Riccardo Arena, La Stampa 3/3/2013, 3 marzo 2013
DE MAURO UCCISO DALLA MAFIA, MA NON PER LO STATO
Fu ucciso da un mix letale formato da mafia, politica inquinata, Servizi segreti deviati internazionali, golpisti neri, da un complesso di interessi trasversali che univano potentati economici, multinazionali del petrolio, esattori legati a Cosa nostra. Però il giornalista palermitano Mauro De Mauro non è vittima di mafia. Non ufficialmente, non per lo Stato. La figlia Franca, che con il marito (allora fidanzato) Salvo Mirto, vide il padre mentre i rapitori lo portavano via, la sera del 16 settembre del 1970, lo ha detto a Tg2 Dossier, il programma di approfondimento giornalistico di Rai2, in onda ieri sera con uno speciale dell’inviato Francesco Vitale.
Il 23 aprile, davanti alla seconda sezione della Corte d’assise d’appello di Palermo, inizierà il processo contro Totò Riina, unico dei presunti mandanti ancora in vita, assolto in primo grado dal sequestro, seguito dall’omicidio del cronista giudiziario del giornale L’Ora. Il pm Sergio Demontis ha fatto ricorso contro la maxisentenza del giudice Angelo Pellino (2.199 pagine) che ricostruisce i possibili moventi e le piste più importanti. L’eliminazione del giornalista è ricondotta alla sua scoperta del coinvolgimento del potente ex senatore Dc Graziano Verzotto e di uomini di mafia come esecutori materiali dell’omicidio del presidente dell’Eni Enrico Mattei, precipitato col suo bimotore nei pressi di Pavia, il 27 ottobre 1962. Otto anni dopo, per evitare il rischio che De Mauro, dopo aver lavorato sul caso Mattei per il regista Francesco Rosi, rivelasse quel che aveva scoperto sull’intrigo internazionale alla base dell’apparente incidente aereo di Bascapè, Cosa nostra, con gli esattori mafiosi Nino e Ignazio Salvo, ancora una volta agendo come garante di altri poteri occulti, tolse di mezzo anche l’ingombrante cronista.
«Sullo status di mio padre come vittima di mafia – dice Franca De Mauro – ufficialmente non abbiamo mai avuto una risposta. Ci è stato detto solo ufficiosamente». Un’istanza fu presentata nel 1994, ma l’indagine sul caso De Mauro si rimise in moto intorno al 2005, grazie alle dichiarazioni dei pentiti, raccolte dagli allora pm Antonio Ingroia e Gioacchino Natoli. Ora la sentenza del 20 giugno 2011, pur assolvendo Riina, riconosce la fondatezza della pista mafiosa. «Ma lo Stato non può ignorare mio padre – aggiunge Franca Mirto –: è una doppia vittima, perché morì nel contesto di una storia segnata anche dai tanti depistaggi che hanno impedito l’accertamento della verità».