Iacopo Jacoboni, La Stampa 4/3/2013, 4 marzo 2013
Alle 16.56, finita una pausa caffè lunga abbastanza per farsi domande, scambiarsi numeri di telefono e mail, gli eletti del Movimento cinque stelle cominciano a richiamarsi l’un l’altro, «ragazzi, scendiamo sotto, riprendiamo? Dopo aver pagato, eh»
Alle 16.56, finita una pausa caffè lunga abbastanza per farsi domande, scambiarsi numeri di telefono e mail, gli eletti del Movimento cinque stelle cominciano a richiamarsi l’un l’altro, «ragazzi, scendiamo sotto, riprendiamo? Dopo aver pagato, eh». Il caffè se lo sono pagati da soli. Quanto all’albergo, non dormono qui. Nonostante ci siano ottime e economiche offerte, «quasi tutti i non romani si sono organizzati con soluzioni low cost», racconta uno di loro. Compreso l’aereo. In fondo, chi non ha un amico a Roma? Per trovare casa ci sarà tempo. E’ così, la riunione dei parlamentari del Movimento, segreta si fa per dire. Fuori il mondo invoca trasparenza, e coerenza con la sbandierata, totale apertura. Dentro, loro rispondono «ma perché, il Pd non ha mai fatto un incontro a porte chiuse?». E c’è come un senso situazionistico della beffa ai media che andrebbe colto. Alle 16,30 - quando hanno fatto time out e sono saliti su, dal piano interrato dove si tiene la sessione alla hall dove c’è il bar con bancone in legno aperto - fuori dalla porta a vetri dell’hotel Saint John s’è creata una tale ressa di cameramen, fotografi e giornalisti che, da dentro, gli eletti li filmavano a loro volta con gli smart phone e i minitablet, per poi sorridere e darsi un po’ di gomito. L’assediato che assedia a sua volta l’assediante. Ribaltati i ruoli vittima-carnefice, ecco alcune conversazioni, di cui teniamo anonimi gli autori: «Il governo? La fiducia per noi è impossibile, bisognerebbe capire che è fuori luogo anche chiedercela». Come se ne esce lo suggerisce una eletta quarantenne, assai disponibile: «Non c’è niente che impedisca di tenere ancora lì Monti per qualche mese, mentre il Parlamento fa delle leggi. Se sono buone leggi, noi le votiamo. Naturalmente presto si torna a votare». E’ lo stesso ragionamento ascoltato in mattinata da qualcuno assai vicino al team di Grillo e Casaleggio che ha organizzato in concreto lo Tsunami: «Perché non si può immaginare di lasciare Monti in carica, per quattro cinque mesi? Esiste un precedente, non è vero che non si possa fare: il governo Dini durò 127 giorni dopo la fine della maggioranza». «Rigor Montis» non piace per nulla, sia chiaro. Ma a questo punto tanto vale, per molti cinque stelle, tenerlo lì lo stretto necessario. La minaccia di Bersani (tornare a casa) li spaventa poco. Naturalmente i nuovi parlamentari si occupano qui soprattutto di questioni organizzative. Devono scegliere un portavoce, sarà a rotazione. Decidere chi parla all’esterno (per ora, nei momenti caldi, i meno in ansia paiono Vito Crimi e Roberto Fico). Un gruppo seguirà la logistica. Un altro, i motori di ricerca e le chat. C’è l’idea di «trovare un palazzo dove andare a stare, per risparmiare e stare anche vicini fisicamente», considerando che non guadagneranno più di 2500 euro netti (cinquemila lordi), e viverci a Roma non è facile. «È un po’ stressante, questo assedio», ammette Laura Bottici. «È anni che lavoriamo sul territorio, e non c’era questo interesse». Altri ricordano disperate telefonate ai giornali, spesso ignorate. Alcuni sono già un riferimento evidente. Roberto Fico, napoletano, camicia fuori dai pantaloni, e una faccia aperta da ragazzo del sud. Offre caffè al bar. Vito Crimi, che si assume l’incarico di annunciare «Grillo e Casaleggio non verranno, questa non è una riunione di linea» (ma è vero che non verranno?). I ricci neri e timidi di Andrea Cioffi. Molto defilata Marta Grande, la più giovane, maglioncino grigio, appoggiata alla colonna, armeggia col telefonino; che il Pd la lodi così tanto non ha entusiasmato lo staff. Due ragazze, filmaker esterne, girano un documentario per immortalare una riunione che comunque sarà ricordata. Ai muri, riproduzioni di Tamara de Lempicka fatte dallo Studioessedipinti. L’età media è palesemente sotto i quarantacinque. Estetiche assurde e cappellai non ce ne sono. Non ci sono grisaglie, nessuno ha la cravatta, qualcuno ha così caldo da girare a maniche corte e felpa legata in vita. Ma non c’è neanche un abbigliamento prevalente. Le ragazze, ce ne sono di carine. Sembrano molto diversi all’aspetto dai parlamentari cui siamo abituati. Votano per alzata di mano, non col televoto. Al momento di andare via, alcuni hanno organizzato un furgoncino-scolaresca. Sentono di avere una missione, ma te la spiegano come se si fosse a una festa, anche se non eri stato invitato.