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 2013  marzo 04 Lunedì calendario

Beppe Grillo sembra affezionato alla parola «macerie». L’ha usata più volte, per descrivere la situazione italiana attuale e quella che verrà

Beppe Grillo sembra affezionato alla parola «macerie». L’ha usata più volte, per descrivere la situazione italiana attuale e quella che verrà. In una intervista alla Bbc sostiene che «destra e sinistra si metteranno insieme e governeranno un Paese di macerie di cui sono responsabili». Ma durerà poco, prevede: un anno, al massimo. Poi «ci saranno nuove elezioni e una volta ancora il Movimento 5 Stelle cambierà il mondo». In attesa di cambiare il mondo, vien da dire, proviamo a cambiare l’Italia? La demolizione talvolta è necessaria, per poter ricostruire; e Grillo certamente non s’è tirato indietro, quando si trattava di manovrare la benna. L’hanno aiutato, nell’operazione, i partiti tradizionali, incapaci di recepire la richiesta — anzi, la supplica — di cambiamento che saliva dalla Nazione. Abbiamo cominciato vent’anni fa, con il voto alla Lega iconoclasta e il plebiscito nei referendum di Mario Segni; poi l’apertura di credito verso Silvio Berlusconi e la speranza nell’Ulivo nascente. Ogni volta, all’illusione, è seguita la delusione. Perché non finisca così anche stavolta — il tempo passa, la stanchezza cresce, l’Italia scivola indietro in ogni classifica internazionale — il Movimento 5 Stelle deve fare la sua parte. Nessuno può imporgli di governare; nessuno deve suggerirgli se allearsi e con chi allearsi. Ma tutti possiamo ricordargli questo: non ha solo diritti, ormai. Ha anche qualche dovere. Incassare il successo elettorale significa legittimare le regole e le istituzioni attraverso cui quel successo è arrivato. Opposizione, governo, appoggio esterno: il Movimento ora deve cambiare passo. Non è tollerabile giocare con il futuro del Paese, che è il futuro di tutti. Siamo legati all’Europa, abbiamo obblighi precisi. L’incertezza ha un costo, e lo stiamo già pagando. Se la strategia di Grillo è aumentare quest’incertezza, far crescere quei costi, provocare altre macerie economiche e politiche, lo dica. Chi ci rimarrà sotto, almeno, saprà chi ringraziare. Sono materie, queste, su cui il leader — non eletto, ricordiamolo — ha il dovere di consultare i suoi 163 parlamentari (109 deputati, 54 senatori). Non sono automi; non li può «cacciare a calci», come ieri ha minacciato di fare «se cambiano casacca» (alla faccia dell’articolo 67 della Costituzione, secondo cui «ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato»). Hanno in media 39 anni (32 alla Camera, 46 al Senato); le donne sono il 36 per cento; i laureati l’88 per cento. Molti appartengono alla generazione Erasmus, che conosce e rispetta l’Europa. È difficile credere che vogliano le macerie, come biglietto da visita internazionale. Per finire, una preghiera. Il Movimento 5 Stelle è ormai un protagonista della vita italiana. Deve mostrarsi e spiegarsi in Italia. Le riunioni segrete e le mascherate — letterali — del capo possono far sorridere, all’inizio; ma poi diventano patetiche. L’insulto come metodo di discussione non è liberatorio: è imbarazzante e volgare. L’abitudine a parlare solo con i media stranieri non è sofisticata, ma provinciale. Sapere quali sono le intenzioni di un sesto del Parlamento italiano leggendo le anticipazioni di un’intervista di Beppe Grillo alla rivista tedesca Focus è umiliante: per lui, per noi, per tutti. @beppesevergnini