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 2013  marzo 02 Sabato calendario

A MANO ARMATA, MA PER I SOLDI FACILI LA “SECONDA VITA” DEGLI EX TERRORISTI

ROMA — Di sicuro Giorgio Frau l’aveva messo nel conto di finire così, crivellato di colpi sull’asfalto davanti a una banca, pistola in mano. In fondo, quello era il suo mestiere da almeno 25 anni. Rapinatore, come tanti che hanno seguito la sua stessa strada. Dalle rapine per autofinanziamento della lotta armata, alle rapine per consentirsi una seconda vita di soldi abbondanti, oppure — banalmente — perché quello sapevano fare bene, e un altro lavoro non l’avevano trovato o non l’avevano voluto. Gli archivi di polizia e carabinieri sono pieni di storie analoghe, fra lotta armata e malavita. E il primo arresto di Frau risale al 1986, dopo una rapina in banca a Barcellona.
Fino a un po’ di anni fa, ogni volta che un ex-detenuto per terrorismo di sinistra o di destra tornava in galera per atti di criminalità scattava il sospetto che fosse ricominciato l’autofinanziamento delle loro formazioni di provenienza. Poi s’è visto che, per lo più, erano tutte storie frutto della galera, del disadattamento, di una facile inclinazione a vivere del proprio mestiere acquisito. Spesso, in compagnia di ex-nemici politici con i quali una volta ci si sarebbe scannati: ieri per la rapina in cui è morto Frau hanno arrestato Claudio Corradetti, exneofascista, ultrà romanista, che scontava una condanna a vent’anni nel carcere di Sulmona ed era in permesso premio.
La politica non c’entra più, roba del passato. Contano i legami allacciati in galera, con quelli che come te hanno cominciato saltando il bancone da ragazzi, che conoscono le armi, che sanno dove
trovarle. Giorgio Panizzari, ex-Nap (nuclei di azione proletaria) è un altro che si specializzò in rapine. Quando lo presero per un colpo a Tor Lupara, con lui arrestarono Dario Pedretti, un ex-Nar, formazione armata neofascista.
Tutti e due in semilibertà: dormivano a Rebibbia, e di giorno lavoravano alla cooperativa informatica Abaco. Un lavoro, quindi, ce l’avevano, e nelle carceri italiane non è certo facile trovarlo. Ma il gusto di prendersi dei quattrini armi alla mano era più forte. Quel giorno i più sbalorditi furono i colleghi della cooperativa. Casi come questo, poi, sono una pugnalata alle spalle per chi si danna l’anima a creare lavoro per
i detenuti.
La Spagna è stata spesso scelta per queste seconde vite da rapinatori. Frau, appunto, nel 1986. Ma in Spagna morì pure, durante una rapina, l’ex-Prima Linea Lucio D’Auria, e quella volta venne arrestato il suo ex-compagno di lotta armata Francesco Gorla. Che cinque anni più tardi, maggio 1999, venne coinvolto nel sanguinoso assalto a un furgone portavalori a Milano, in via Imbonati, dove morì l’agente di Ps Vincenzo Raiola. E anche in quel gruppo c’era gente ex-Prima Linea. Sempre a Barcellona finì ucciso dalla polizia nel ’93 durante una rapina Ermanno Faggiani, ex-brigatista che aveva partecipato al sequestro e all’omicidio del dirigente del Petrolchimico di Marghera Giuseppe Taliercio. Con Faggiani a Barcellona c’era Daniele Gatto, ex-Prima Linea, che venne arrestato.
I due avevano fatto amicizia in carcere, e tre anni prima (1990) erano finiti dentro per una rapina commessa mentre erano al lavoro esterno. Una rapina particolarmente maldestra a un orefice, organizzata
con le rispettive fidanzate (pure arrestate) rubando un’auto sotto casa e a viso scoperto. Li presero nel giro di poche ore. “Avevamo bisogno di soldi”, si giustificarono, e certamente era vero. Quando uno comincia a viversi
come esperto malavitoso, è più facile pensare a un colpo come via d’uscita. Ma la galera ha prodotto anche storie di droga: osteggiata durante la guerriglia, conosciuta in cella dove abbonda, consumata e poi trafficata una volta fuori. Elfino Mortati, scontati 16 anni per l’omicidio di un notaio quando aveva 18 anni e stava nelle Brigate rosse, si legò a gente della ’ndrangheta e finì a spacciare. Arrestato una volta nel ’98, e poi di nuovo nel 2004. Molti
ex-neofascisti sono finiti nel giro del traffico di droga. Da Alessandro Danieletti (ex-Ordine Nuovo) a Emanuele Macchi di Cellere (ex-Mrp), preso durante un sequestro di 165 chili di cocaina a Genova. Qualcuno, a sinistra, è diventato corriere della coca dal Sudamerica.
In qualche caso la deriva malavitosa degli ex-lottarmatisti ha perfino virato sul comico. Nel ’91 a Carrara vennero arrestati due ex-brigatisti. Liberi da tempo, lavoravano come muratori. E con un amico francese rubarono una fiamma ossidrica, che serviva per sistemare casa di uno di loro. A Milano, nel 2006, presero un ex-Colp (Comitati per la liberazione proletaria) che lavorava come insegnante di matematica in un istituto tecnico di Cesano Boscone. Telefonò al direttore di un supermercato vicino a casa, presentandosi come “signor Rossi”. Dopo una dissertazione sui guasti del capitalismo, chiese l’incasso della giornata sostenendo che alcuni cibi in vendita erano stati contaminati con liquame dal “Comitato popolare contro le nuove povertà”. Poi sparì, ma si fece vivo un mese dopo chiedendo 30mila euro, con la stessa minaccia. Lo arrestarono in poche ore, nella sala professori del suo istituto, facendo in modo che gli altri insegnanti non se ne accorgessero.