Sara Monaci; Cesare Peruzzi; Claudio Gatti, il Sole 24 Ore 2/3/2013, 2 marzo 2013
MPS, NELL’AREA FINANZA TRUFFE DA DIECI ANNI
[vari pezzi]
La banda del 5% era attiva da oltre dieci anni. Secondo la procura di Siena, che sta indagando sul Monte dei Paschi, il gruppo di manager che avrebbe tratto profitti illeciti dalle commissioni sulle operazioni di finanza derivata e strutturata si era già "formato" prima dello scudo fiscale del 2002.
Un periodo piuttosto lungo, grazie al quale Gian Luca Baldassarri, responsabile dell’area finanziaria di Mps, e il suo vice Alessandro Toccafondi, avrebbero accumulato una trentina di milioni, sequestrati dal nucleo valutario della Guardia di finanza. Milioni perlopiù portati all’estero e poi fatti rientrare con lo scudo fiscale, servendosi della società bolognese Galvani. Alla loro organizzazione criminale si sarebbero aggiunti anche Fabrizio Cerasani, David Ionni e Luca Borrone, tre broker esterni alla banca. Il primo è socio fondatore e direttore della Enigma di Londra e legale rappresentante in Italia, mentre il secondo sarebbe un suo collaboratore. Ad entrambi sono stati sequestrati circa 7 milioni tra contanti e titoli, mentre a Borrone 210mila euro.
Tutti i 5 manager sono accusati di truffa e associazione criminale. Per i pm Nastasi, Natalini e Grosso, titolari dell’inchiesta, la banda agiva così contro gli interessi della banca - che in questo caso sarebbe parte lesa - da molti anni, utilizzando quegli stessi derivati finiti nel mirino della procura di Siena anche per un altro reato, l’ostacolo alla vigilanza.
Baldassarri risulta coinvolto anche in questo filone di indagini, per aver collaborato con i due principali accusati, l’ex dg Antonio Vigni e l’ex presidente Giuseppe Mussari. Secondo gli inquirenti avrebbe tenuto nascosto, con la responsabilità dei vertici, il contratto che collegava un prodotto strutturato realizzato con Nomura, il cosiddetto "Alexandria", ad un prodotto derivato sottoscritto qualche anno prima, le cui perdite sarebbero stato così occultate. Relativamente a questo capo di imputazione Baldassarri è ora in custodia cautelare nel carcere di San Vittore, a Milano.
L’ordinanza è stata avanzata due settimane fa dai pm senesi per pericolo di fuga e inquinamento prove, ed è stata convalidata dal gip di Milano, città dove Baldassarri vive. L’avvocato di Baldassarri ha chiesto il trasferimento in un carcere toscano e la procura di Siena ha già dato il suo nulla osta.
Il manager dunque potrebbe essere trasferito a breve in Toscana, se il gip di Firenze (titolare sui provvedimenti di limitazione della libertà personale) convaliderà la decisione di arresto presa del gip di Milano. Il giudice fiorentino ha ancora una decina di giorni per studiare il caso. Per quanto riguarda invece il riesame relativo ai sequestri dei beni, sia il legale di Baldassarri che quello di Toccafondi hanno ritirato ieri la richiesta avanzata giorni fa.
La procura di Siena ha anche valutato se il gruppo di manager avesse agito sotto lo sguardo distratto di altri manager, o se qualcun’altro se ne fosse accorto e avesse usufruito di qualche vantaggio. La banda del 5% potrebbe quindi allargarsi ad un giro di persone più ampio.
I pm intanto continuano a studiare in questa vicenda anche il ruolo delle banche straniere, in particolare del Santander, da cui nel 2008 Mps acquistò Antonveneta per 9,3 miliardi. Emilio Botin, presidente della banca spagnola, potrebbe essere ascoltato dai pm nel mese di aprile, a Madrid, con una rogatoria internazionale. A Siena invece l’ex dg Vigni verrà riascoltato per la terza volta tra una decina di giorni.
Sara Monaci
DUE AZIONI DI RESPONSABILITÀ, DANNI PER 730 MILIONI–
Partono le cause civili contro i vecchi amministratori di Montepaschi e le banche d’affari accusate di aver impacchettato prodotti tossici. La Fondazione Mps, intanto, avvia la fase pubblica del processo di revisione dello statuto, con l’obiettivo di ridimensionare il peso della politica. Siena, insomma, prova a voltare pagina.
