Giornali vari, 14 gennaio 2013
ANNO X
Quattrocentocinquantottesima settimana
Dal 7 al 14 gennaio 2013
Berlusconi ha fatto bum da Santoro, il Pdl a questo punto crede che sia possibile rimontare lo svantaggio e vincere le elezioni.
Accordo con la Lega Lunedì 7 gennaio Berlusconi e Maroni hanno fatto notte, e se ne sono poi usciti con un accordo. Il patto prevede: che Pdl e Lega corrano insieme sia alle politiche che alle regionali; che Maroni sia candidato governatore in Lombardia; che Berlusconi non sia però candidato premier alle politiche; che il 75% delle tasse pagate dalla macroregione del Nord (Piemonte-Lombardia-Veneto), resti sul territorio. Formigoni, che fino a quel momento in Lombardia aveva appoggiato la lista autonoma dell’ex sindaco Gabriele Albertini, è stato indotto a tornare sui suoi passi. In cambio di un seggio al Senato, sarà della partita a fianco di Pdl-Lega.
Santoro Pur essendo essenziale il patto col Carroccio – ottenuto oltre tutto tra mille mugugni dei leghisti – la serata clou di Berlusconi è stata tuttavia quella di giovedì 10 gennaio, quando il Cav è andato nella cosiddetta fossa dei leoni, il programma Servizio pubblico di Santoro su La7. Rilassato, ridente, sfottente Berlusconi è sgusciato via come un’anguilla da ogni contestazione. Come mai nel 2009 andava in giro sostenendo che la crisi non c’era, i ristoranti erano pieni, gli italiani felici, eccetera? «Perché in quel momento la crisi non c’era. E quindi ribadisco: i ristoranti erano pieni e gli italiani erano felici». Come mai ha votato l’Imu, che adesso proclama di voler abolire? «Perché Monti è una testa dura e abbiamo tentato in ogni modo di dissuaderlo dal tassare la prima casa. Gli abbiamo anche fatto vedere dove avrebbe potuto trovare i quattro miliardi dell’imposta. Ma niente, non ci sentiva. S’era appena insediato ed era salito al governo grazie alle mie dimissioni. L’Europa ci guardava: come avremmo potuto negargli la fiducia e buttarlo giù?». Quando Travaglio, che ha creduto di cavarsela con la solita letterina, ha finito la sua intemerata, Berlusconi ha mostrato che aveva anche lui una lettera per il «diffamatore di professione», s’è seduto al tavolo da cui parla in genere il giornalista e ha enumerato le dieci cause civili in cui è coinvolto il suo sempiterno accusatore. Si trattava, in nove casi su dieci, di cause civili e quindi neanche lontanamente paragonabili a quelle in cui è coinvolto il Cavaliere. Ma Berlusconi aveva scelto fin dal primo minuto la tattica di sparare contro il nemico qualunque tipo di proiettile e la lista dei procedimenti in cui Travaglio è sotto accusa è benissimo servita allo scopo di aumentare nebbia e confusione. I risultati del programma in termini di share sono stati enormi: otto milioni e 670 mila spettatori, 35,38% di share, record assoluto per La7 il cui primato precedente era un modesto – al confronto – 12,66% di share per 3.086.000 spettatori, ottenuto lo scorso 14 maggio da Fabio Fazio con Saviano. Mentre Travaglio ha dichiarato di voler querelare l’ex premier, i giornali – pur esecrando lo scontro-incontro di due populismi (quello di Santoro e quello dell’ex premier) - hanno concordemente giudicato la performance del Cavaliere eccezionale e forse decisiva per quanto riguarda il voto del 24-25 febbraio. Il Pdl è effettivamente in recupero e la campagna elettorale di Bersani e dei suoi appare a un tratto, alla gran parte dei commentatori, scialba.
