Andrea Gennai, Plus, il Sole 24 Ore 2/3/2013, 2 marzo 2013
ECCO CHI STUDIA L’INVESTIMENTO «PERFETTO»
È un po’ come l’uovo di Colombo del risparmio: un portafoglio "ideale", buono per tutte le stagioni, che possa garantire rendimenti soddisfacenti con un gestione oculata del rischio.
Quello che potrebbe apparire un sogno è in realtà più semplice di quanto possa sembrare. Ma una premessa è d’obbligo: in finanza non ci sono certezze matematiche. Le azioni non danno rendimenti garantiti e anche i titoli di Stato più sicuri sono sempre esposti al rischio ipotetico di default. Il pioniere degli studi del portafoglio "perfetto" (il permanent portfolio) è stato uno statunitense, Harry Browne, ex analista finanziario e politico liberale morto nel 2006.
L’assunto di fondo di questa teoria è quello della massima diversificazione. I mercati finanziari sono dei grandi vasi comunicanti: essere presenti contemporaneamente in tutte le asset class è un fattore di garanzia e protezione. Il portafoglio perfetto quindi è suddiviso in quattro parti: il 25% in azioni, il 25% in oro, il 25% in titoli governativi a breve e infine il 25% in titoli governativi a lungo. Tutto qua. Si tratta di una ripartizione sostanzialmente perpetua: che non impone stravolgimenti e che affronta le varie condizioni di mercato forte del principio della diversificazione.
A riprendere gli studi di Browne in Italia e a calarli nel nostro contesto ci ha pensato Francesco Caruso, analista, fondatore del sito www.cicliemercati.it. La logica del portafoglio permanente (o perfetto) è quella di acquistare delle asset class nel lungo termine, facendo pochi accorgimenti. Insomma è statisticamente dimostrato che il trading nella stragrande maggioranza dei casi non paga.
«Fare trading e gestire un portafoglio – spiega Caruso – sono due attività che non appartengono neanche allo stesso genere. Il trading nella maggioranza dei casi rischia di essere inefficiente. Per gestire un portafoglio servono gli stessi concetti usati da un imprenditore per la sua azienda, tra questi c’è la diversificazione con controllo del rischio e l’attenzione alle opportunità».
Caruso ha applicato la ripartizione del portafoglio "perfetto", nata negli Stati Uniti, a un investitore che ragiona in euro scegliendo le seguenti categorie: l’indice tedesco Dax per le azioni, l’oro, il CTz italiani (zero coupon) per i titoli a breve e il Bund tedesco decennale per i governativi a lunga. I titoli di Stato italiani e tedeschi possono essere acquistati sul mercato secondario, mentre oro e Dax possono essere replicati con gli Etf. Si tratta di un portafoglio che ha anche bassi costi di commissioni. Tra il 2000 e il 2012 questo portafoglio ha avuto un rendimento medio dell’8,2%, con un’eccellente performance anche i relazione a volatilità e costi. «Detenere in maniera equilibrata questi quattro asset – aggiunge Caruso – è una garanzia per ogni fase di mercato, dalla contrazione all’accelerazione. C’è sempre una coppia di asset che funziona abbastanza meglio delle altre permettendo una rivalutazione del portafoglio in generale. E ogni qual volta c’è una crisi specifica su un asset ci sono almeno altri due strumenti capaci di controbilanciare questo effetto negativo».
Insomma, il principio della diversificazione e dei vasi comunicanti appare l’unica arma possibile per muoversi in mercati finanziari sempre più imprevedibili. Ovviamente si tratta di un portafogli con un’ottica di medio e lungo periodo. È opportuno mettere in conto dai tre ai cinque anni per vedere sviluppare a fondo i suoi effetti.