Chiusa la partita del rafforzamento patrimoniale (con l’emissione dei Monti bond per 4,071 miliardi sottoscritti dal ministero dell’Economia), Banca Mps scava un solco anche giudiziario tra "prima" e "dopo", tra la stagione della crescita e del denaro facile destinato alle acquisizioni e al territorio (oggi oggetto di recriminazioni tardive e inchieste della magistratura), e dall’altra parte il tentativo dei nuovi vertici, il presidente Alessandro Profumo e l’amministratore delegato Fabrizio Viola, di evitare la nazionalizzazione e di rilanciare il gruppo attraverso un piano industriale all’insegna dei tagli e del ridimensionamento.
Dopo il via libera del cda di giovedì sera, come raccontato dal Sole 24 Ore, ieri Banca Mps ha promosso due azioni giudiziarie davanti al Tribunale civile di Firenze, con la consulenza legale dello studio Lombardi Molinari e associati. La decisione sarà inserita nell’ordine del giorno della prossima assemblea di bilancio, in aprile (il board approverà i conti nella seduta del 28 marzo) e dunque sottoposta a giudizio degli azionisti.
La prima causa, in merito alla ristrutturazione finanziaria del prodotto Alexandria, realizzata nel periodo luglio-ottobre 2009, è nei confronti dell’ex presidente Giuseppe Mussari e dell’ex direttore generale Antonio Vigni, entrambi per responsabilità sociale, e nei confronti di Nomura international per responsabilità extracontrattuale.
La seconda azione legale è rivolta contro Vigni (sempre per responsabilità sociale) e Deutsche bank (per responsabilità extracontrattuale), e riguarda i contratti di total return swap del dicembre 2008, riferiti alla società veicolo Santorini investment. Rocca Salimbeni, come spiega una nota del gruppo, «chiede la condanna in solido delle parti convenute al risarcimento dei danni subiti e subendi dalla banca» per effetto delle operazioni contestate che, in base ai dati disponibili, hanno pesato per 730 milioni sul bilancio 2012 del gruppo e costretto la banca a chiedere 500 milioni di Monti bond in più rispetto ai 3,4 miliardi previsti.
L’Associazione dei consumatori Adusbef, da parte sua, annuncia una class action contro Bankitalia e Consob per «mancata vigilanza nelle vicende Mps. L’azione di responsabilità decisa dal Montepaschi nei confronti degli ex manager - dice Elio Lannutti, presidente di Adusbef - deve essere estesa alle autorità che hanno consentito operazioni fraudolente». La mancanza di trasparenza nelle comunicazioni alla vigilanza da parte di Mps, per l’appunto, è uno dei filoni d’indagine delle inchieste giudiziarie.
La banca di Rocca Salimbeni, intanto, spinge sull’acceleratore del piano industriale. Insieme alle organizzazioni sindacali (Fabi,Fiba, Ugl e Uilca) ha deciso di accogliere tutte le richieste di adesione al fondo di solidarietà, per cui lasceranno il lavoro con l’incentivo altri 660 dipendenti in aggiunta ai mille precedenti. Sulla scorta di questa mossa la Fisac-Cgil (che non ha firmato l’accordo con l’azienda) ha chiesto di non procedere all’esternalizzazione delle attività di back office con gli oltre 1.100 addetti previsti.
Il programma, il cui acronimo è Saaca (Societarizzazione attività amministrative contabili e ausiliarie) invece andrà avanti. La procedura di cessione del comparto è stata aperta nei giorni scorsi e Siena aspetta entro i primi della prossima settimana le manifestazioni d’interesse all’operazione, che prevede la nascita di una newco con Mps in minoranza. I potenziali partner industriali, in questa fase, sono una quindicina.
Cesare Peruzzi
I MONTI BOND ALL’ULTIMO SCOGLIO DI BRUXELLES–
Hallelujah, i cosiddetti Monti bond hanno finalmente visto la luce. Il Monte dei Paschi di Siena li ha emessi e il Ministero dell’Economia e delle Finanze, il Mef, li ha sottoscritti. Per un totale di 4 miliardi e 71 milioni. Manca però ancora l’Ok definitivo della Commissione Europea.
