla scena politica se non fossimo dentro la più grave recessione del dopoguerra. È il crollo del Pil e il drammatico sboom dell’occupazione che alimentano il rancore, l’antipolitica, la ribellione che dal locale si espandono via via ai livelli superiori. La decrescita alimenta il populismo e anche qualcosa di peggio, come dimostrano la storia europea e ancora le cronache greche e ungheresi.
I nostri grillini sono parenti stretti dei madrileni di Puerta del Sol come dei giovani americani di Occupy Wall Street, figli tutti di Stéphane Hessel e del suo “Indignatevi!”. Un’onda che si è sollevata. Il loro è un diverso punto di vista, contrapposto a quel che è stato il pensiero unico del neoliberismo suggerito su larga scala e con scarsi (o pessimi) risultati dagli economisti del Fondo Monetario Internazionale di Washington. Che in Europa ha condotto alle rigidità del fiscal compact (stupido?) e in Italia, di conseguenza, a un’austerità senza precedenti. Un mix micidiale: recessione e politiche di austerity. Con effetti profondi e devastanti sulla struttura produttiva del nostro paese: abbiamo perso 70 mila aziende nell’ultimo quinquennio, i senza lavoro, compresi i cassintegrati, superano largamente i 3 milioni di persone, quasi il 40% dei giovani è disoccupato, le banche hanno chiuso il credito alle aziende, i consumi interni sono crollati, le distanze sociali si sono allargate, circa il 30% della popolazione è a rischio povertà. Sono numeri impressionanti, mai visti nell’ultimo mezzo secolo. Anche per questo il Movimento è diventato il primo partito d’Italia. Non è solo colpa della casta dei politici, per quanto sia un fattore determinante. Hanno scritto sul Blog di Grillo il premio Nobel per l’economia Joseph Stiglitz e Mauro Gallegati, professore di economia ad Ancona e intellettuale organico alla rete del Movimento: «Non proponiamo nuove strategie di crescita, ma un diverso modo di vivere e produrre». Questa è la premessa per rileggere il programma economico del 5 stelle, nel quale statalismo e liberismo convivono in smaccate contraddizioni; dove destra e sinistra si confondono in un impasto post-ideologico dai confini incerti; dove l’iperegolazione si alterna a misure pro market di cultura liberale; dove non c’è spazio - mai - per il modello neocorporativo della contrattazione sociale tra sindacati e industriali bensì per un modello partecipativo pre-capitalista di cogestione imprenditore- lavoratore priva di corpi intermedi; dove il contrasto alla precarietà diventa poco più che uno slogan («abolire la legge Biagi») senza traiettorie pratiche e la proposta di un reddito di cittadinanza la suggestione di un welfare finalmente universalistico di stampo nord europeo; dove il neoambientalismo, che fa perno sulla produzione di energia pulita, si intreccia con un modello di sviluppo local molto ardito a protezione dell’italianità; dove, infine, i “nemici” sono simbolicamente le banche, le corporation multinazionali e i nostri monopoli parapubblici (Eni, Enel, Autostrade e in fondo anche Telecom). È un programma work in progress, o un patchwork, tra idee strampalate (abolire Equitalia, per esempio), radicali, prive di copertura finanziaria e suggerimenti largamente ragionevoli come l’adozione della banda larga dovunque. Dove la tanto discussa proposta di superare la moneta unica si è ormai scolorita, ha attraversato l’ipotesi di un referendum popolare (impossibile su un trattato internazionale) ed è approdata definitivamente a un tavolo di confronto, stando all’ultima intervista di Grillo alla rete statunitense Cnn. Ha fatto i conti con la realtà, insomma.
È un amalgama inedito il programma economico grillino. Che non serve (ancora) per governare bensì per raccogliere consenso. Popolare. Di certo, con le idee di Grillo bisogna cominciare a fare i conti. Insomma, si deve provare a capire cosa può essere la Grillonomics.
Nel nome c’è già la parte ideologica del programma economico. «Si può dire - sostengono Piergiorgio Corbetta e Elisabetta Gualmini ne “Il partito di Grillo” appena uscito per il Mulino - che il M5s nasce insieme al suo programma, anzi è il suo programma. Le 5 stelle, contenute nel simbolo, indicano infatti i 5 valori fondativi e obiettivi politici intorno a cui il Movimento è nato: acqua, ambiente, energia, trasporti, sviluppo». Interessi locali (emblematica l’adesione al movimento “No Tav”) declinati su scala nazionale.
