Francesco Manacorda, La Stampa 3/3/2013, 3 marzo 2013
DISOCCUPAZIONE, SERVE UN PIANO MACROECONOMICO"
«Gli ultimi dati sulla disoccupazione sono davvero drammatici, mostrano come in Italia non stiamo ancora uscendo dalla recessione e come le nostre regole non sono state finora efficaci per contrastare la crisi. Ma questo non vuol dire che il peggioramento della situazione è sia dovuto solo o prevalentemente alle nuove regole; chi lo sostiene non è onesto». Quei tre milioni di disoccupati in gennaio, certificati venerdì dall’Istat, con un tasso di senza lavoro che supera il 38% tra i giovani, sono una pessima notizia anche e soprattutto per il ministro del Welfare Elsa Fornero.
Ministro, la disoccupazione è problema europeo ma dramma italiano. Perché?
«C’è un trend europeo che è recessivo e non mostra segnali di inversione e sta colpendo duramente molti Paesi in un’Europa a più velocità dalle differenze sempre più marcate. Le specificità negative della situazione italiana collocano il Paese nel segmento gruppo più debole. In particolare un mercato del lavoro a compartimenti stagni, con alcuni segmenti intoccabili e altri molto vulnerabili, ha fatto sì che tutta la debolezza di questo mercato si sia scaricata sui giovani, sulle donne e adesso anche sui lavoratori anziani, che finora erano solo incoraggiati al pensionamento anticipato .
Anche per colpa sua, si sente dire spesso dal mondo confindustriale. Avrebbe ridotto la flessibilità «in entrata» e non quella «in uscita», ingessando il mondo del lavoro.
«È unritornellochesentodatempo.Ma chi mi accusa dovrebbe dirmi se le cose sarebbero andate meglio, non solo nel breve ma anche nel medio periodo, se si fosse aumentata la flessibilità in entrata. Immagini per assurdo che si fosse deciso che si potevano replicare i contratti a termine, con intervalli ridottissimi, fino a tre anni; o che non fosse necessario indicare i progetti per i contratti di collaborazione. Non credo davvero che questa sia la strada per risolvere i nostri problemi. Né quelli di occupazione, nè quelli di produttività che poi è il vero problema delle industrie, semmai sarebbe risultata accentuata la tendenza al declino dell’ultimo decennio. Mi spieghino le imprese come mai quando il mercato del lavoro era, come sostengono loro, più flessibile, la produttività del lavoro non è aumentata ma anzi ha avuto la tendenza a diminuire».
La sua riforma è «innocente», dunque. ma allora perché la disoccupazione aumenta?
«Perché siamo in una recessione che colpisce particolarmente i Paesi più deboli. Se ci fossero stati cinque o sei miliardi da utilizzare per abbassare il costo del lavoro in questa fase di recessione, fondi da utilizzare in parallelo alla riforma del mercato del lavoro, avremmo avuto come risultato non solo una riforma non solo nel complesso buona ma anche risultati tangibili in tempi brevi. Ma appunto, in recessione ci vogliono misure macroeconomiche - e fondi per attuarle - per spingere la domanda. Non basta la riforma del mercato del lavoro».
Su alcuni punti, però, le critiche delle imprese alla sua riforma sono precise. Sui contratti a termine, ad esempio, si chiede di accorciare i tempi tra un rinnovo e l’altro.
«Il governo ha fatto un decreto che dà alle parti sociali la possibilità di ridurre questi termini; lo strumento c’è ma tocca appunto alle parti mettersi d’accordo».
E l’appredistato? le imprese contestano il vincolo che le obbliga a stabilizzare una percentuale di apprendisti....
«L’apprendistato deve diventare il normale veicolo d’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro, ma bisogna anche essere onesti: il lavoratore completa le sue competenze, il datore di lavoro in cambio deve investire sul lavoratore. Non può essere solo uno strumento per avere manodopoera a buon mercato. Dunque penso che la stabilizzazione degli apprendisti sia l’esito naturale di questo percorso. Se poi si vede che per le piccole imprese i vincoli di stabilizzazione sono troppo pesanti li si può anche allentare. Ma non lo si deve fare a priori. In Germania, dove si è puntato molto, e con successo, sull’ apprendistato per ridurre la disoccupazione giovanile, dopo le riforme la disoccupazione è prima aumentata e poi dopo qualche anno è scesa in maniera sistematica».
Resta il fatto che il cuneo fiscale sul lavoro è un grande ostacolo alla crescita dell’occupazione.
«Io sono convintissima che il costo del lavoro vada ridotto, ma per poterlo fare servono dei margini che non esistevano. Ogni riduzione dei costi significa riduzione di entrate fiscali e contributive. Questo a meno che non si ipotizzi di ridurre i salari, cosa a cui forse qualcuno pensa ma che per me non è accettabile. Quindi siamo alle solite: i margini i non esistevano, speriamo che il prossimo governo abbia più possibilità di agire».
In che modo?
« Serve una politica macroeconomica che rimetta in moto la domanda. Senza questa è inutile pensare che l’occupazione possa crescere. È puerile pensare che una riforma del mercato del lavoro, che serve a rafforzarne la struttura, abbia virtù miracolose. E non è svilendo il mercato del lavoro che otteniamo i risultati sperati in termini di crescita».
Forse ci vorrebbe anche una politica più assertiva verso Bruxelles e più attenta a modificare scelte di rigore sui bilanci pubblici che rischiano di impiccare l’economia, no?
«Se c’è una cosa di cui questo governo nonpuòessererimproveratoèpropriola suacapacitàdiinterloquireconl’Europa, anche in maniera assertiva, anche considerando il punto di partenza. La reputazione del governo in Europa e nel mondo è stata alta, così come al nostra capacità di argomentare. Non a caso abbiamo ridotto lo scarto tra quello che diamo e qual che riceviamo dall’Europa. Ed è anche vero che l’Europa oggi, forse dopo aver messo un po’ più in sicurezza l’euro, sta guardano di più all’economia reale».
Cesare Damiano, di quel Pd che si candida a governare dopo di voi, sostiene che servono ammortizzatori sociali di carattere universale per far fronte a una situazione d’emergenza. È d’accordo?
«In campagna elettorale chiedere è lo sport preferito, ma quando si governa si sa che si deve fare con risorse molto limitate. Vorrei che Damiano avesse espresso anche solo un piccolo apprezzamento per l’estensione degli ammortizzatori sociali chela riforma già contiene. Lo abbiamo fatto, anche se meno di quanto avremmo voluto, perchè ancora una volta mancavano le risorse».