Nella lunga e macchinosa storia dei Monti bond sia Bruxelles sia Francoforte sono già intervenuti - e pesantemente. Bocciando o stigmatizzando sia le scelte sia le procedure del Governo. L’iter di questi bond è stato infatti tanto tortuoso quanto pieno di ostacoli. Con passi avanti accompagnati da passi indietro. Il Sole 24 Ore ha voluto ricostruire le sue tappe e vicissitudini principali.
Tutto ha inizio con il decreto-legge n. 87 del 27 giugno 2012 quando, per aiutare l’istituto senese a raggiungere il fabbisogno patrimoniale richiesto dall’Autorità Bancaria Europea, il Governo di Mario Monti «provvede a sottoscrivere… in deroga alle norme di contabilità di Stato, strumenti finanziari fino all’importo di euro due miliardi». A questi si aggiungono altri per un altro miliardo e 900 milioni con i quali Mps può ripagare i vecchi Tremonti bond. Nel caso la banca non fosse stata in grado di pagare gli interessi su quei bond per mancanza di utili sufficienti, il decreto-legge autorizzava poi l’emissione di una quota di azioni ordinarie pari agli interessi dovuti da cedere al Mef.
Il 3 agosto successivo arriva la prima bacchettata europea. Viene dalla Bce, alla quale il Mef aveva chiesto un parere a decreto già fatto. «La consultazione della Bce… dopo la presentazione del decreto-legge al Parlamento… non è sufficiente a garantire il rispetto dell’obbligo menzionato, e la Bce richiama l’attenzione del Ministero al rispetto della corretta procedura di consultazione», si legge nel Parere 2012/64 della Bce.
Non è cosa da poco perché, come ci spiega un portavoce dell’Eurotower, il Capitolo VI della «Guida alla Consultazione della Banca Centrale Europea da parte delle autorità nazionali» prevede che «l’omessa consultazione della Bce sui progetti di disposizioni legislative nazionali rientranti negli ambiti di competenza della Bce rappresenta una violazione della Decisione 98/415/CE e può portare ad avviare un procedimento per infrazione innanzi alla Corte di Giustizia».
Quattro giorni dopo, la legge 135 del 7 agosto 2012 rende comunque definitivo il decreto 87 del 27 giugno. Nel frattempo era partito però quello che, nella sua audizione del 29 gennaio scorso alla Camera, il ministro Vittorio Grilli ha definito «il confronto con la Commissione europea sulle condizioni dell’operazione». Il suo esito, ha spiegato Grilli, è quello di modificare la legge per renderla «conforme alle valutazioni espresse dalla Commissione europea al fine di acquisire l’autorizzazione della stessa alla misura di aiuto».
Abbiamo cercato di conoscere le richieste fatte dall’ufficio di Joaquin Almunia, il Commissario europeo che vigila sugli aiuti di Stato, ma il suo portavoce ci ha spiegato che «la Commissione non commenta sui dettagli dei contatti informali con gli Stati membri». Le discussioni, ci è stato comunque detto, «erano focalizzare sul cosiddetto "meccanismo alternativo di pagamento delle cedole"». E cioè sulla questione del pagamento degli interessi dei Monti bond con nuovi titoli. In altre parole, la Commissione non digeriva il fatto che, in caso di mancanza di utili, il Monte dei Paschi potesse semplicemente emettere nuovi titoli. Così facendo il patrimonio della banca sarebbe stato infatti incrementato a spese dello Stato senzaoneri per l’Mps. Il che cozzava con le normative europee su gli aiuti statali.
Non basta: come ha spiegato lo stesso Grilli alla Camera, «la Commissione ha imposto di modificare la disciplina… per parametrare al valore di mercato, e non più a quello del patrimonio netto, le azioni da corrispondere».
A quel punto il Governo risponde alle obiezioni di Bruxelles chiedendo a due senatori, Simona Vicari del Pdl e Filippo Bubbico del Pd, di presentare un emendamento di modifica della legge 135.
Il 29 novembre i due senatori bipartisanamente presentano l’emendamento 34.1000 con il quale viene introdotta una nuova soluzione al problema del pagamento degli interessi: nel caso la banca non abbia utili, anzichè con nuove azioni ordinarie, avrebbe potuto pagare con Nuovi Strumenti Finanziari. Insomma, nuovi bond per pagare I vecchi.