Euro. Parte dal locale anche il dissenso sull’euro, più sulla sua costruzione che ha tolto agli stati la leva della politica monetaria, che sulla sua stessa esistenza, tanto che ormai nessuno sostiene nettamente che si debba tornare alla lira. Dopo tante tappe di avvicinamento, il Movimento sembra proporre innanzitutto una rivisitazione dei vincoli europei, dei tempi per il raggiungimento del pareggio di bilancio. L’euro viene identificato come il simbolo di una integrazione europea calata dall’alto e subita da imprese e famiglie. È più una questione democratica, insomma, che strettamente economica. Anche perché sono stati proprio Stiglitz e Gallegati a sostenere che l’uscita dall’euro «colpirebbe pesantemente il ceto medio, lo stesso che ora sta pagando i sacrifici richiesti dalla strategia di austerità ». Due alternative allora: o un’Europa politica e monetaria sul modello degli Stati Uniti, oppure un’euro 2 per i paesi del sud, lasciando l’euro forte alla Germania e ai suoi “satelliti”.
Debito pubblico. Velleitaria, e dannosa, appare la proposta di rinegoziare il debito pubblico prossimo al 130% del Pil. L’idea abbozzata è quella di collocare i titoli pubblici a tassi bassissimi, lo 0,001%. Una provocazione più che una proposta. Si risparmierebbero risorse - dicono - per destinarle agli investimenti produttivi. Hanno commentato Mario Centorrino e Margherita Billeri sul sito www. nelmerito. com: «Molte famiglie vedrebbero ridimensionarsi una fonte importante di entrate, ma soprattutto gli investitori non ne sottoscriverebbero di nuovi, percependo il paese come insolvente». Un autogol. Di vero, dietro la ristrutturazione del debito, c’è l’allarme sul rischio che si siano già tutte ipotecate le risorse necessarie per sostenere le generazioni più giovani. Questione centrale nella strategia del movimento.
Patrimoniale. Vago finora il progetto su una patrimoniale. Sui patrimoni immobiliari o su quelli personali? In attesa di capirne di più è chiaro però a cosa servirebbero i proventi: a finanziare il reddito di cittadinanza, a sostegno - par di capire perché anche qui il disegno non è completo - di coloro che hanno perso il lavoro. «Il reddito di cittadinanza non è più un optional, ma una necessità per fronteggiare una fase storica in cui il divario sociale si sta ampliando a livelli da Ottocento » (da www. beppegrillo. it, “Alta voracità”).
Energia. Dettagliato, invece, il piano energia che scommette sul riscaldamento a basso impatto ambientale, la cogenerazione e l’efficienza di tutto il sistema. Si insiste molto sugli incentivi fiscali per le rinnovabili e si propone l’abolizione del Cip6. Nessuna nuova centrale, dicono i grillini. «La prima cosa da fare è accrescere l’efficienza e ridurre gli sprechi delle centrali esistenti, accrescendo al contempo l’efficienza con cui l’energia prodotta viene utilizzata dalle utenze (lampade, elettrodomestici, condizionatori e macchinari industriali) ». Pacchetto bocciato, però, dal liberista Carlo Stagnaro dell’Istituto Bruno Leoni: «Solita fuffa sulle rinnovabili, priva di qualunque collegamento con la situazione attuale. In particolare, i grillini sembrano non essersi accorti che il sistema elettrico italiano soffre, oggi e nel futuro prevedibile, di overcapacity, quindi l’ultimo dei problemi è accrescere la potenza disponibile».
Finanza. Ricetta liberal per i mercati finanziari con le idee di superare il meccanismo delle “scatole cinesi” del nostro capitalismo senza capitali e quello perverso degli incroci azionari tra banche e industrie e di impedire scalate a debito come quella di Telecom da parte di Tronchetti Provera. «Proposte pro mercato - commenta Francesco Daveri ordinario all’Università di Parma - perché i mercati per funzionare hanno bisogno di regole e di trasparenza. E in questo Grillo appare molto più avanti rispetto a Bersani, probabilmente con qualche scheletro nell’armadio a cominciare dall’affaire Monte Paschi per finire ai tanti casi di società partecipate dagli enti locali». Si presenta liberal anche la proposta di rafforzare la nostra rachitica class action e copiare il modello statunitense. Non si capisce perché poi si debbano abolire le authority del mercato anziché rafforzarle e sottrarle alla lottizzazione partitica. Insomma c’è ancora molta confusione sotto il cielo. Ma è meglio cominciare a non sottovalutare la nascente Grillonomics.