Lombardia Calcoli seri, cominciati dal professor D’Alimonte sul “Sole 24 Ore” e continuati poi da Mannheimer sul “Corriere della Sera”, mostrano che Bersani vincerà certamente (anzi: probabilmente) alla Camera, ma avrà problemi notevoli al Senato. Come si sa, alla Camera la coalizione vincente a livello nazionale si vedrà consegnare un premio di maggioranza che la porterà a occupare il 54% dei seggi. Al Senato ci sono invece tanti premi di maggioranza quante sono le Regioni e per Bersani è quindi necessario vincere praticamente dappertutto se vuole il controllo anche di questo ramo del Parlamento. Soprattutto il centro-sinistra non dovrà perdere in Lombardia, la Regione che assegna un sesto di tutti i candidati a Palazzo Madama (49). Ora, un sondaggio Ispo commissionato dal “Corriere della Sera” e spiegato domenica scorsa da Renato Mannheimer, mostra che in questo momento in Lombardia il centro-destra è avanti di quattro punti. Le intenzioni di voto risultano le seguenti. Per il centrodestra: Pdl 19,5; Lega Nord 13,9; La Destra 1,4; Fratelli d’Italia 0,9. Totale: 35,7. Centrosinistra: Pd 29,4; Sel 2,5; Altri 0,4. Totale 32,3. Montiani (tutti uniti in una sola lista con Fli e Udc): 14,7. Grillo: 10,8. Ingroia: 4,1. In queste condizioni le possibilità per Bersani di formare un governo con una maggioranza solida sembrerebbero scarse.
Campania, Sicilia, Veneto Non mancano problemi, per il centro-sinistra, in altre regioni importanti. In Campania sembra piuttosto forte Ingroia, che potrebbe erodere una parte del consenso a Pd-Sel. In Sicilia, Berlusconi è riuscito ad allearsi con Micciché (Grande Sud) e se si guardano i risultati delle ultime regionali, quelle vinte da Crocetta e dal Pd, si vede che Berlusconi, se si fosse presentato con Micciché, sarebbe arrivato primo. Anche in Veneto, infine, i sondaggi dànno una situazione in equilibrio.
Governo Che succederà col pareggio al Senato? Succederà che Bersani, per avere la maggioranza, dovrà imbarcare Monti. I due si stanno infatti attaccando con prudenza e anzi hanno già detto che dopo il voto, e indipendentemente dal risultato, bisognerà dialogare. Ma Casini sostiene che Monti non si accontenterà di sicuro del ministero dell’Economia, mentre Bersani non smette di dire che chi prende più voti deve guidare il governo. Altre complicazioni: Vendola dice di essere alternativo a Monti e sorride un po’ troppo a Ingroia; la somma dei voti di montiani e Pd potrebbe non bastare se il centro-sinistra perdesse tutte e quattro le Regioni di cui sopra. In quest’ultimo caso, si dovrebbe allargare il discorso a Berlusconi e riformare la “strana maggioranza”. Uno scenario che permetterebbe a Monti di riconquistare Palazzo Chigi.
Liste Intanto è stata completata l’operazione di deposito delle liste al Viminale. Sono in gara 215 simboli, alcuni dei quali risultano cloni, astutamente pensati, di Grillo o dello stesso Monti. Il centrodestra si presenta alla Camera con una coalizione di sette partiti, capeggiati da Berlusconi (in quanto presidente del Pdl) e da Maroni e Tremonti per la Lega. Al sud ci sono poi le formazioni di Miccichè (Grande Sud), Lombardo (Mpa-Pds), La Russa-Crosetto-Meloni (Fratelli d’Italia-Centrodestra nazionale), Samorì (Mir), Storace (La Destra), Catone (Intesa popolare), Fatuzzo (Pensionati). Al Senato si aggiungono altre quattro liste: Rinascimento Italia-Lista del merito; Basta tasse; Liberi da Equitalia; Lista del Popolo. Sono sette anche le formazioni di centrosinistra: Bersani (Pd), Vendola (Sel), Tabacci e Donadi (Centro democratico), Nencini (Psi), Portas (Moderati), Theiner (Svp), Lauretta (Megafono Lista Crocetta). I montiani corrono con una sola lista al Senato (in modo da cimentarsi con lo sbarramento meno proibitivo dell’8%), e alleati con Udc e Fli alla Camera. La formazione del premier si chiama “Scelta civica con Monti per l’Italia”. In gara, da solo, c’è anche Mastella con la sua Udeur (presente in tutte le circoscrizioni).