Abbiamo chiesto alla senatrice Vicari le ragioni di quelle modifiche. «È stato uno degli emendamenti che il governo ci ha chiesto di presentare all’ultimo minuto," ci ha spiegato. «Le motivazioni non gliele so dire… Non siamo noi che ce ne occupiamo. Il Governo lo ha voluto presentare, e noi lo abbiamo presentato». In pratica, ci ha detto, le è stato semplicemente consegnato il testo da presentare.
Ma la vita dell’emendamento Vicari-Bubbico è di brevissima durata. Il 4 dicembre viene infatti cassato in Commissione Bilancio. È lo stesso presidente della Commissione Antonio Azzollini a proporre «un parere contrario ai sensi dell’articolo 81 della Costituzione». Ovvero per mancanza di copertura finanziaria.
Il Governo non si arrende. Tempo una settimana e torna all’attacco. L’11 dicembre presenta il decreto-legge n. 216, intitolato «Disposizioni urgenti volte a evitare l’applicazione di sanzioni dell’Unione europea». Dal cilindro governativo fuoriesce una duplice soluzione: in caso di mancanza di utili gli interessi si potranno pagare in «Nuovi Strumenti Finanziari di nuova emissione o azioni ordinarie di nuova emissione». Insomma, nuovi bond oppure nuove azioni. A scelta del Monte dei Paschi.
Il 17 dicembre il Governo riceve due segnali dall’Europa. Il primo viene da Francoforte. Ed è un’altra bacchettata. Nel suo parere legale 2012/109, la Bce critica nuovamente il Mef per come si è mosso sul decreto legge n. 216: «Il Ministero ha informalmente comunicato alla Bce il contenuto della modifica proposta prima che questa fosse inviata al Parlamento italiano. Tuttavia, la richiesta di consultazione avrebbe dovuto essere inviata in maniera tale da consentire sia al Ministero che al Parlamento di tenere conto del parere della Bce prima di adottare la decisione nel merito della modifica proposta».
In compenso, da Bruxelles l’ufficio di Almunia annuncia di aver «approvato temporaneamente… la ricapitalizzazione per 3,9 miliardi di euro della terza banca italiana, il Monte dei Paschi di Siena». L’approvazione definitiva, spiega l’ufficio di Almania, sarà «subordinata alla presentazione di un piano di ristrutturazione entro sei mesi dalla decisione odierna».
Il Mef non perde tempo. Alla vigilia di Natale, il Governo inserisce le modifiche alla Legge 135 nella Legge di Stabilità. Introducendo una nuova formula per il pagamento degli interessi sui bond in caso di mancanza di utili: "Nei limiti in cui ciò risulti compatibile con il quadro normativo dell’Unione europea in materia di aiuti di Stato, in relazione agli esercizi finanziari 2012 (per i Tremonti bond) e 2013 (per i Monti bond) gli eventuali interessi eccedenti il risultato dell’esercizio… possono essere corrisposti anche mediante assegnazione al Ministero del corrispondente valore nominale di Nuovi Strumenti Finanziari di nuova emissione». Insomma, in mancanza di utili, fino al 2013 gli interessi potranno essere pagati in bond. Dall’esercizio del 2014 in poi, se il Monte continuerà a non registrare utili, gli interessi dovrà invece pagarli in nuove azioni. Poiché si parla di quasi mezzo miliardo di euro, pochi analisti si aspettano che l’istituto senese riesca a raggiungere utili di quella portata nel giro di due anni. Il che significa che a partire dal luglio 2015 si avvierebbe un processo di nazionalizzazione di fatto della banca senese.
«In realtà è come se fossimo stati già nazionalizzati», dice un alto dirigente del Monte che chiede l’anonimato.
Preso tra l’incudine del buco di patrimonio dell’Mps e il martello delle regole europee, il Governo ha fatto di tutto per evitare di statalizzare la banca. Ma a meno che Profumo e Viola non riescano a trovare un compratore nel prossimo biennio, esperti consultati de Il Sole ritengono che l’emissione dei Monti bond si riveli il primo passo di una nazionalizzazione a scoppio ritardato. Ammesso che la Commissione non si metta di traverso prima.
Claudio Gatti
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