Andrea Cortellessa, La Stampa 2/3/2013, 2 marzo 2013
SOTTO IL VULCANO E’ BELLO INVECCHIARE"
È un caso eloquente che escano in contemporanea - per festeggiare i suoi settant’anni, il 20 febbraio - due libri che rappresentano gli estremi del percorso di Franco Cordelli. Partenze eroiche , riproposto da Gaffi, è un libro di saggi del 1980 (dunque sette anni dopo il primo romanzo, Procida ) ma raccoglie pagine degli Anni Sessanta e Settanta. Declino del teatro di regia , l’ebook che ho realizzato con doppiozero, raccoglie invece una selezione dell’ultimo quindicennio di critica teatrale. Due libri a specchio rovesciato, sin dai titoli: se Declino del teatro di regia s’iscrive in un orizzonte di tardività e ripiegamento, Partenze eroiche faceva entrare sulla scena un giovane agguerrito (in copertina, alla prima edizione Lerici, una foto di Lawrence d’Arabia a cavallo d’una moto rombante). Col senno di poi, però, Partenze eroiche appare percorso da controspinte e ripiegamenti segreti (la moto di T.E. Lawrence è quella con cui si avvia all’incidente che gli sarà fatale; e una vena autodistruttiva percorre il libro, con l’idea di una morte dell’arte moderna simboleggiata dai suicidi del poeta Celan, del narratore Mishima e del drammaturgo Adamov). Al suo interno, poi, un geniale saggio su Landolfi ha per titolo un motto preso da Joyce: Esilio astuzia silenzio. E proprio l’esilio torna all’altro capo della parabola di Cordelli, se è vero che il suo ultimo romanzo, La marea umana del 2010, è il tentativo del protagonista di farsi una ragione della sparizione del suo più caro amico.
Nella sua raccolta postuma di saggi Sullo stile tardo , Edward Said paragonava a «una sorta di esilio autoimposto», «lo stile tardo» che «è dentro il presente, ma ne è stranamente separato». Per molti versi la maniera tarda di Cordelli è davvero, in termini in primo luogo stilistici, una forma di inarresa inconciliabilità col proprio tempo. Come dice Said, non sempre un artista incontra infine la maturità e la serenità. In alcuni casi, come nel Beethoven studiato da Adorno, al contrario lo stile tardo «implica una tensione non armonica e non serena, e soprattutto una produttività deliberatamente improduttiva, che va contro…». La fisionomia che disegnano insieme questi due libri è davvero quella di un autore in esilio. Nel proprio paese, nel proprio tempo. La tesi di «Declino del teatro di regia» è che siamo al tra monto del teatro moderno. 72 registi italiani e stranieri, luci tarde ancorché lampeg gianti. È il caso di Massimo Castri, un uomo frequentato pochissimo ma che col tem po è finito per apparire un maestro. «… sì, una guida spirituale, intellettuale e operativa. L’uscita del libro coincide con il mio compleanno, a un’età che è la stessa di Castri. Non è un caso che l’autore della sua vita fosse Euripide, il più antico dei drammaturghi moderni - o tardivi. Castri ci ha messo di fronte alle rovine del senso : dimostrando l’illegittimità della ricerca di un senso univoco, originario. Il senso si crea nell’interpretazione, ma essa stessa viene messa in dubbio da un testo così lontano, così remoto, così indecifrabile». L’esilio di «Partenze eroiche» era nei confronti del primato della politica. Un aneddoto ve de i giovani provocatori Cor delli e Dario Bellezza che sulla lavagna, alla «Sapienza», scrivono viva Proust! «All’epoca detestai la famigerata poesia di Pasolini su Valle Giulia, considerata oggi più o meno il Vangelo. Certo non lanciai molotov e di sicuro prevaleva, in me, l’osservazione sull’azione. Ma quello spettacolo mi piaceva, eccome! Vi partecipavo sulla scena, come si faceva a teatro in quegli anni. Stavo lì, da quella parte. E non ho mai contrapposto l’arte alla politica. Stavo con un piede in una scarpa e uno nell’altra, un esilio dentro un altro esilio. Mi appassionava la letteratura e mi appassionava la politica: perché era, allora, la parte dominante della vita. La tensione, l’esilio rappresentato dalla letteratura era in realtà nei confronti della vita. Mi dedicai a James, tradussi anche - col mio povero inglese - Principessa Casamassima …». Insieme a Lawrence, James è l’altro vero eroe di «Partenze eroiche». «Il più letterato dei letterati, il più avulso dalla scena del mondo. Due volte esiliato: dall’America in Europa, dall’Europa in America… il più sofisticato e il più concreto, il più astratto e il più realistico. Ma insieme Lawrence: perché insieme, sempre, stanno la letteratura e la vita». Il libro esce l’anno dopo Castel porziano, il Festival dei Poeti al qualenell’83saràdedicatouno dei suoi libri più belli, «Proprietà perduta». Il saggio su Lawrence coincide con la scoperta della dimensione performativa della letteratura. «Oggi però sento lontani tanto James che Lawrence. Mentre amo sempre di più Malcolm Lowry. Quello di Sotto il vulcano è il clima spirituale, culturale, stilistico che sento più vicino a me. È il libro che raduna in sé tutte le virtù e nessun difetto del modernismo. E vi si s’incontra una vita vissuta al massimo dell’intensità. Invecchiare è un privilegio. Sento tanti vegliardi che si lamentano… oddio settant’anni, oddio ottant’anni… Quando è una fortuna. Se la vita fisica si fa più gravosa aumenta il livello conoscitivo, che è il massimo privilegio dello stare al mondo. Nel 2009 ho avuto un’embolia che per la prima volta mi ha messo davanti alla prospettiva della morte. Dopo, ogni minima proroga - come ripeteva alla fine Luigi Baldacci - si assapora in modo selvaggio. E se penso alla Marea umana , o al romanzo che sto scrivendo adesso, mi accorgo che una mia forma mentis materialista si è andata radicalizzando. Non dimentico la mia educazione marxista. Anche di fronte alla malattia e alla morte continuo a pensarla in un certo modo. E anche per questo un libro sempre più centrale è divenuto per me quello di Lucrezio. Nel ’97 iniziai il mio lavoro alla Radio leggendo integralmente il De rerum natura ». Il corpoanima come centro dell’universo... «Corpo-psiche, forse è meglio. La prospettiva della morte individuale la constato con un certo distacco, ma se c’è una cosa con cui è impossibile riconciliarsi è la morte in quanto tale. O, diciamo meglio, la fine. La finitudine dell’esperienza umana. Guardo la mia libreria, scorgo Il mulino sulla Floss… un libro meraviglioso, l’ho letto due volte. Ma so che non avrò il tempo di leggerlo una terza volta. Non basta una vita per fare certe esperienze. Se avessi un’altra vita andrei a New York, andrei in India, andrei in Brasile... o in Africa. Ecco, mi piacerebbe andare in Africa!».